Smaltito il decreto legge sulla scuola che disciplina gli esami di Stato, la valutazione conclusiva del presente anno scolastico 2019/2020 e le connesse procedure concorsuali per l’assunzione di 32mila precari, sulla riapertura a settembre si brancola nel buio. Il decreto rimanda a successive ordinanze e linee guida ministeriali. A proposito di queste ultime, durante il maxi–vertice con cinquanta rappresentanti del mondo della scuola, degli enti locali e delle Regioni tenutosi in videoconferenza lo scorso 4 giugno e presieduto dal premier Conte, la ministra Azzolina non è andata molto oltre le paretine in plexiglass tra i banchi per garantire un’ipotetica maggiore protezione dal coronavirus. La prospettiva di inscatolare gli alunni è stata presa molto sul serio da alcune scuole che già stanno provvedendo a elevare le barriere protettive, ma il resto del mondo si è fatto una sonora risata.



L’alleato di governo dei 5 Stelle, partito della ministra, ha dichiarato per bocca della viceministra Ascani (Pd) che il dibattito plexiglass sì, plexiglass no è fuorviante. Qual è dunque per settembre la linea del Piave piddina? Primo, tornare a scuola in presenza; secondo, individuare spazi aggiuntivi per garantire il distanziamento fra gli alunni. Anche in questo caso, spremi spremi non c’è granché. Quanto ai 4 miliardi che secondo la titolare di Viale Trastevere sarebbero stati mobilitati per la scuola nelle pieghe delle varie leggi prodotte dall’emergenza sanitaria, i conti sono presto fatti: nel Decreto Rilancio c’è solo un miliardo e mezzo di fondi, spalmati su due anni (2020 e 2021) mentre altri due sono stati allocati dal decreto scuola per il digitale. Per il resto, come ha ricostruito il quotidiano Repubblica, si tratta di fondi Pon non spesi o investimenti non ancora autorizzati. La mancanza di stanziamenti messi a disposizione dell’istruzione (e delle assunzioni di nuovo personale) ha indotto i sindacati a promuovere uno sciopero che si è svolto ieri, ultimo giorno di scuola.



Anche il sindacato, tuttavia, non riconosce le proprie storiche responsabilità nell’avere ridotto la scuola a un serbatoio di forza lavoro a basso costo. Il problema sostanziale di tutta la complicata vicenda della riapertura a settembre, ridotta all’osso è la seguente: la politica ancora non si è svincolata dalla tutela del comitato tecnico scientifico che così come ha programmato lo svolgimento degli esami di maturità (distanziamento fisico e misure igieniche), allo stesso modo suggerisce di prevedere la riapertura. La politica e la scienza tuttavia, anziché arrogarsi il compito di decidere della totalità della vita altrui, dovrebbero sapere che la scuola è anche un luogo educativo, anzi “il luogo dell’educazione” (che è altro dalla semplice pratica per cui si fanno circolare delle nozioni). Se fosse solo la seconda cosa (circolazione di informazioni) la didattica a distanza andrebbe benissimo. Invece i ragazzi hanno bisogno di fare esperienza di ciò che apprendono nella dialettica del rapporto conoscitivo. E ciò può avvenire se il maestro/insegnante è fisicamente presente per una buona parte del tempo scuola. Da questo punto di vista, allora, la scuola che verrà, cioè quella che riaprirà a settembre, dovrà essere soprattutto flessibile e capace di educare alla responsabilità personale.



Flessibile, perché le scuole autonome avranno bisogno di organizzare gruppi più ristretti di alunni, orari diversi non più corrispondenti alle schematiche divisioni verticali delle materie, spazi interni ed esterni agli edifici per una didattica più realistica e meno formale. Ci sarà bisogno anche di ampliare l’organico di istituto, magari facendo leva su professionalità educative non ancora utilizzate. Ma molto, tanto, la scuola dovrà fare per suscitare la responsabilità personale di tutti i soggetti coinvolti (insegnanti, alunni, genitori, personale ausiliario) affinché ciascuno si faccia carico della preziosità della propria vita e di quella altrui. Non è forse a questo che ci ha richiamato indirettamente la pandemia? Ci auguriamo di trovare dunque flessibilità e presupposti di responsabilità nelle linee guida per la riapertura. In questa prospettiva, sarà davvero una svolta.  

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