Con il lockdown dovuto all’epidemia di Covid-19, molte scuole paritarie si sono trovate in grande difficoltà. Alcune, purtroppo, sono giunte addirittura a chiudere; tante altre, però, hanno risposto facendo leva sulle grandi motivazioni ideali che le hanno originate e che negli anni hanno dato la possibilità di coagulare, intorno ad esse, una vera comunità educante. Una comunità educante che non comprende solo gli operatori della scuola e le famiglie, ma che si estende anche al territorio, coinvolgendo imprese e istituzioni, pubbliche e private. Un bell’esempio di sussidiarietà e di vitalità della società civile, che dovrebbe e potrebbe indicare la via per tante questioni aperte nel nostro Paese.



Abbiamo intervistato il presidente della Cooperativa Sacra Famiglia di Cesena, Paolo Chierici, per chiedergli di raccontarci come è nata e come si è sviluppata l’idea di realizzare, proprio in questo delicato frangente, il “Giardino del Cuore”, un importante ampliamento dell’area verde per giochi e attività sportive della scuola.



L’epidemia di Covid-19 ha creato grandi difficoltà alle scuole, alle paritarie in particolare. Molte di queste però, tra cui la Sacra Famiglia e il Sacro Cuore di Cesena, si sono distinte per capacità di reazione e di intrapresa. Ci può raccontare come è nata l’idea di un ampliamento del giardino proprio in un simile frangente?

Durante il lockdown, per far fronte alle nuove necessità emerse, in particolare quella di aiutare le famiglie in difficoltà e contenere le rette scolastiche, abbiamo costituito il Fondo di emergenza delle “Scuole del Sacro Cuore”, grazie a un contributo importante di Fondazione Romagna Solidale insieme al socio Orogel. Questo gesto, che consideriamo un riconoscimento importante al tema educativo da parte di soggetti autorevoli nel territorio, ci ha dato la spinta giusta per provare a coinvolgere altre imprese.



E c’è stata risposta?

Eccome. Al punto che l’importante risposta ricevuta ci ha confermato nella consapevolezza, nata anche da altri episodi significativi riguardanti la vita della scuola, che la difficoltà del momento non fosse una sfortuna e un ostacolo da superare ma che si trattasse, in realtà, di una grande opportunità.

In che senso?

Sentirsi sostenuti ci ha donato il coraggio di guardare avanti, di non fermarsi di fronte ai problemi pur così evidenti, ma di provare a vivere questa esperienza come un’occasione, innanzitutto, di rinnovare l’immagine della scuola a partire proprio dalle nuove esigenze imposte dall’emergenza, come il distanziamento e l’ampliamento degli spazi. Questa consapevolezza, poi, ha fatto nascere un dialogo tra i membri del consiglio di amministrazione e la direzione, che ha avuto come risultato principale, tra gli altri, quello di un desiderio condiviso di riprendere in mano progetti e sogni che erano in un cassetto da tempo.

Che tipo di progetti?

Un grande sogno della scuola è sempre stato, ad esempio, l’ampliamento del giardino “Don Ezio Casadei”. Così abbiamo fatto il passo importante, pur in un momento così particolare, di rischiare e chiedere il coinvolgimento di tutto il capitale relazionale che ruota intorno alla scuola, per provare a dargli finalmente concretezza.

Come vi siete mossi?

Da un lato, abbiamo continuato a rivolgerci ai grandi donatori con la richiesta di contributo al Fondo di solidarietà e, dall’altro, per arrivare a tutti e coinvolgere i diversi target, da quelli interni, Cda, docenti, personale, a genitori, nonni, amici ed ex alunni, abbiamo intrapreso una strada nuova mai percorsa prima dalla scuola: realizzare una campagna di crowdfunding.

Le campagne di crowdfunding sono uno strumento molto interessante e utile, ma non è semplice né scontato – come spesso si immagina – che vadano a buon fine.

