“Nella vostra città ideale la scuola ci sarebbe?” Devo dire che mi aspettavo una risposta diversa: tutti gli alunni della classe in cui stavo lavorando su questo tema hanno risposto di sì. E per tutti gli altri studenti della mia scuola sarà così? Come sarebbe per loro una scuola ideale? In classe si è accesa la curiosità. Così ho deciso che il tradizionale lavoro di scrittura di seconda liceo (progettazione, diffusione, e analisi di un sondaggio), quest’anno, avrebbe avuto come tema “la scuola possibile”.
Abbiamo così elaborato una batteria di domande sulle questioni più importanti legate al mondo scuola: a cosa serve la scuola? È utile? Che metodo di studio hai? Che giudizio sulla scuola che frequenti hai? Ecc. fino a chiedere di formulare delle ipotesi e delineare i tratti di una scuola, più che ideale, possibile.
Scritto e testato il sondaggio, via! A coppie, in tutte le classi, a somministrare (come si dice in questi casi) il sondaggio: in una mattina, su 1000 studenti dell’istituto in cui insegno (un professionale, due tecnici e due licei) abbiamo raccolto 689 risposte, un numero sufficiente a rendere attendibili le generalizzazioni che mi accingo a offrivi sui dati raccolti.
Metodo di studio e motivazione
L’84 % degli intervistati dichiara di avere un posto tranquillo per studiare e svolgere i compiti, eppure nel tempo dedicato allo studio la distrazione è altissima: solo il 4%, cioè solo 30 studenti su 687, ha dichiarato di non distrarsi mentre studia.
E cosa distrae di più? Il sondaggio dice che la più alta fonte di distrazione sono i social, seguiti dalla “non voglia di studiare” e da “i miei pensieri”; niente distrazione, invece, da film, videogiochi, musica, fratelli e altri esseri casalinghi.
Non certo dati sorprendenti, ma di certo illuminanti: l’antidoto alla distrazione non è l’attenzione, ma l’interesse.
E allora ci siamo chiesti cosa motivi gli studenti allo studio. Ecco i risultati, anche qui non certi sorprendenti: al primo posto – per 478 studenti su 700 – c’è “il voto che prenderò”; al secondo posto, scelto da meno della metà degli intervistati, “l’interesse per l’argomento”. Il risultato forse più significativo riguarda voi, o genitori: non affannatevi, né le ricompense promesse con sorriso sornione (11%), né le minacce intimate con il dito alzato al cielo (15%) hanno un peso significativo nel motivare i vostri figli.
Tant’è che alla domanda esplicita (“Il giudizio dei famigliari influenza il tuo studio?”) solo il 30% ha risposto “sì, in positivo”; invece il 42% ha risposto “non influenza il mio studio”, e addirittura il 28% ha risposto “sì, ma in negativo”.
Che sia il voto a rappresentare la motivazione principale nello studio lo dimostra il fatto che un voto regalato non sembra avere nessuna influenza nelle motivazioni: alla domanda “quali voti influiscono in modo più negativo sulle motivazioni”, solo il 5% ha risposto “i voti regalati (non meritati)”, mentre il 49% indica “i voti negativi” e il 46% “i voti ingiusti”.
La scuola che frequento
I dati più delicati e difficili da interpretare sono quelli emersi quando abbiamo chiesto di valutare la scuola frequentata: se da un lato, infatti, l’indice di gradimento sembra complessivamente positivo (un 29% si dichiara contento, senza mezze misure, e il 44% dice che la scuola è buona, anche se potrebbe migliorare), quando si è cercato di capirne le ragioni, ci si è trovati su un terreno piuttosto fangoso (e che ha aperto nuove domande per nuovi sondaggi per nuovi studenti…).
Tra gli aspetti indicati come preferiti nella propria scuola, al primo posto ci sono “i compagni” (42%) e “l’ambiente” (9,5%), al secondo “il bar” (25%); residuali, ahimè, le preferenze riservate alle “materie di studio” (11%) e a “professori”, “spazi”, “attività extra scolastiche”, che insieme non raccolgono neanche il 15%.
Il dato forse più delicato da analizzare, ma spiazzante per la sua imponenza, riguarda l’aspetto ritenuto peggiore della scuola: per il 42% degli intervistati sono “i professori” – seguiti dagli spazi, dall’ambiente e dalle attività extra scolastiche.
Questo dato viene ulteriormente rafforzato dalle risposte date nella sezione dedicata alla funzione e allo scopo della scuola.
Scopo e funzione della scuola
Solo per il 12% degli intervistati studiare è inutile: è utile per il restante 88%. Sul significato di questa utilità gli studenti sono divisi: per metà di loro la scuola ha uno scopo pratico (prepararsi al lavoro, 23%, o ad affrontare la vita, 30%), per l’altra metà la scuola serve a fornire una cultura generale (47%). Questo dato potrebbe rispecchiare l’eterna opzione tra la vita attiva e la vita contemplativa, tra technè e physis? O più concretamente rispecchia il luogo comune che i licei preparano all’università mentre gli istituti tecnici orientano al lavoro?
