Caro  direttore,
è sorprendente come il mondo della scuola abbia reagito all’emergenza innescata dal coronavirus. In fondo tanti docenti e tante scuole si sono trasformati in piccoli imprenditori, creando quasi dal nulla, con colleghi, alunni e famiglie, un nuovo sistema di scuola, nella libertà di insegnamento quasi “imposta” dall’emergenza.



In questo panorama sono presenti anche le scuole paritarie, che – è sufficiente dare un’occhiata ai siti delle loro associazioni – si sono impegnate in modo creativo, professionale e inclusivo nel dare continuità all’esperienza scolastica. Si può ben dire che le paritarie stiano offrendo un contributo insostituibile, in termini di quantità e qualità, non solo a centinaia di migliaia di alunni e alle loro famiglie, ma alla scuola italiana tutta. “Le paritarie ci sono” ha affermato il presidente della CdO Opere educative, Marco Masi, in una recente audizione in Commissione cultura del Senato, e sono in prima fila nella “lotta” in questa emergenza.



Proprio in questo contesto viene evidenziato da più parti l’impatto devastante sulla scuola italiana che avrebbero le difficoltà per una consistente parte di scuole paritarie dovute alla crisi economica che colpisce le famiglie. Impatto in termini di costi aggiuntivi per lo Stato (alcuni miliardi di euro), di inadeguatezza di strutture, di mancata accessibilità al servizio di centinaia di migliaia di famiglie, di perdita di posti di lavoro. Viene, inoltre, ben messa in risalto la grave perdita della libertà di scelta delle famiglie della proposta educativa scolastica.

Esiste un altro fattore inerente all’esistenza delle paritarie che deve essere considerato per capire dove risieda la loro forza e vitalità e quale sia il valore per il bene di tutti.



Perché persone, famiglie, gruppi di docenti, realtà comunitarie creano scuole? Che cosa li spinge a una intrapresa per nulla semplice e che certamente nel caso della grande maggioranza non persegue fini di lucro? Passando dal generale allo specifico, cosa ha mosso il piccolo gruppo di genitori e docenti che all’inizio degli anni Ottanta a Padova ha dato avvio con 6 alunni alla scuola dove oggi lavoro con oltre 700 iscritti?

Quel gruppo di persone a Padova e tanti altri simili sparsi per l’Italia hanno risposto al bisogno e al desiderio di educare i figli e i giovani. Che questa domanda e questo desiderio si trasformino in “opera” (una scuola) è una fondamentale caratteristica della dinamica umana e sociale. Ed è perfettamente ragionevole che quella scuola sia propria dei soggetti che la creano, diventando così il loro libero e responsabile contributo di persone e cittadini allo sviluppo della società intera, attraverso quella funzione essenziale che è l’educazione dei giovani.

Questa è la realizzazione del “principio di sussidiarietà” che la nostra Costituzione ha riconosciuto nell’articolo 33 (“Privati ed enti hanno il diritto di istituire…”) e nell’articolo 118 (“Stato, Regioni… favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati per attività di interesse generale…”). Una libera e creativa socialità, comunità intermedie che realizzano la responsabilità e il protagonismo della persona, e che lo Stato è chiamato a riconoscere.

Una politica che vuole soffocare, che non favorisce o non valorizza la creatività sociale, oggi quella delle scuole paritarie, contribuisce a creare uno Stato dominante sulla persona e sulla società, desertificandola. Politica vera è quella che difende ogni realtà viva nel presente, anche, e soprattutto, quella che “c’è” e che la politica non può possedere.

“Le paritarie ci sono”: sia questo un invito a tutti a riflettere su che persona, società, politica e Stato vogliamo costruire, proprio ora che il nostro paese cerca punti fermi per ripartire e superare la profonda crisi generata dal coronavirus.

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