In riferimento alla gestione di tutto quanto può concorrere alla riapertura delle istituzioni educative e didattiche, secondo gli ambiti di competenza, si fa un gran parlare – e per fortuna – di intenti e di forze che in modo cooperativo e sinergico dovrebbero contribuire a garantire la presenza, con l’auspicio che sia stabile, di bambini e studenti nelle scuole insieme a ogni altra forza collante del territorio, quali associazioni, professionalità genitoriali, enti locali, società sportive. Ci sono già dignitosi esempi di patti di comunità operanti sul territorio nazionale che raccontano la concretezza di scelte di fatto, forti e coerenti, e che si pongono con accezione molto più pregnante del senso dato dai documenti del ministero dell’Istruzione a queste rinnovate forme di cooperazione. Nella regione Campania, Scuola Viva, ormai alla quarta annualità, programma per le scuole aderenti che hanno anche attivato dialoghi con associazioni, di recente avvio l’Intesa con il Mann Fondazione novantanove o ancora il programma Scuole di comunità, tutte iniziative promosse con determinazione dall’assessorato regionale all’Istruzione, rappresentano già strumenti forti di coesione territoriale e conferma ulteriore che il lavoro di squadra premia sempre.
La fruizione di spazi esterni alle scuole, nei quali poter svolgere attività di formazione ed educative, è finora passata, in riferimento al Dpr 275/99 e alla 107/2015 nonché al Testo Unico del ’94 che disciplina le competenze degli organi collegiali, attraverso la stipula di convenzioni tra scuole e interlocutori di riferimento, note indicative dei vari Uffici scolastici regionali (Usr), scelte operate dalle singole scuole attraverso espressioni deliberate negli organi collegiali. Piuttosto i patti di comunità, rafforzati nelle Linee guida ministeriali del 28 giugno 2020, dovrebbero far leva su azioni che siano sempre più espressione di cittadinanza responsabilmente agita in questo nostro presente segnato dalla drammaticità dell’esperienza pandemica.
È il caso di diffondere quale possibile pratico esempio, nella gamma di esperienze che sicuramente arricchiranno il bagaglio di ciascuno di noi, un patto di comunità che partirà a settembre, un progetto basato sulla cooperazione tra scuole secondarie di primo e di secondo grado, in raccordo con università e con accademie culturali ma anche con una Onlus che di per sé costituisce già una virtuosa espressione di cooperazione nonché una diversificazione di professionalità motivate e coinvolgenti attivatesi a partire da un contratto di comodato d’uso del bene storico e culturale pienamente valorizzato e restituito alla sua funzione sociale a favore della collettività e in particolare della popolazione studentesca.
Faccio riferimento al coinvolgimento della Onlus Polo culturale per la Pietrasanta di Napoli nell’ambiziosa prospettiva progettuale di dare espressione alla complessità dei saperi e delle relative competenze grazie a prove trasversali che portino i ragazzi a cimentarsi su livelli ad ampio spettro. La sfida è il percorso di coinvolgimento che chiama in causa un ampio ventaglio di risorse. E difatti, la globalità delle forze messe in campo, dall’ideazione e progettazione all’attuazione dell’iniziativa stessa, che potrà estendersi, per implicazioni post Covid, fino a giugno 2021, dal coordinamento procedurale alla volontà di tutti i componenti del gruppo di guardare al respiro lungimirante di tutto l’impianto dell’evento culturale, corrisponde all’opportunità di prove articolate e complesse nelle quali dovrebbero avvicendarsi studenti motivati, interessati, ma anche studenti ai quali bisogna dare opportunità diverse e modalità di riscatto come possibilità per mettersi in gioco. E pure in tal senso patto di comunità, al fine di non lasciare nessuno senza opportunità di crescita. A tal fine il coinvolgimento di un’associazione che avvolge il territorio attraverso le braccia delle scuole che coopterà intorno a questa sfida.
Non a caso questa opportunità si è potuta fregiare del finanziamento della Fondazione Banco di Napoli per l’assistenza all’infanzia (infanzia /adolescenza, è bene ricordarlo, è un’unica dimensione dell’età evolutiva). Questa opportunità di crescita ha tenuto ben presente come professori emeriti e già rettori dell’ateneo federiciano abbiano da tempo evidenziato che i ragazzi non possano essere ancora e soltanto espressioni di competenze specialistiche settoriali, ma debbano costruire nella secondaria di secondo grado, per poi implementarle sempre più, competenze globali e solide con una piena consapevolezza delle intersecazioni e sovrapposizioni che quelle stesse competenze debbano via via sviluppare.
Le professionalità di cui la società civile ha bisogno dovranno sempre più essere l’espressione di quel pensiero complesso di cui il sociologo Edgar Morin si è fatto grande propulsore, riflettendo in modo approfondito sulla parcellizzazione e frantumazione dei saperi disciplinari che restano saperi “morti” se non partono da domande di conoscenza radicale intorno alle quali riorganizzarsi.
Intanto mi sembrano da seguire gli sviluppi del Patto partenopeo…