Eppure, se si indaga sulle motivazioni che stanno dietro queste risposte, non sembra emergere un’esperienza umana entusiasmante. Alla scuola non viene riconosciuta una “funzione socializzante” specifica – solo l’8% dice che senza scuola non avrebbe imparato a socializzare e addirittura il 17% dichiara di non aver imparato a socializzare a scuola –; ma soprattutto emerge che a scuola non è facile incontrare veri maestri, né fare una esperienza diffusa di bellezza: il brutto, purtroppo, prevale.
Le risposte più disarmanti sono state però quelle a un’altra domanda, ispirata dall’iscrizione sul santuario di Delfi, il famoso “conosci te stesso”. Più ancora che il 30% per cui la scuola costringe ad assumere una maschera, colpisce quel 45% che sembra non essersi mai neanche posto la domanda – o che si è trovato spiazzato davanti ad essa.
Eppure, per questi stessi studenti la scuola nella loro città ideale ci sarebbe: alla domanda più del 70% degli studenti ha risposto “sì”. Ci siamo allora chiesti come dovrebbe essere questa scuola possibile.
La scuola ideale: un campus
I dati sembrano convergere: gli studenti voglio una scuola campus, in cui dominano le materie in inglese, lo sport e insegnamenti modulari al passo con i tempi. In questa scuola, tendenzialmente aperta al pomeriggio per attività extra scolastiche, la valutazione andrebbe rivista: promozioni e bocciature, eccessiva severità dei voti costituiscono un ostacolo all’apprendimento.
Per quanto riguarda le materie sarebbe una scuola con più inglese (24%) ed educazione fisica (17%). Le aule tradizionali sarebbero abolite: le lezioni sarebbero distribuite tra laboratori, aule specializzate e spazi per attività di gruppo. Decisivi risulterebbero gli spazi extrascolastici come biblioteca, impianti sportivi, spazi relax, mensa ecc.; ma anche spazi dedicati all’ascolto da parte degli adulti (ad es. psicologi). Quasi il 70% poi vorrebbe lezioni all’aperto quando il tempo lo permetta. Infatti, per la maggioranza degli studenti le lezioni dovrebbero essere solo al mattino, con inizio verso le 9.00, per, al massimo, 4-5 ore, e con intervalli brevi tra ogni ora di lezione.
La scuola poi dovrebbe essere strutturata su un gruppo di materie comuni obbligatorie, lasciandone altre a scelta; mentre per migliorare il piano di studi sembra necessario a tutti semplificare i programmi aggiungendo materie al passo coi tempi; l’educazione civica invece non sembra aver fatto breccia nel cuore degli studenti.
Tra le materie che dovrebbero essere introdotte o incrementate c’è al primo posto l’educazione sessuale, seguita dall’insegnamento in lingua, educazione digitale. L’educazione ambientale sembra aver già fatto il suo tempo.
Al mattino lezione, al pomeriggio attività varie, a cominciare dallo sport.
E sulla questione attualissima del sabato sì sabato no, gli studenti sembrano dividersi in modo quasi identico (55% sabato no, 45% sabato sì).
Gli studenti vogliono una scuola in cui gli strumenti tradizionali e quelli digitali siano dosati in base alle esigenze, senza uno squilibrio verso l’uno o l’altro: per quanto riguarda i libri, il cartaceo è ancora preferito dal 63% degli studenti, ma, quando si tratta di prendere appunti, il 53% preferisce il digitale. Soprattutto, le tecnologie sono percepite come supporto della didattica e non come oggetto di studio.
In ultimo la valutazione. Per molti studenti costituisce addirittura un problema: se per il 46% degli intervistati la valutazione è ancora fondamentale e importante, il 31% sostiene che sia inutile, e il 23% la ritiene addirittura inutile e dannosa. Se ci fosse, dovrebbe essere meno severa, articolata attraverso più strumenti, e personalizzata. Le non ammissioni (bocciature) sono considerate uno strumento efficace solo da un terzo degli studenti: per i due terzi sono inulti o riferite a un modello di scuola superato.
Se accostiamo questi ultimi dati con quelli emersi in precedenza emerge quindi questo paradosso: gli studenti studiano per il voto, ma non credono nei voti. Conoscono bene il ritornello predicato dai prof (“non si studia per il voto”), ciò nonostante, non sembra che i professori abbiano presa sui ragazzi: non è facile infatti trovare dei maestri, vivere un’esperienza di bellezza e conoscere se stessi a scuola.
Chissà se questi dati rispecchiano davvero l’esperienza degli studenti, o se sono viziati dalla contingenza in cui sono stati raccolti. Ma questo importa meno del sapere se ci sarà chi, tra gli adulti, raccoglierà la sfida che questo tipo di indagini, in ogni caso, lanciano.
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