Ieri mattina, dopo essermi svegliato, e aver dato un’occhiata alle cronache dei giornali on line, ho avuto la netta impressione di avere una quarantina di anni in meno. Inizialmente la cosa mi pareva piacevole, ma poi, considerato che a una certa età capita di avere dei disorientamenti, mi sono immediatamente interrogato sulle mie condizioni di salute. Subito dopo, però, ho provato tutt’altra sensazione: quella che anche il nostro Paese fosse tornato indietro. Così ho capito che non si trattava di una questione fisica o di una patologia personale. E mi sono risollevato.
Tutto nasce dalla vicenda dell’aggressione perpetrata, sabato scorso, ai danni di alcuni alunni di un collettivo studentesco del Liceo Michelangelo di Firenze, nell’area antistante all’entrata del liceo stesso, da parte di giovani del gruppo di Azione Studentesca, che erano lì presenti per effettuare un volantinaggio.
Sembra che, quando gli studenti del Collettivo del liceo hanno contestato i contenuti dei volantini, si sia scatenata immediatamente la reazione dei giovani di destra che, per la velocità di esecuzione, è parsa preordinata. Fortunatamente non vi sono stati gravi danni alle persone, ma senz’altro si è corso il rischio che le cose volgessero al peggio. Poi, da quel momento, è stato tutto un susseguirsi di dichiarazioni da parte di politici, sindacalisti, uomini delle istituzioni, ecc. Così, si è creata una bolla di commenti che è arrivata perfino in Parlamento.
Ovviamente premettiamo (non sarebbe necessario, ma non si sa mai) che ogni violenza deve essere condannata in quanto tale. Tuttavia, osserviamo che di scazzottate, perché di questo si è trattato, ce ne sono ogni giorno e, a leggere bene le cronache, nel nostro Paese accadono aggressioni ben più gravi, nel mondo dei giovani. Mi limito a citare quelle delle tifoserie calcistiche, quelle delle baby gang, quelle dei bulli nelle scuole, quelle sessuali e potrei andare avanti. Dunque, cos’ha di importante la scazzottata davanti al “Miche” di Firenze?
Ciò che emerge, dietro a quella vicenda, è che c’è l’ideologia, che, almeno all’apparenza, ha motivato il tafferuglio. Fascismo? Be’, se si parla di questo, non si può dimenticare l’aspetto deuteragonistico, che è quello del comunismo. Così sono tornato alla mia giovinezza del secolo scorso. Ma questo mondo esiste tutt’oggi?
Certamente esiste nella mente dei protagonisti della scazzottata. Si consideri, tuttavia, la cosiddetta legge di Thomas. Essa suggerisce che, se le persone definiscono come reali certe situazioni, queste saranno reali nelle loro conseguenze. Fascismo e comunismo sono anticaglie in disuso e molti giovani, probabilmente anche quelli che si sono scontrati, vivono condizioni di solitudine, di disinteresse e disadattamento scolastico (conosco la storia di qualcuno dei “picchiatori”), di incapacità relazionale con il proprio e con l’altro sesso. Giovani perlopiù infelici e rabbiosi, spavaldi rispetto alla vita, nella quale non intravedono alcuna sensatezza. Già, ma sono fascisti.
Anche gli altri, quelli dell’altra parte della barricata, spesso vivono le stesse condizioni di nichilismo. Sono accomunati ai loro antagonisti dallo stesso vuoto interiore e dalla stessa pesantezza esistenziale, riempita in maniera posticcia dalla socialità dello smartphone. Già, ma sono comunisti.
E così siamo tornati nel rutilante mondo delle ideologie dove finalmente le cose hanno un senso: quello per cui ci si divide felicemente e prodemente in fascisti e comunisti.
Ma basta tutto ciò per rendere effettiva la legge di Thomas e inverare il ritorno agli anni Settanta (e seguenti)? No, perché i giovani occupano i loro spazi sociali, che non sono quelli dei media tradizionali, tutt’oggi più diffusi. Affinché una situazione immaginata ambisca ad acquisire lo statuto di realtà, occorre che essa sia condivisa dagli adulti, i quali hanno effettivamente gli strumenti di persuasione di massa.
Ed ecco che alcuni politici appaiono poco convinti nella condanna della violenza commessa al “Miche” e dell’ideologia che l’ha indotta, affatto dissonante con una società di democrazia matura come la nostra. Altri politici, con un atteggiamento complementare, parlano di “squadrismo”. E il nostro Paese è ricaduto un secolo addietro, ai tempi della marcia su Roma, che, nella sua infausta attuazione, è stata recentemente ricordata. Ma davvero ci sono gli squadristi, quelli che distruggono le sedi dei partiti di sinistra e dei sindacati, bruciano le case dei principali esponenti antifascisti, bastonano, somministrano l’olio di ricino e commettono omicidi?
Si obietterà che ancora non è così ma potrebbe esserlo. Già, ma questa risposta è apodittica e vale in qualsiasi tempo e luogo, perché auto-evidente. Nel frattempo, cosa succederà in un mondo in cui imperversano gli squadristi? Forse molti giovani si prepareranno alla “resistenza antifascista”?
Una politica senza ideali ripropone ideologie polverose e obsolete. Di mezzo, però, ci sono i giovani.
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