Chi lavora nell’ambito scolastico deve riconoscere che la maggior parte dei lavoratori sono precari. Se non ci fossero loro la scuola chiuderebbe i battenti inevitabilmente. Da chi è composto questo esercito di lavoratori? Si tratta di docenti, personale Ata, personale di segreteria che nella migliore delle ipotesi hanno ottenuto un contratto al 31 agosto e possono vantare una certa tranquillità economica. Ci sono poi i meno fortunati con contratti al 30 giugno o fino al termine delle attività e gli ultimi, ovvero quelli con contratti temporanei.
In una gara ad ostacoli sopravvivono ad un reclutamento paragonabile ad una roulette russa e sono fortunati ad aggiudicarsi gli scampoli delle ore residue al più tardi a novembre e nelle sedi fuori città disagiate per la scarsità di trasporti. Chi glielo fa fare?, si è portati a chiedersi. Certamente non la garanzia dello stipendio, dal momento che vengono pagati “regolarmente” in ritardo di mesi. Infatti il sistema di pagamento del ministero dell’Economia va ad esaurimento della quota mensilmente disponibile, e cioè prima va a coprire tutti i contratti al 31 agosto, poi a scalare quelli fino al 30 giugno e di seguito tutti gli altri, con il risultato che alla fine, essendo la disponibilità inferiore alla necessaria copertura, molti lavorano gratis.
Chi li conosce e li frequenta, ovvero tutti quelli che lavorano in ambito scolastico, sa che si tratta di professionisti, talvolta plurilaureati, volenterosi e flessibili in quanto prestano servizio in scuole diverse anche distanti tra loro; talvolta sono giovani ma non così spesso. Quel che è certo è che sono una risorsa insostituibile, spesso vengono “utilizzati” per progetti o attività che altri docenti preferiscono non svolgere ma che loro accettano di buon grado portando una ventata di freschezza e di personalità laddove si ripropongono troppe volte vecchi e collaudati sistemi ormai obsoleti e stantii.
Sono dunque anche disponibili e ricominciano spesso da zero ogni anno, perché non è affatto detto che possano tornare nella stessa scuola e tanto meno nella stessa classe. Pur avendone motivo si lamentano molto meno dei docenti di ruolo che hanno la sicurezza economica e la stabilità territoriale, ma soprattutto hanno un entusiasmo inesauribile ed una passione invidiabili.
Sono una risorsa davvero preziosa non sempre riconosciuta e compresa dai colleghi che pretendono efficacia immediata quando questi faticano ad inserirsi negli ambiti scolastici sempre nuovi. Al primo collegio, quando arrivano i più fortunati, li vedi smarriti a cercare informazioni (ogni scuola ha la sua modulistica, scadenze e modalità organizzative diversissime) e quelli che arrivano ad anno avviato (i più) subentrano in classi che già sono composte e di cui ignorano le dinamiche. Alcune insegnanti che chiameremo “veterane” si prendono a cuore i nuovi arrivi, li informano, favoriscono il loro inserimento e garantiscono in questo modo un buon funzionamento della scuola. Il bello poi è che nascono relazioni durature in cui si maturano scambi di materiale didattico, condivisione di idee e coprogettazioni che danno freschezza e novità dove ce n’è veramente bisogno!
I precari non possono vantare un’esperienza stratificata, che sicuramente è importante nei percorsi didattici e che si matura assistendo a tutto il processo che conduce al conseguimento dei traguardi formativi. A loro non capita quasi mai di poter seguire una classe dall’inizio alla fine essendo “condannati” ad interventi brevi e situazionali, ma possono altresì garantire suggerimenti innovativi e proporre sperimentazioni viste e conosciute nelle diverse realtà in cui hanno prestato servizio.
Ho molti colleghi e colleghe precari, assai preparati, dotati di un’energia inesauribile, che amano la disciplina che insegnano e mettono a servizio degli alunni questa passione con dedizione e umiltà a fronte di sacrifici (sono lontani da casa) e senza la garanzia dello stipendio. Per questo cerco di conoscerli quando arrivano e mi preoccupo di metterli a loro agio, perché sono certa che costituiscano una risorsa e arricchiscano il mio saper fare, talvolta esposto al rischio della ripetizione.
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