Prosegue sulle pagine de Il Corriere della Sera il dibattito sulla scuola. Ad intervenire questa volta è Marco Ricucci, professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Milano, citando l’articolo firmato da Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, autori del saggio “Il danno scolastico“, da poco in libreria, i quali si sono concentrati su una annosa questione: la “misurazione” o valutazione del corpo docente italiano.
Secondo Ricucci, “premiare il merito è cosa sacrosanta e giusta, ma non può essere ridotta, ad esempio, al bonus, cioè una manciata di pochi euro post tassazione, previsto dalla «Buona Scuola» di Renzi“. “I docenti fannulloni, come amava dire il Ministro Brunetta ai tempi di Berlusconi, ci sono“, prosegue il docente di Lettere, che aggiunge: “Mastrocola-Ricolfi, occhieggiando alla figura del preside-sceriffo di renziana impostazione, hanno auspicato «un atto di coraggio» ovvero «di dare ai presidi il potere di sostituire i casi disperati con insegnanti tratti liberamente dalle graduatorie, lasciando al Ministero il compito di decidere che fare con coloro che, per ora, non sono all”altezza del compito“. Secondo Ricucci, però, “in realtà, questa soluzione cozza con la realtà di chi vive la scuola tutti i giorni, nella situazione di oggi“.



RICUCCI: “I MIGLIORI DOCENTI PREFERISCONO FARE CARRIERA NEL PRIVATO”

Il prof. argomenta: “In tutto il Nord del Paese, mancano docenti, soprattutto nella materie scientifiche: i «migliori» preferiscono far carriera nel privato rispetto a un posto fisso malpagato, rispetto alla media europea, anche se osannato in un film di Checco Zalone. La quota 100, oppure l’opzione donna, hanno permesso a molte maestre e professoresse di andare in pensione, o, con più schiettezza, di andare in «fuga» da una scuola sempre più burocratizzata e con carichi di lavoro maggiori di matrice pedagogico-amministrativa, a seguito di una serie di (pseudo)riforme. Una buona parte del corpo docente è composto da migliaia di laureati, privi di una adeguata preparazione professionalizzante per insegnare, o mandati allo sbaraglio, come i concorrenti alla Corrida di Corrado, su migliaia di posti di docenti di sostegno, per seguire alunni diversamente abili, rispetto alla strettissima minoranza che ha seguito un corso iperselettivo di specializzazione post lauream“. Da qui la riflessione di Ricucci: in primo luogo bisognerebbe partire dalle piccole cose, facendole funzionare, e in questo senso il docente cita a titolo di esempio l’assegnazione delle supplenze.



RICUCCI: “ECCO COSA SERVE ALLA SCUOLA ITALIANA”

Ricucci sostiene che “prima di iniziare la caccia alle streghe, è meglio stracciare e buttare nella pira il Malleus maleficarum, cioè liberarsi di vecchi steccati ideologici: insomma, occorre «depoliticizzare» il dibattito, per risolvere problemi strutturali della scuola partendo dall’esistente, sfoltendo per esempio la moltitudine di acronimi dietro i quali si nasconde la «fuffologia» nazional-educativa“. Poi la domanda retorica: “Dobbiamo attendere un Draghi dell’Istruzione?“. Dopo la diagnosi della malatti arriva anche la terapia: “Secondo la felice espressione della Mastrocola-Ricolfi, nella scuola votata al «mainstream tecno-burocratico-aziendale», la didattica, purtroppo, è relegata al (poco) tempo rimasto e alla buona volontà di docenti compilatori e amanuensi. Per avere «bravi» docenti, occorre una seria preparazione universitaria, un percorso di formazione iniziale per apprendere sia a livello teorico le competenze, disciplinari, pedagogiche, didattiche, psicologiche, metodologiche, tecnologiche e riflessive, da applicare, allo stesso tempo, in un tirocinio serio nelle scuole sotto la supervisione di docenti esperti della stessa scuola, come se andassero a bottega: questi, però, dovrebbero avere un riconoscimento economico serio oppure uno «sconto» dal monte ore di servizio. Inoltre, ci vuole un solo canale per essere reclutati e non, come ora, mille modi: chi non entra dalla porta (il concorso ordinario), entra dalla finestra (concorsi riservati, immissioni ope legis, ecc…). Così nella scuola entra di tutto: avvocati in crisi, architetti che hanno chiuso lo studio, donne che vogliono un lavoro realmente compatibile con lo status di madre, sfaccendati, chi è stato licenziato da una industria, chi non lavora più in una casa editrice. E così via. Mentre solo se i futuri docenti saranno adeguatamente formati e selezionati ci potrà essere un rinnovamento reale della scuola italiana e, di conseguenza, della società“.

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