In un mio articolo pubblicato nel maggio scorso avevo segnalato quanto fosse grave, per le scuole paritarie, il rischio di subire ancora una volta un “rastrellamento” di docenti preparati da parte dello Stato a causa della nuova immissione in ruolo di decine di migliaia di docenti, cui si aggiunge l’effetto delle richieste di prepensionamento a seguito della cosiddetta “quota 100”.



Avevo poca speranza che il mio grido d’allarme potesse produrre da parte del ministero concrete azioni utili a ridurre le difficoltà che, inevitabilmente, cadranno sulle scuole paritarie all’inizio del prossimo anno scolastico.

Come ho sempre sostenuto, ritengo che sia nel pieno diritto di ogni docente, come di ogni lavoratore, scegliere dove lavorare e con quale datore di lavoro stipulare un contratto, ma voglio segnalare, una volta di più, che nulla si fa per creare le condizioni e scegliere i giusti tempi che permettano anche alle scuole paritarie di trovare per tempo il nuovo equilibrio del proprio organico.



Le buone intenzioni espresse dal ministro Bussetti ad inizio anno di volere chiudere le operazioni di reclutamento entro il 31 luglio, ad esempio, saranno disattese, dato che solo in questi giorni gli uffici preposti hanno avviato le procedure necessarie. Le assunzioni, di fatto, saranno formalizzate nel mese di agosto, creando alle scuole paritarie maggiori complicazioni per la ricerca dei nuovi docenti in un periodo in cui tantissimi saranno in vacanza.

Questa situazione potrà ulteriormente complicarsi se, a differenza di quanto concesso per le grandi assunzioni nel periodo “renziano”, non si offrirà ai docenti la possibilità di accettare l’incarico slittando di un anno l’effettiva immissione, come chiesto da molti, per poter concludere la loro attività professionale nella scuola che lasceranno – come ad esempio portare all’esame di Stato classi che hanno seguito -, a tutto vantaggio degli studenti. Lo scorso anno questa possibilità non è stata concessa a nessuno.



L’attuale reclutamento, inoltre, cade in un momento storico ancora peggiore rispetto all’anno scorso, poiché nulla si è fatto per immettere sul mercato del lavoro docenti abilitati, tanto che le stesse scuole statali a volte debbono ricorrere, per alcune discipline, al completamento degli organici con personale non abilitato.

Questo è il difficile mercato del lavoro nel quale le scuole paritarie dovranno cercare i docenti necessari per completare i loro organici e rispettare la qualità dell’offerta formativa proposta alle famiglie che hanno iscritto i figli alle loro scuole.

L’annuncio di una riapertura dei percorsi abilitanti speciali (Pas), pur giusta, non risolve certo le necessità immediate di personale abilitato di cui avrà bisogno il settore paritario poiché, se tutto andrà bene, i docenti che hanno le caratteristiche richieste (36 mesi di insegnamento) per partecipare al bando potranno abilitarsi solo entro la prossima estate, quando il ministero avrà necessità di avviare altre assunzioni.

Come dicevo nel mio citato articolo, una buona notizia è arrivata dalla magistratura, visto che il Tribunale di Roma con sentenza del 22 marzo 2019 seguita da un’analoga sentenza del Tribunale di Cassino ha stabilito, recependo la direttiva europea 2005/36/CE, che l’abilitazione all’insegnamento può essere considerata valida con la laurea magistrale ed i 24 Cfu. 

Secondo il Tribunale “l’abilitazione all’insegnamento è una mera procedura di reclutamento non prevista dalla normativa dell’Unione Europa ed il titolo di laurea unitamente ai 24 Cfu rappresentano il nuovo titolo di ‘abilitazione’”.

Le sentenze hanno permesso ai ricorrenti di inserirsi a pieno titolo nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto del personale docente e di poter partecipare, come gli abilitati, al prossimo concorso per l’immissione in ruolo.

L’”assist” della magistratura è un’occasione utile a risolvere la situazione, poiché la sua rapida attuazione avrebbe due immediati effetti positivi, non solo per le scuole, ma anche per i docenti:

– la possibilità di regolarizzare la posizione di docenti attualmente in servizio con un’assunzione a tempo indeterminato;

– un aumento dei “docenti abilitati” sul mercato del lavoro che faciliterebbe le scuole, in caso di necessità, nella sostituzione dei docenti attualmente in servizio, se assunti dallo Stato.

Un atto a costo zero che regolerebbe formalmente la posizione dei docenti, eviterebbe nuove necessità di iniziative di abilitazione (con relativi costi) e darebbe una normale modalità continua di abilitazione ai laureati che vogliono avviarsi alla professione docente, mantenendo il vincolo costituzionale di possibilità di immissione in ruolo solo tramite appositi concorsi cui far partecipare solo i docenti abilitati.

La strada è così semplice che non si capisce perché il Miur non la recepisca e non la regolamenti. L’attuazione comporta, presumibilmente, complessità di valutazioni e di norme regolamentari, ma ritengo sia un’occasione da non perdere. Se si vuole, sicuramente si può.

Questa mia sollecitazione cadrà probabilmente nel vuoto, anche se dopo questa sentenza molti docenti tenteranno di percorrere questa strada con iniziative personali, ma vuole avere l’intento di informare su quanto stia di nuovo accadendo in un assordante silenzio, come ricordavo nel mio precedente articolo, e quali difficoltà dovranno affrontare le scuole paritarie per l’avvio del nuovo anno scolastico.

È pur vero che le difficoltà temprano e le scuole paritarie ne sono una costante dimostrazione poiché, nonostante tutto, continuano ad esistere e ad offrire un servizio pubblico di qualità, come dimostra la fiducia che centinaia di migliaia di famiglie mostrano in concreto iscrivendovi i loro figli.

A quando una linea politica che vedrà il settore paritario come una risorsa, quale è, e, sotterrando la pregiudiziale ideologica, ne valorizzerà il servizio pubblico offerto legiferando con norme di sistema e non con norme che non tengano conto della loro esistenza?

Sperate gente, sperate, non perdetevi d’animo e continuate a lottare.