La pubblicazione, con relativa presentazione, del 25esimo Rapporto annuale del Centro studi per la scuola cattolica (CSSC) della CEI che contiene un particolare focus sugli studenti disabili e in generale i ragazzi fragili, è un’ottima occasione per fare il punto su questa delicata situazione e sul valore pubblico del servizio svolto dalle scuole paritarie.



L’articolo pubblicato su queste pagine ha già messo in evidenza alcuni temi presenti nel rapporto che, a mio avviso, merita un approfondimento utile sottolineare da una parte il buon lavoro svolto e dall’altra come le famiglie non siano ancora supportate come la stato di necessità dei loro figli meriterebbe. Da sempre ho ingaggiato una “battaglia democratica” con i miei articoli a partire da quello di tre anni fa, poiché ho sempre ritenuto doppiamente iniqua la discriminazione verso gli studenti con disagio che frequentano la scuola paritaria. In primo luogo, perché quali studenti di scuola paritaria, istituzione scolastica facente parte a pieno titolo dell’unico Sistema nazionale di istruzione e formazione (legge 62/2000), debbono pagare una retta per avere un servizio pubblico di istruzione anche nella fascia dell’obbligo scolastico, che per Costituzione dovrebbe essere gratuito. In secondo luogo perché, come cittadini con un disagio, se frequentano una scuola statale hanno un sostegno gratuito, ma se frequentano una scuola paritaria non vedono il sostegno coperto da adeguati contributi.



È pur vero che da allora qualcosa è cambiato e nel dicembre 2020, finalmente, il Governo Conte 2 ha approvato un piano di finanziamento triennale di 70 milioni l’anno quale contributo al sostegno degli studenti frequentanti la scuola paritaria che abbiano una certificazione di disagio secondo la legge 104/92 (contributo confermato dal ministro Valditara anche per il prossimo anno), ma il contributo destinato alle famiglie da questo intervento è di circa 6.000 euro l’anno, contro lo stanziamento pro capite per gli studenti nella scuola statale con la stessa certificazione che, nel 2019, era di 20.016 euro. A fronte di 245.723 alunni disabili che frequentavano la scuola statale, infatti, erano stati stanziati euro 4.918.411.746, come evidenziava un comunicato congiunto delle associazioni di settore.



La forbice è molto larga e la discriminazione cui sono sottoposti questi cittadini è evidente. Come scrivevo in un altro articolo sul tema, “la filosofia che porta a pensare che ‘tra niente e poco, meglio il poco’, non regge più! (…) Oggi si chiede allo Stato il metodo del ‘buon Samaritano’, ossia uno Stato che di fronte ai suoi cittadini più deboli si fa carico delle loro difficoltà, li cura, li accoglie, li fa ospitare, paga loro le spese”.

L’altro tema che desidero approfondire, credo fulcro principale del citato Rapporto, è l’incremento di richiesta di iscrizione alle scuole paritarie da parte delle famiglie i cui figli presentano fragilità o difficoltà, poiché le giudicano più aperte, più accoglienti, più attente alle persone, più capaci di valorizzare le potenzialità o nell’aiuto a superare le difficoltà, più inclusive e/o capaci di essere la “scuola della personalizzazione”.

Quanto evidenzia il Rapporto non può essere una sorpresa poiché tutte le scuole paritarie – laiche e confessionali – hanno uno stile educativo e curano non solo l’apprendimento di conoscenze o l’acquisizione di competenze, ma anche la crescita personale di ogni studente, in collaborazione con le famiglie: il loro Piano dell’offerta formativa (POF) si fonda sul Progetto educativo che qualifica la loro identità. Per collegarmi al primo punto, un aspetto statistico evidenzia la differenza di approccio: ogni anno al 60% degli studenti con disagio viene cambiato, per motivi burocratici, il docente di sostegno impedendo quella continuità didattico-pedagogica che, se è utile a ogni studente, è palese quanto sia ancor più preziosa per uno studente con disagio.

Il passaggio nel Rapporto evidenzia, tra l’altro, un dato relativo agli studenti con certificazione DSA, secondo il quale la percentuale di studenti seguita nelle scuole paritarie supera di 3-4 punti la percentuale di iscritti nella scuola statale con lo stesso disagio. Nella scuola statale, nelle medie come nelle superiori, questi studenti sono il 6,3%, mentre nelle paritarie alle medie sono il 9,6% e nelle superiori il 10,3%. Nelle scuole paritarie, normalmente, seguire uno studente con Disturbi specifici dell’apprendimento non è un adempimento di legge, ma una doverosa e giusta attenzione alla persona che necessita di aiuto per superare le sue difficoltà.

Sono dati che dovrebbero far riflettere il mondo politico e istituzionale, specialmente i detrattori delle paritarie, legati a un’ideologia purtroppo non ancora superata. Lo stesso compianto Luigi Berlinguer, padre politico della legge di parità, in una delle sue ultime interviste affermava: “Non è più il tempo di rivangare ciò che fino a vent’anni fa è stato materia di enorme scontro tra radicali di sinistra e conservatori di destra: non ci sono più distinzioni tra gestori, la scuola ci riguarda tutti”.

Quanto scritto evidenzia l’importanza della presenza della scuola paritaria e il valore pubblico del servizio che offre e di cui gli studenti fruiscono, e ci si renda conto dell’urgenza di mettere a tema interventi che scongiurino il rischio di una sua graduale estinzione. Sarebbe un danno enorme per tutto il Paese.

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