Nel mese di aprile di un anno fa, sulla scia di un articolo di Roger Abravanel, tentavo di promuovere un dibattito, con un mio intervento sul Corriere Fiorentino (inserto toscano del Corriere della Sera), sul tema della futura apertura della scuola a settembre, indicando alcuni modi per la sua attuazione (la suddivisione di ciascuna classe in due metà, l’una in presenza fisica e l’altra on line, di cui ancora non si parlava o si parlava poco).
Il dibattito, in quel momento, era focalizzato sui banchi a rotelle, la cui introduzione nelle aule mi pare abbia prodotto ben poco, quanto a sicurezza. Anzi, per essere più precisi, sembra che, in alcune regioni, quei banchi siano stati tolti perché ritenuti dannosi per la postura degli alunni. Ma come stanno andando le cose adesso? Abbiamo tratto lezione dall’esperienza trascorsa per il prossimo settembre?
A prima vista, la risposta parrebbe negativa, perché non vi sono, al riguardo, molte idee in circolazione, salvo l’attesa nel potere salvifico del vaccino. Ma cosa potremmo fare?
Recentemente ho conosciuto l’ing. Giorgio Buonanno, la lettura dei cui articoli mi era stata suggerita da Luca Ricolfi. Buonanno è uno scienziato di livello mondiale e il suo orientamento, condiviso da un team internazionale di suoi colleghi (perlopiù ingegneri), è quello di puntare, negli anni venturi, sulla sanificazione dell’aria. Il problema sembra essere quello dei cosiddetti aerosol, che, diversamente dalle droplet o goccioline (dotate di una consistenza maggiore e destinate a cadere per terra), restano in sospensione. Gli aerosol sono paragonabili a dei fumi (pensiamo a quelli delle sigarette in stanze chiuse), che si mantengono nell’aria, con conseguenze nefaste se emessi da una persona positiva. All’aperto, infatti, il problema del contagio non si pone oppure esiste in misura ridotta, ma negli spazi chiusi, come le aule, esso è molto acuto. Certamente la movida e gli assembramenti, anche all’aperto, rappresentano un problema, ma i pericoli maggiori risiedono proprio negli ambienti chiusi, non adeguatamente ventilati. Ovviamente, occorrono risorse adeguate per dotare tutte le aule di macchine per purificare o cambiare aria. Soprattutto, esse devono essere ben funzionanti ed efficienti, per aspirare più volte integralmente, in tempi congrui, l’aria delle aule, purificarla e restituirla, decontaminata dal virus, all’ambiente stesso. Buonanno suggerisce di prendere in considerazione soltanto depuratori dotati di filtri Hepa. Un’altra strada, conosciuta dal pubblico più vasto, è quella di cambiare aria, immettendola nelle aule dall’esterno ed espellendola.
Certamente, se avessimo nuovamente a disposizione le risorse impegnate nei banchi con le rotelle, potremmo dotare ogni aula delle scuole italiane di queste apparecchiature. Buonanno, inoltre, ha definito una scala di rischio il cui grado si abbassa in proporzione all’installazione delle stesse. Forse potremmo anche risparmiare sull’acquisto delle mascherine e di altro materiale ancora.
Recentemente egli, assieme ad altri ricercatori, ha pubblicato un articolo dal titolo “Ventilation procedures to minimize the airborne transmission of viruses at Schools, Building and Environment” e, a seguito di questa e altre pubblicazioni scientifiche, l’Organizzazione mondiale per la sanità, nonostante le resistenze iniziali, pare avere accettato l’idea che l’aria possa essere il principale veicolo di contagio. Del resto non è la prima volta che alcuni scienziati di fama mondiale contribuiscono a far mutare gli orientamenti dell’Oms. Ricordo, ad esempio, quando una rivista prestigiosa come Science ha denunciato i ritardi e le indecisioni dell’Oms, dovuti – parrebbe – a un eccesso di “riguardi” verso la Cina, terra di sviluppo del virus, i quali hanno condizionato negativamente l’evolversi dell’intervento sanitario.
Il contagio via aerea è la nuova frontiera per combattere il virus e la purificazione dell’aria nelle aule, attuabile con strumenti diversi, indica l’orizzonte strategico verso il quale le scuole dovrebbero muoversi. In tutti i casi, si tratta di inaugurare un nuovo paradigma di gestione dell’aria, così come nell’Ottocento si è iniziato, con varie modalità e strumenti, a trattare le acque, separando, ad esempio, quelle “chiare” da quelle “scure”.
Così, mentre assistiamo con trepidazione alla scommessa sulle riaperture e alterniamo i nostri stati d’animo in funzione dei dati epidemiologici quotidiani, speriamo che questa prospettiva di interventi nelle aule scolastiche sia fatto propria ed elaborata dal ministero dell’Istruzione.
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