Bologna è da sempre una cartina tornasole per decifrare dove va o potrebbe andare la sinistra italiana. Perlomeno quella che amministra e deve fare i conti quotidiani con la realtà. A maggior ragione oggi, visto che i contendenti principali alla guida del Pd nazionale sono, al momento, due figure emiliane: Stefano Bonaccini ed Elly Schlein. E uno dei terreni sensibili per cogliere mutamenti culturali, ideologici, o arretramenti, è – da decenni – quello delle scuole paritarie, componenti essenziali del sistema scolastico pubblico.



Non più tardi di nove anni fa, nel 2013, Bologna fu teatro di un dibattuto referendum consultivo locale, che ebbe ampia eco nazionale, promosso da un comitato a difesa della scuola statale. Vinsero col 59% i no al finanziamento alle paritarie, ma votò meno di un bolognese su tre. L’allora sindaco Virginio Merola, formalmente non vincolato da un referendum consultivo, non cedette al fronte statalista e continuò a sostenere il sistema integrato pubblico-privato.



Pochi giorni fa il consiglio comunale bolognese ha rivissuto in piccolo lo stesso film. È stata infatti approvata una delibera che aumenta i fondi alle scuole dell’infanzia paritarie (da 900mila euro a 1,2 milioni, per circa 1500 alunni) e introduce alcune innovazioni a favore delle famiglie con redditi bassi e per l’integrazione di bambini con disabilità. L’antica querelle si è riaccesa e una parte della maggioranza di sinistra ha votato contro. Tre no, quelli di Coalizione Civica, della quale fa parte la vicesindaca Emily Clancy, un ruolo non secondario il suo.

Pochi o tanti tre no contro 34 sì? L’antico muro anti-paritarie sta sgretolandosi? La rettrice delle rete di scuole paritarie Malpighi, Elena Ugolini, applaude la larghissima convergenza registrata dalla delibera. Per la verità il solito comitato bolognese minaccia ricorsi, ma il sindaco Matteo Lepore, come fece il predecessore, ha tenuto la posizione a favore dell’avanzamento del sistema integrato pubblico-privato. Chi amministra sa bene che le scuole paritarie fanno risparmiare, e molto, al sistema pubblico. Il dettaglio è interessante perché Lepore è accreditato dalla stampa, in queste settimane, di spingere a sinistra il Pd, con Elly Schlein, nella contesa per la segreteria nazionale.



Le opposizioni hanno votato, con solide e costruttive ragioni, a favore del ruolo pubblico svolto dalle scuole paritarie; ragioni messe in campo ad esempio dal consigliere di Forza Italia Nicola Stanzani, analoghe ai motivi portati da esponenti del Pd come Maurizio Gaigher, dallo stesso assessore alla Scuola Daniela Ara, o da Samuela Quercioli, della lista civica “Bologna ci piace”.

Queste convergenze fanno bene alla politica e al mondo della scuola. Tutto ciò non significa la fine di antichi steccati e pace definitiva per il mondo delle scuole paritarie. I costi restano alti per i gestori e per le famiglie. I contributi pubblici non coprono le spese; una vera parità per le famiglie, che pagano sia le rette che le tasse, resta lontana. I dati parlano chiaro. Ed è pendente anche il tema dell’Imu, una tassa “pesante”, che alcuni Comuni sembrano intenzionati ad esigere dalle scuole paritarie. I comportamenti sono difformi, al riguardo, così come le interpretazioni giuridiche. La rettrice Ugolini è convinta che i Comuni non siano obbligati a imporla. In ogni caso è tematica che, a Roma, il Parlamento potrebbe e dovrebbe dirimere in via definitiva.

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