Chi ha seguito i miei interventi su questa testata sa che da anni ho messo in evidenza, con numerosi articoli, la discriminazione vissuta da moltissimi docenti di scuole paritarie che per più di otto anni non hanno avuto la possibilità di abilitarsi all’insegnamento con la conseguenza di incrementare costantemente il già cospicuo gruppo di precari esistente. In uno dei miei articoli ponevo ai politici una serie di domande provocatorie: abbiamo veramente a cuore il futuro dei nostri giovani? Un giovane ha diritto ad avere un contratto di lavoro stabile su cui costruire il proprio avvenire? Sapete che senza un contratto a tempo indeterminato le banche non rilasciano né mutui per la casa né prestiti? I giovani hanno diritto di pensare di poter costituire una famiglia ed avere dei figli? In polemica con il mondo sindacale per la mancanza di un loro sostanziale appoggio, chiedevo se può essere definita soluzione il prolungamento a sei anni della possibilità di rinnovo di un contratto a tempo determinato.



Questa premessa può far capire la mia personale soddisfazione quando ho appreso la decisione da parte del ministero di presentare un emendamento al decreto PA2, che andrà in discussione in Parlamento, al fine di permettere ai “precari” della scuola paritaria, uno stuolo di circa 15mila docenti, di conseguire un’abilitazione con un percorso agevolato di 30 CFU, anziché i 60 previsti dalla legge 79/22 per la nuova modalità di reclutamento che andrà in vigore dal prossimo anno. Un’agevolazione concessa ai docenti che abbiano prestato servizio“per almeno tre anni, anche non continuativi, di cui almeno uno nella specifica classe di concorso per la quale scelgono di conseguire l’abilitazione, nei cinque anni precedenti”, come analogamente concesso ai docenti precari della scuola statale per partecipare al bando che permetterà loro di accedere al ruolo.



Notizia che è stata sicuramente accolta con favore dai docenti che pur iscritti a un bando ad hoc autorizzato dal ministro Azzolina (DL n. 126/19) non ne hanno potuto usufruire perché mai attuato e abrogato nel 2021, prima dell’avvio. È da più di un mese che l’attenzione di chi opera nella scuola è focalizzata su questo tema, da quando il ministro Valditara ha annunciato, durante il seminario tenuto a Milano il 5 giugno dal titolo “A cosa serve la scuola?”, che avrebbe aperto anche ai docenti delle paritarie il bando agevolato previsto per la stabilizzazione dei “triennalisti” statali, ossia, come detto, i docenti che vantano almeno tre annualità di servizio.



Il percorso politico è stato travagliato anche a seguito di una prima proposta che puntava ad inserire tout court i docenti precari paritari nello stesso bando previsto nel decreto PA2, con le stesse procedure. Inevitabili le reazioni sia delle associazioni del settore paritario, concretizzate in un comunicato critico a partire dal fatto che la soluzione non teneva conto della netta separazione fra titolo abilitante alla professione docente e reclutamento nei ruoli della scuola statale previsto dalla legge 79/2022, legge che regolamenta la riforma del reclutamento docenti, approvata in via definitiva dal Parlamento il 28 giugno 2022; sia da parte dei docenti statali, che si sentivano depauperati di parte dei posti destinati alla stabilizzazione a loro spettanti.

Una situazione complessa che, in altre stagioni, avrebbe portato a “scartare l’idea” per evitare contrasti, ma la determinazione del ministro a voler trovare una soluzione, come spesso pubblicamente affermato, ha portato alla ricerca di una soluzione più equilibrata e rispettosa di ognuna delle parti in causa. Dalle riflessioni è nata una seconda proposta sulla base di una corretta stabilizzazione del percorso di lavoro svolto da ognuna delle parti nel periodo di precariato o nella scuola statale o nella scuola paritaria, quindi verso la stabilizzazione in ruolo o verso l’abilitazione, una proposta rispettosa dei principi dati dalla legge 79/2022 e che non mette in conflitto di interessi le due parti di precari in causa.

La proposta è stata apprezzata dalle associazioni del settore paritario sia per il rispetto della separazione tra abilitazione e assunzione in ruolo che per l’inserimento di una agevolazione alle scuole che “ai soli fini del riconoscimento o del mantenimento della parità, possono considerare come valido requisito, in luogo del titolo abilitante previsto dalla Legge 62/2000, il servizio svolto presso scuole paritarie, di almeno tre anni, anche non continuativi, nei dieci anni precedenti”.

Traguardo raggiunto? L’esperienza insegna che è sempre bene essere prudenti e non dare niente per scontato, tenendo tutto sotto controllo, curando ogni particolare. È un ottimo primo passo, ma il lavoro continua; l’emendamento dovrà passare il filtro del Governo per il suo recepimento e le successive approvazioni delle commissioni parlamentari e dell’Aula. Aspettiamoci qualche modifica, qualche intralcio, qualche contrasto e qualche opposizione anche di carattere ideologico, ma la determinazione del ministro a voler portare in porto questo risultato è sicuramente una buona garanzia.

Il futuro dei nostri giovani e quindi dei nostri figli è un problema che abbiamo nel cuore, e consideriamo un loro diritto poter avere un lavoro stabile, per questo auspichiamo una positiva risposta a queste attese per poter mettere la parola fine a questa situazione che possiamo, senza mezzi termini, considerare un’emergenza sociale.

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