Appare sulla stampa e nei notiziari un allarme, a mio parere strumentale e infondato, che prelude alla sospensione delle lezioni il 21 e 22 dicembre. A detta dei presidi citati in varie interviste c’è una forte richiesta di ferie da parte dei docenti per il 21 ed il 22 dicembre. La motivazione sembrerebbe quella di poter tornare a casa prima del blocco, che inizia il 21 dicembre, derivante dal decreto governativo.
Ma esiste davvero il problema?
Cominciamo ad esaminare il calendario delle lezioni negli ultimi giorni prima di Natale. Venerdì 18 dicembre: lezione. Sabato 19 dicembre: fine settimana generalmente libero da lezioni. Domenica 20 dicembre: fine settimana libero da lezioni. Lunedì 21 dicembre: lezione. Martedì 22 dicembre: lezione.
Il decreto governativo prevede attualmente il divieto di spostamenti tra regioni (anche se in zona gialla) dal 21 dicembre al 6 gennaio, nonché quello tra comuni nei giorni 25-26 dicembre e 1 gennaio. Stabilisce comunque che si possa fare sempre rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione.
E distingue:
– La residenza è definita giuridicamente come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale, risulta dai registri anagrafici ed è quindi conoscibile in modo preciso e verificabile in ogni momento.
– il domicilio è definito giuridicamente come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Il domicilio può essere diverso dalla propria residenza;
– il concetto di abitazione non ha una precisa definizione tecnico-giuridica. Ai fini dell’applicazione del Dpcm, dunque, l’abitazione va individuata come il luogo dove si abita di fatto, con una certa continuità e stabilità.
Le tre mete sempre raggiungibili sembrano ritagliate appositamente sul docente precario, che sale dal Sud al Nord e che infatti può muoversi per tornare a casa sua, se ha la residenza al Sud, senza alcuna limitazione. L’unica precauzione necessaria è che se va da una zona rossa ad una gialla deve fare un tampone prima e risultare negativo prima del viaggio.
Tempo fa un’insegnante pugliese spiegava di non avere problemi a tornare a casa dopo il 22 dicembre, ultimo giorno di lezione. L’unica riserva, comunque per lei superabile, sarebbe nata se la Lombardia fosse rimasta in zona rossa. In quel caso avrebbe avuto bisogno di un tampone attestante la negatività al virus prima del viaggio.
Questa situazione sembra superata con la generalizzazione annunciata del colore giallo.
Sempre parlando con altri insegnanti emerge che chiedendo le ferie il 21 e il 22 si guadagnano 4 giorni di vacanza perché si può partire per il Sud cominciando il viaggio da venerdì 18 pomeriggio. Un espediente spesso usato da molti anche in periodi no Covid.
Non per colpa del decreto ma solo delle cattive abitudini è a forte rischio anche il rientro in vista della ripresa delle lezioni giovedì 7 gennaio. Il ritorno prima del 7 gennaio potrebbe tranquillamente avvenire in periodo di blocco (dal 21 dicembre al 6 gennaio) trattandosi di un ritorno al proprio domicilio (la seconda delle tre destinazioni franche) ma con il consueto piccolo espediente di 2 giorni di malattia tattica se ne guadagnano ancora una volta 4 di vacanza. Infatti con il taglio di giovedì e venerdì si porta il week end a 4 giorni.
Una preside ha dichiarato che negando le ferie richieste per il 21 e 22 si rischia il certificato medico tattico in quei giorni. Un’argomentazione che da sola svela il livello di tenuta della disciplina scolastica ed il ruolo stesso dei “dirigenti” scolastici.
Mi chiedo pertanto come mai il ministero e l’ufficio scolastico regionale non intervengano in maniera decisa, tacitando i presidi timorosi e premurosi di assecondare la fuga anticipata come al solito a spese degli alunni.
Certo siamo sempre di fronte alle consuete diatribe che nascono dal carosello nazionale dei docenti e che invano da 50 anni tutti i ministri promettono di risolvere. Niente da fare. Il precariato invece di scomparire si allarga ed i concorsi nazionali invece di essere più tempestivi si protraggono.
Ma la semplicissima soluzione dei concorsi di istituto o di distretto è tabù. È tabù anche l’esternalizzazione delle supplenze che risolverebbe il finto problema del precariato che sempre si consolida con la conseguenza, non solo ben accetta ma forse voluta, delle inevitabili sanatorie e delle immissioni in ruolo ope legis.
Dunque la grande sceneggiata continua. Evidentemente non abbiamo ancora sofferto abbastanza.