Leggendo il terzo volume dei “Quaderni del libro fondativo” (Bonomo editore) dedicato a Pinocchio, si rimane sorpresi dal riscontrare l’impatto che la lettura in classe di Pinocchio, da parte dell’insegnante, produce negli alunni, anche in quelli della secondaria di primo grado. Un impatto costituito da interesse, prima di tutto, e dalla provocazione di domande, di quelle domande che innescano il cammino conoscitivo.
La storia risulta incantare i ragazzi e catturare la loro attenzione. Dalla lettura delle esperienze raccontate dalle insegnanti emerge un tratto comune: un lavoro di riflessione sulla figura del padre, sulla libertà, sull’amicizia, sull’imprevisto, sul perdono. Come pure viene descritto il tipo di lavoro legato alle discipline, soprattutto lingua italiana e arte.
Gli alunni della scuola secondaria statale di primo grado “Don Milani” di Lavagno (Verona) – dove da sei anni agli studenti di prima media viene letto il libro di Collodi – guidati dalla loro insegnante Eleonora Alga, si sono appassionati e immedesimati talmente tanto da esplodere in un grandissimo applauso al termine dell’ultima parola dell’ultimo capitolo. L’applauso era per loro stessi e per Pinocchio, hanno detto, per il cammino che avevano fatto insieme.
L’insegnante Laura Vitale in una classe seconda della scuola primaria “Sant’Angela Merici” di Desenzano (Brescia), parla di un silenzio assoluto e profondo, parla di una presenza reale del burattino. “È impossibile non lasciarsi toccare fino all’anima, impossibile non commuoversi, arrabbiarsi, ridere, spaventarsi, divertirsi, soffrire con lui”.
Claudia Conti e Maria Cristina Bruno della scuola primaria “Gianna Beretta” di Padova raccontano che per loro scegliere ogni anno un libro da leggere in classe è una questione di stima che hanno nei confronti della persona, perciò del bambino a cui propongono di incontrare, con loro, un autore e la sua opera. Nel caso di Pinocchio il lavoro ha svelato che a qualsiasi età si può suscitare un pensiero critico e ha confermato che “quando una cosa è bella, viene riconosciuta, non importa se non si capisce tutto e subito”.
Nicoletta Bonomi, insegnante nella scuola statale primaria Aleardi di Quinto (Verona), rileva che in genere, a scuola, sia molto curata la parte relativa alla comprensione del testo a livello letterario “…ma viene poco stimolata la ricerca di significato oltre le righe”. E lei con i suoi alunni ha voluto andare oltre le righe.
Sorprendente, poi, è la lunga sfilza di aspetti critici in fase di verifica, situati al termine della descrizione del suo lavoro su Pinocchio.
E che dire della singolare esperienza raccontata nella prima parte del Quaderno? Quando sono degli insegnanti che leggono insieme Pinocchio con il commento di Franco Nembrini, cosa succede?
Racconta Maria De Nigris, insegnante nella scuola primaria dell’Educandato statale “Agli Angeli” di Verona, che in un corso di formazione per l’educazione civica era stato richiesto di lavorare con i propri colleghi all’elaborazione di unità didattiche di apprendimento riferite all’educazione civica. “In un gruppo di lavoro, con maestre ed educatrici, abbiamo riletto Pinocchio e, grazie alle riflessioni e agli approfondimenti di Nembrini, abbiamo visto che ben si prestava a un lavoro in classe, come ‘sfondo integratore’ per l’educazione civica. In ogni capitolo emergevano ai nostri occhi attenti i bisogni dei bambini, i loro desideri più profondi, le loro debolezze (…) che sono di ognuno di noi. Ritrovavamo, nella nostra esperienza personale, ma anche di mamme e di maestre, situazioni descritte nel libro e da lì nascevano riflessioni e condivisione di esperienze”.
Così in ogni capitolo sono state indicate le “virtù civiche”, il lessico emotivo e le domande-guida. Una proposta per gli alunni generata dal lavoro su se stessi dei loro insegnanti e offerto a tutti.
Come dice Dario Nicoli nella prefazione, la lettura ad alta voce del libro di Collodi “smentisce la tesi, oggi molto sostenuta dagli esperti, secondo cui i ragazzi sarebbero insofferenti nei confronti della lettura di libri, in quanto maggiormente portati ad una comunicazione tramite i social: veloce, superficiale, emotiva, immaginifica, multitasking (che poi vuol dire caotica)”. E poi ancora: “questo modo di procedere è un approccio convincente perché il metodo del confronto tra i bambini (o ragazzi) esalta la loro libertà e rifugge dal pericolo di indottrinamento tipico del nostro tempo, che consiste nel caricare sulle spalle dei ragazzi una visione negativa della realtà e dei rapporti tra gli individui e con la natura, tutta centrata sui ‘problemi’ piuttosto che sulla bellezza dei doni ricevuti e sull’amore per la vita”.
Per info: librofondativo.blog
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