Il 28 dicembre la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la legge di Bilancio 2024 che, secondo le attese degli operatori più pragmatici del settore delle scuole paritarie, non ha portato alcun miglioramento aggiuntivo per il prossimo anno rispetto a quelli comunicati a suo tempo dal ministro Valditara: conferma dello stanziamento dell’annualità di 70 milioni a favore delle famiglie con figli a disagio e certificati ex legge 104 previsto da un precedente piano triennale, ed incremento di 50 milioni per il settore della scuola dell’infanzia.



Una linea attesa, forse con rassegnazione, ma che rischia di mettere in ulteriore difficoltà il settore delle scuole paritarie. Se è pur vero che si è ottenuto che bandi europei per PON e PNRR possano essere aperti anche alle scuole paritarie, grazie all’azione di Valditara cui è andato il ringraziamento delle associazioni, vanno evidenziate due cose:



1. le scuole dovranno sobbarcarsi nuovi costi, come ad esempio la formazione dei docenti per le discipline STEM

2. al momento, lo stanziamento non è aperto a tutte le scuole, ma solo a quelle considerate “non commerciali”, una palese discriminazione rispetto a quanto prevede la legge 62/2000 che non fa alcuna distinzione rispetto alla natura giuridica dell’ente gestore, per ciò che attiene il riconoscimento e l’erogazione di contributi.

Di fatto non c’è nessun sostegno aggiuntivo, a fronte degli inevitabili aumenti di costi che le scuole dovranno sostenere anche a causa dell’inflazione (affitti, retribuzioni e costi energetici). Costi che evidentemente, per etica ed equilibrio gestionale, non potranno essere trasferiti tout court sulle famiglie tramite un aumento delle rette.



Questo metterà in gravi difficoltà soprattutto le piccole scuole, esponendole al rischio di chiudere, come già è avvenuto per qualche centinaio di esse, 485 in tre anni: secondo i dati dell’Ufficio Statistica del MIM, le istituzioni scolastiche paritarie erano 12.202 nell’anno scolastico 2020-21, si sono ridotte a 11.717 nell’anno scolastico 2022-23.

Da qui nasce l’inevitabile necessità di una presa di coscienza del mondo politico ai fini di dare vita alle necessarie azioni politiche che non solo blocchino questa emorragia, ma rilancino e valorizzino la presenza delle scuole paritarie nel nostro sistema scolastico.

La prima azione politica indispensabile dovrebbe essere un atto che confermi la piena condivisione dei principi espressi dalla legge 62/2000 e riaffermi la convinzione del valore che hanno le scuole paritarie nel nostro Paese, sia da un punto di vista democratico, sia da un punto di vista formativo, per il servizio pubblico che offrono. Molte paritarie sono un esempio di innovazione didattica che fa da spinta verso la modernizzazione del sistema in numerosi territori; da decenni, ed ancora oggi, suppliscono alla carenza formativa dello Stato (vedi settore 0-6 anni) garantendo alle famiglie il diritto all’istruzione sancito dalla Costituzione; offrono una risposta all’altezza alla necessità di inclusione in continuo aumento; per loro vocazione, sono un esempio di accoglienza e attenzione allo studente, curandone la crescita personale e personalizzando l’insegnamento sulla base di un positivo rapporto educativo con i docenti.

Il pluralismo educativo è una ricchezza della nostra democrazia che dovrebbe permettere ai genitori una libera scelta della scuola cui affidare la crescita culturale e personale dei propri figli. La svolta potrà esserci solo se il mondo politico porterà a piena attuazione la legge di parità 62/2000 dopo 22 anni dalla sua approvazione.

Ci si aspetta da questo Governo – che ha mostrato attenzione al settore, in modo particolare con il ministro Valditara – un progetto di legislatura che porti al raggiungimento della pari dignità delle scuole paritarie, dei loro studenti e dei loro docenti anche con un adeguato piano di stanziamento di risorse, entro la fine della legislatura stessa.

I temi da affrontare si basano su principi noti e semplici.

Se la Costituzione afferma che i cittadini hanno l’obbligo di istruzione per 8 anni (portati oggi a 10), e che la stessa deve essere per loro gratuita, lo deve essere per tutti indipendentemente dalla scuola frequentata in quanto tutti fanno parte, formalmente, dell’unico sistema di istruzione e formazione.

Se lo studente portatore di disagio ha diritto ad un sostegno per poter fruire del diritto allo studio, costituzionalmente previsto, deve aver diritto allo stesso trattamento indipendentemente dalla scuola statale o paritaria frequentata, come prevede l’art. 33 della Costituzione: “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali”.

Se la legge 62/2000 non fa distinzione tra le scuole paritarie in relazione alla natura giuridica dell’ente gestore, ma pone tutte sullo stesso piano, occorre ridefinirne l’identità giuridica in modo da superare la distinzione commerciale/non commerciale, tenendo conto anche delle norme europee per poter accedere ai bandi comunitari.

Se i genitori hanno diritto alla libera scelta educativa, prevista anche dalle norme internazionali, occorre avviare una forma di aiuto finanziario che elimini le discriminazioni economiche, a partire dalle famiglie meno abbienti.

È tempo che l’Italia si liberi dai pregiudizi ideologici e consideri nel giusto modo la scuola paritaria sottraendola al ruolo di “Cenerentola” cui è stata relegata per troppi anni, non perché diventi un “principessa” e goda di particolari privilegi, ma solo perché possa avere effettiva pari dignità nell’unico sistema nazionale di istruzione e formazione.

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