A venti giorni dalla presentazione dei risultati delle prove Invalsi 2021, che rispetto al 2019 hanno visto esiti più bassi in italiano e matematica nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, mi domando quale possa essere l’eredità che le attività del Piano scuola estate, varato dal ministero con circolare n. 643 del 27 aprile, lasceranno all’inizio del prossimo anno scolastico.
Nelle sue prime due fasi il Piano prevedeva la possibilità di organizzare attività volte al rinforzo e al potenziamento delle competenze disciplinari e relazionali e della socialità, con la progettazione di percorsi in cui studentesse e studenti fossero al centro del proprio apprendimento. Mentre ero al lavoro su questo e osservavo i ragazzi e le ragazze impegnati nel laboratorio di digital storytelling che insieme ad alcune colleghe ho condotto nel mese di giugno, sono riaffiorate in me alcune domande e osservazioni che si approfondiscono man mano che avanza la mia esperienza di insegnamento.
Uno degli aspetti più belli e interessanti di questa circostanza è stato innanzitutto la possibilità di strutturare il percorso (dal suo inizio alla fine, e in modo dettagliato) in team tra docenti, che l’occasione del Piano scuola estate, anche grazie alla sua novità, ha reso più necessaria e precisa rispetto a tanti momenti dell’anno scolastico, in cui a volte purtroppo si è travolti da scadenze e necessità amministrative e il confronto tra colleghi sulla didattica rischia di essere un po’ sacrificato.
Nella riunione in cui abbiamo progettato il percorso, il punto di vista di un docente ampliava quello dell’altro; le competenze di ciascuno erano al servizio di tutti; la creatività comune è scaturita dal desiderio di mettersi in gioco imparando reciprocamente qualcosa che in gran parte anche per noi era nuovo. L’introduzione strutturata di momenti del genere anche nella scuola secondaria favorirebbe un più stringente lavoro d’équipe, rafforzando concretamente il senso comunitario dell’educazione e consentendo alla scuola italiana di fare un grande passo in avanti.
Legato e conseguente a questo, tra i fattori più significativi dell’atelier che ho svolto si inserisce sicuramente la compresenza dei docenti in classe, che ha reso più proficua ed efficace la gestione dei gruppi di lavoro dei ragazzi. L’attività che abbiamo proposto consisteva nella realizzazione cooperativa di video animati che raccontassero una storia, passando attraverso le fasi di ricerca, scrittura, produzione e verifica del prodotto. In tutte queste fasi il confronto tra gli insegnanti presenti insieme nell’aula ha aiutato, nell’affrontare le specifiche problematiche che di volta in volta emergevano e nel rispondere alle domande dei ragazzi, l’individuazione di strategie e modalità che potessero aiutare gli alunni e le alunne nell’esercizio della creatività, della capacità di risolvere problemi, del prendere iniziativa e del giudicare ciò che stavano elaborando, correggendo e migliorando dove si rivelasse necessario.
Il taglio del nostro laboratorio estivo era particolare, e uno dei pensieri sotteso alla sua ideazione era quello del promuovere in maniera positiva e propositiva le competenze digitali. Quello che abbiamo visto emergere nelle ore di lezione è stato il gusto dei ragazzi e delle ragazze di sperimentare nuovi strumenti e di realizzare dal nulla un prodotto che fosse totalmente loro. Li abbiamo aiutati e seguiti, ma una volta dato l’abbrivio abbiamo avuto l’impressione che potessero proseguire da soli con autonomia e responsabilità. I gruppi (e all’interno dei gruppi i componenti stessi) hanno lavorato in modo differente: non tanto perché c’è stato chi ha lavorato di più e chi ha lavorato di meno, ma perché ognuno ha trovato la modalità più adatta e più consona a sé di procedere nel proprio percorso. I video prodotti, alla fine della settimana, erano tutti di uguale valore e originalità.
C’è un ultimo aspetto, tra i tanti sollevati in me dall’esperienza del Piano scuola estate 2021, che non voglio perdere, ed è una certa libertà rispetto alla valutazione che ho sperimentato in quei giorni. Il discorso sarebbe lungo, il campo è vasto, l’ambito delicato e allo stesso tempo di capitale importanza per la maturità professionale di un insegnante. Valutare significa “dare valore” e non passa soltanto attraverso l’attribuzione di votazioni numeriche o sigle che possono essere inserite sul registro, cartaceo o elettronico che sia; ciò che è insito nella valutazione passa attraverso l’osservazione attenta di uno sguardo educato a cogliere i segni – talvolta anche minimi – della mossa da protagonista dell’altro che sto aiutando a formarsi, realizzando e sviluppando appieno ciò che ha dentro; ciò che è insito nella valutazione passa anche dalle parole che so dire, da ciò che dell’altro so ascoltare e che non sempre è inscrivibile dentro i confini di una valutazione numerica o di un giudizio.
È agosto, l’estate scorre, a settembre si ritornerà tra i banchi, ancora distanziati per prevenire il contagio da Covid-19. Tra gli scenari che si potranno aprire, si parlerà forse ancora della didattica “a distanza”, benché il suo acronimo sia cambiato. Ma se dentro le qualsiasi condizioni in cui ci troveremo sapremo rinnovare la nostra presenza di insegnanti nelle aule scolastiche con l’eredità che i percorsi strutturati per il Piano estate ci hanno lasciato (non tanto e non necessariamente come forma, ma nella loro essenza), credo ci ritroveremo un po’ più vicini: gli adulti con gli adulti, più ricchi nella loro professione; i ragazzi con i ragazzi, più aperti e disposti verso gli altri; gli adulti e i ragazzi tra loro, più consapevoli della prossimità che sempre serve per crescere e imparare gli uni dagli altri. È questa la strada che, nel tempo e con il tempo che le è necessario, potrà portare frutto in quel particolare luogo umano che è la scuola. Anche in italiano e matematica.
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