Esatto. Infatti, per non muoverci in maniera artigianale, abbiamo chiesto il supporto di una consulenza strategica a due esperte del settore, Natascia Astolfi e Chiara Bassi. Ci è stato evidente da subito che senza il loro supporto strategico e operativo non saremmo riusciti a gestire in maniera adeguata la campagna, come può fare solo chi ha una competenza sullo strumento.

Sinteticamente, può dirci quali sono stati i passi della campagna?

Innanzitutto si è costituito un gruppetto composto da alcuni membri del consiglio e insegnanti che ha collaborato a stretto contatto con le consulenti, facendosi accompagnare passo dopo passo nella strategia e nel piano comunicativo. Così, dopo un’accurata analisi sulla fattibilità e sui presupposti fondamentali per avviare una campagna di crowdfunding, siamo partiti con un obiettivo semplice e potenzialmente raggiungibile: la stesura dell’area verde, che aveva un costo di circa 10mila euro.

Mi pare un obiettivo non impossibile. Come è andata?

Guardi, non immaginavamo di certo che nel giro di sole due settimane avremmo già raggiunto l’obiettivo, cosa che ci ha permesso di rilanciare e provare a condividere insieme a tutti un altro traguardo, con un obiettivo economico di 20mila euro. La campagna si è poi conclusa con un grande successo: il coinvolgimento di 181 donatori e un obiettivo raggiunto pari a 23.900 euro!

Secondo lei, quali sono stati gli elementi fondamentali che hanno portato al compimento di questa impresa, tenuto conto delle difficoltà del momento?

Penso che siano state innanzitutto la forza delle relazioni, sia quelle consolidate che quelle nuove, emerse proprio attraverso questo progetto, e soprattutto l’idea di una comunità che si è messa in movimento non solo e non tanto per aiutare la scuola, ma per costruire insieme alla scuola, per realizzare un obiettivo di cui si sono sentiti partecipi. Diciamo che si è usciti dalla logica – abituale – del chiedere aiuto e si è entrati nella logica di attivare una corresponsabilità.

Ci sono stati anche altri elementi?

Sicuramente determinante è stato il coraggio di uscire da quel che già si faceva a livello di raccolta fondi per approcciarsi a un percorso nuovo, attraverso uno strumento, il crowdfunding, adeguato al tipo di progetto e al momento storico. Il crowdfunding ci ha permesso di posizionare con trasparenza e chiarezza la buona causa, aggiornando costantemente tutti gli stakeholder e inviando contenuti creativi che abbiamo realizzato con dei video incentrati sullo storytelling. In particolare, ci ha colpito che tra le donazioni molte siano arrivate proprio dopo l’invio di un video che raccoglieva alcune testimonianze di donatori (insegnanti, genitori, amici, nonni…) che avevano deciso di coinvolgersi nella realizzazione del giardino e ne spiegavano personalmente le ragioni.

Questo è molto interessante, perché lo strumento è senz’altro importante, ma più ancora lo è il protagonismo delle persone, non crede?

Assolutamente. Infatti questo esempio ci fa capire quanto sia decisivo per le persone sentirsi parte di una comunità che c’è e voler contribuire insieme agli altri alla crescita di un progetto che sia condiviso. Oltre al grande coinvolgimento dei donatori, è stato rilevante proprio il protagonismo di alcuni soggetti, tra i membri del Cda ma anche tra gli stessi insegnanti e genitori, che hanno svolto il ruolo – potremmo dire – di personal fundraiser, cioè persone che si sono spinte oltre la semplice donazione e si sono mosse in prima linea per promuovere la campagna, attivando la propria rete di contatti e partecipando in maniera fondamentale al raggiungimento dell’obiettivo. Al di là della cifra raccolta, crediamo che sia proprio questo il vero tesoro che abbiamo trovato nel “giardino del cuore”.

(Marco Lepore)