Nella maggioranza degli Stati europei non c’è differenza tra scuola statale e scuola paritaria. Ci sono le istituzioni scolastiche di varia natura e ognuna ha il compito di educare e formare i giovani. Lo Stato ovviamente con regole certe, adeguate ai profili costituzionali di ogni nazione, rende le scuole non governative parte integrante del sistema d’istruzione, controlla che i livelli siano adeguati e in modo periodico corregge gli errori. Il sistema mette al centro la libertà di scelta delle famiglie, per cui lo Stato è a servizio dei cittadini, e non fa come in Grecia e in Italia dove impone il suo modello d’istruzione che come è noto è dispendioso, burocratico e molto spesso inefficiente.
Oltre 50 miliardi l’anno, con una spesa pro-capite di circa 10mila euro e un investimento di circa il 3% rispetto al Pil, sono le cifre del sistema italiano che avrebbe bisogno di altre decine di miliardi di investimenti per raggiungere livelli più accettabili. Investimenti per rimodernare le strutture e metterle in sicurezza, formare docenti preparati e non assunti nel mucchio del precariato, senza alcun criterio di selezione, aumentare i livelli standard in lingue straniere, matematica, materie tecniche e lingua italiana. Come è noto gli investimenti vanno in tutt’altra direzione, ma pochi sanno che la scuola paritaria in Italia costa molto meno di quella statale, per cui se si valorizzasse realmente un sistema integrato ci sarebbero risorse per tutti.
Quello che colpisce in questa campagna elettorale europea 2019 è la totale assenza di temi legati all’istruzione ed educazione, visto che la polarizzazione degli argomenti di questa scalcagnata kermesse elettorale verte sull’immigrazione, sul sovranismo e sull’antifascismo. Parlare di altro per non risolvere i problemi del presente è un antico vizio della politica nostrana. Un’eccezione a questo silenzio assordante è rappresentato dall’appello che suor Monia Alfieri, rappresentante legale dell’Istituto Marcelline, giurista ed esperta di politiche scolastiche, ha rivolto ai candidati di tutti i partiti. La religiosa ha chiesto a futuri parlamentari del Parlamento europeo che si facciano garanti della libertà di scelta educativa e del costo standard per le scuole paritarie.
L’appello, nel far riferimento al sistema italiano, propone ai candidati europei di riflettere sulla discriminazione dei cittadini al loro diritto di apprendere e in particolare quelli con maggiori difficoltà economiche. Punta poi l’attenzione sul monopolio statale dell’istruzione che con l’andar del tempo rende più povero il sistema, più adeguato ad una scuola di regime che a quella di uno stato di diritto. La chiusura di 380 scuole paritarie all’anno mette in evidenza come ci sia una reale disparità tra i due sistemi scolastici e fa notare come siano destinate a sopravvivere solo le scuole con rette oltre i 5mila euro l’anno, spesa improponibile per la quasi totalità degli italiani.
Altra grave discriminazione riguarda la disabilità: lo Stato garantisce l’assistenza alle proprie scuole grazie ai docenti di sostegno, mentre alle paritarie non viene corrisposto alcun contributo (quando ci sono raggiungono le poche di centinaia di euro all’anno) per cui i costi sono caricati solo sulle scuole e quindi sulle famiglie. Un capolavoro d’ingiustizia che costringe le scuole paritarie a chiudere per eccesso di costi o a non accettare i disabili, visto che ogni docente costa circa 30-35mila euro all’anno.
Infine Monia Alfieri fa notare la grande diseguaglianza sul personale docente delle paritaria con quello statale. A differenza da quello che succede in Europa, il Miur usa differenze di trattamento tra i docenti delle paritarie e quelli che insegnano nella statale, escludendo i primi dalla partecipazione al concorso per gli abilitati e con servizio triennale compreso negli ultimi otto anni. L’appello si conclude con una proposta innovativa del costo standard. La concessione alle famiglie di circa 5.500 euro a studente concesso alle famiglie le quali poi sono libere di spenderlo in una scuola paritaria o in una statale.
Argomenti che fanno discutere e che mettono a tema il futuro dell’Italia. Tuttavia ai politici italiani la scuola, la cultura e la formazione del popolo sembrano non interessare. L’istruzione è solo un costo e la cultura, come ebbe a dire un illuminato ministro dell’era berlusconiana, “non si mangia”. È anche sconfortante constatare che i candidati che nei loro discorsi elettorali mettono a tema l’istruzione e le scuole paritarie si contano sulle dita di una mano. Un povertà di contenuti che si riscontra in molti futuri deputati del centrodestra, mentre a sinistra l’argomento paritarie è stato completamente censurato. Con Zingaretti il Pd pare tornato su posizioni stataliste, per cui si chiedono maggiori investimenti solo sulla scuola pubblica, che nei riferimenti culturali della nuova sinistra unita è solo quella statale. I Cinque stelle su questi temi risultano non pervenuti mentre la Lega, che attualmente ha la titolarità del ministero dell’Istruzione, pensa sicuramente ad altro.