Caro direttore,
l’anno scolastico è terminato, anche l’attività di Portofranco ha concluso la fase di aiuto ai ragazzi e alle ragazze nel percorso scolastico, ma Portofranco non chiude i battenti, continua la sua presenza di supporto agli studenti impegnati con gli esami di maturità e con quelli che dovranno recuperare i debiti che sono stati loro attribuiti.



Un anno significativo, il 2021/2022, un anno in cui si è cominciato a uscire dalla stretta del Covid ripristinando una condizione importante per il cammino educativo, quella del rapporto in presenza, del faccia a faccia in cui si cammina insieme per ritrovare se stessi.

Così quest’anno Portofranco ha ripreso con forza e determinazione la sua presenza con i ragazzi e le ragazze delle scuole superiori ed è scoppiato da subito il grande bisogno che la pandemia ha portato alla luce: quello di un rapporto e di uno sguardo. Certo il bisogno di tipo scolastico, quello di essere aiutati nelle materie scolastiche si è rivelato ancora più stringente, in questi due anni le lacune si sono dilatate, ma riprendendo il lavoro in presenza sulle diverse discipline è venuto alla luce un bisogno che precede e che è decisivo per le discipline. 



Mi sono trovato di fronte a ragazzi e a ragazze che soffrivano di non essere guardati come persone che in questi due anni hanno subito tante ferite, ragazzi e ragazze che avevano la percezione di essere trattati come automi da mettere in riga con i programmi; studenti e studentesse, invece, che semplicemente chiedevano uno sguardo, che domandavano di essere trattati come persone.

Questo mi ha sfidato a guardarli, a non mettere davanti lo sforzo di un recupero in certe situazioni impossibile, ma a tessere pian piano le fila di un rapporto in cui ognuno di loro potesse dire “io sono così” e potesse dirlo non con un senso di colpa, ma in modo positivo. Ripartendo da ognuno, da quello che ognuno era a settembre, si è camminato. Non si sono raggiunti gli obiettivi scolastici? Si è fatto molto di più. Questi ragazzi e ragazze, guardati con una attenzione diversa, hanno trovato un luogo di rapporti in cui la loro persona è stata presa sul serio e ha finalmente iniziato l’avventura della conoscenza. 



Così a Portofranco questi studenti in difficoltà hanno trovato una casa e hanno in questo modo ritrovato una stima verso la propria umanità. Per questo quella di quest’anno è stata un’avventura fantastica, ha ricostruito la condizione della conoscenza, la base dell’imparare, e questa ha un nome: amicizia! Tanto che il primo ad imparare sono stato io, volontario. Questi giovani mi hanno insegnato che per vivere bisogna ripartire da uno sguardo: io, che da loro sono stato chiamato a guardarli, ho scoperto di essere guardato, e grazie al loro sguardo ho vissuto un anno appassionante. 

Vederli oggi dopo un anno con una maggior certezza della loro umanità, cresciuti nello sguardo alla vita e per questo più solidi nelle discipline scolastiche, mi commuove. È il segno evidente che a Portofranco c’è sicuramente in gioco la promozione nelle diverse discipline, ma la questione è molto più profonda: la sfida di Portofranco è quella di riattivare il fascino del vivere.

Un anno, quello del 2021-22, che ha evidenziato quanto sia grande il bisogno, ma nello stesso tempo ha riportato tutti alle origini di Portofranco: non è una tecnica ad affrontare il bisogno, ma la profondità di uno sguardo.

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