È di nuovo tempo di prove Invalsi, un appuntamento importante per le classi coinvolte nei vari ordini di scuola (seconda e quinta primaria, terza secondaria di primo grado, seconda e quinta secondaria di secondo grado). Come viene vissuto questo momento dai vari attori: docenti, dirigenti e studenti? Che valore hanno gli esiti di queste prove Invalsi e perché si attendono con una certa apprensione?



I docenti tendono storicamente ad opporre resistenza a questo tipo di indagine anche se negli ultimi anni si registra una certa apertura, soprattutto da parte di chi ha iniziato a comprenderne il valore. Sono maggiormente coinvolti coloro che insegnano matematica, italiano ed inglese (le discipline indagate) i quali vedono gli esiti delle prove Invalsi discostarsi inesorabilmente dalla propria valutazione in termini di voto.



Altro elemento di resistenza è la natura delle prove Invalsi, percepite ancora come estranee al proprio modo di insegnare. Ulteriore criticità espressa infine dai docenti è il non poter vedere e commentare con i propri studenti la prova appena svolta perché non viene resa pubblica. Il sistema di autovalutazione cui sono obbligati gli istituti, l’introduzione delle figure di referenti delle prove Invalsi e la mediazione dei dirigenti scolastici hanno facilitato il riconoscimento che questa indagine, in quanto valutazione standardizzata seppur di alcuni apprendimenti (tesa a fornire un’istantanea a distanza regolare della “salute delle scuole”) possa restituire informazioni e dati fondamentali per il piano di miglioramento di ciascun istituto.



Permangono comunque alcune obiezioni. Il rischio della comunicazione degli esiti è quello di prestarsi facilmente ad operare confronti discriminanti non solo fra scuola e scuola ma anche fra Nord e Sud d’Italia, ed insinuare sommessamente la “condanna” dei docenti di disciplina che vedono gli studenti valutati da loro positivamente relegati invece dall’esito Invalsi a livelli inadeguati. Nella prefazione del Rapporto Invalsi dello scorso anno (consultabile online sul sito ufficiale dell’Istituto) si legge infatti “I dati presentati (…) ci restituiscono l’immagine di un Paese diviso rispetto ai livelli medi di risultato. A fronte di una parte del Paese, prevalentemente le regioni centro-settentrionali, che consegue risultati via via migliori e in linea con quelli di altri Paesi, si assiste a un progressivo distanziamento negativo del Mezzogiorno. Tali divari non riguardano soltanto gli apprendimenti in senso stretto, ma anche le opportunità di apprendere. Esse si fanno sempre più disomogenee nel Mezzogiorno, con evidente danno per le fasce più deboli della popolazione”.

Eppure viene assicurato che la funzione principale dell’Invalsi è permettere alle scuole di rinnovarsi facendo leva sui propri punti di forza, in quanto l’indagine “promuove il miglioramento dei livelli di istruzione e della qualità del capitale umano, contribuendo allo sviluppo e alla crescita del Sistema d’Istruzione” (come dichiarato nell’art. 2 dello Statuto relativo alle finalità).

Consideriamo l’aspetto valutativo delle prove Invalsi. Perché l’esito è così determinante? Quando a livello di ogni singolo istituto vengono resi noti i dati e le tabelle relative agli esiti, messi poi a confronto con scuole simili della regione e con il dato nazionale balza all’occhio come si discostino dalle valutazioni finali “interne”. I docenti delle discipline interessate si sentono ingiustamente sotto accusa e lamentano la mancanza se non l’assenza di indicazioni utili per migliorare il livello degli apprendimenti degli studenti. In questo caso non viene minimamente considerata, però, la diversa la natura della valutazione: quella data dai docenti è frutto di un percorso costituito da molti aspetti (una relazione educativa che supera la dimensione dell’abilità in una specifica disciplina) mentre le prove Invalsi misurano le competenze raggiunte in alcuni ambiti delle discipline in linea con le Indicazioni nazionali attraverso test standardizzati.

Come si spiega dunque che molto spesso il voto della disciplina non rispecchi l’esito Invalsi? Con l’indagine viene somministrata allo studente una prova prodotta da altri, con richieste diverse (cioè, non con la modalità consueta ed abituale). Questo basterebbe a spiegare in parte perché studenti generalmente bravi in situazione non lo siano altrettanto nella prova nazionale. Inoltre, le verifiche in itinere predisposte dai docenti possono prevedere facilitatori in base alle esigenze dell’alunno: si procede ormai da anni verso una personalizzazione degli apprendimenti oltre ad azioni di recupero e rafforzamento per garantire il successo formativo.

Inoltre dopo lo svolgimento della prova Invalsi non c’è modo di riflettere con gli studenti sul contenuto dei quesiti, sulle difficoltà riscontrate e sulle modalità operative dal momento che non sono rese pubbliche, come già accennato.

Riflettiamo ancora sul valore della prova nazionale per chi dirige la scuola. Avere accesso a tutti i dati raccolti da Invalsi relativamente alla scuola presieduta è di fondamentale importanza per i dirigenti al fine di individuare aree di fragilità e punti di forza. Vengono restituiti, tra gli altri, due particolari valori: a partire dal 2016 il cosiddetto Effetto scuola, ovvero il contributo dell’istituto scolastico al cambiamento del livello di competenze degli allievi, e la dispersione implicita, che indica la quota di studenti considerati a rischio in quanto non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenza attesi. A partire dai dati trasmessi diventa possibile ipotizzare traguardi di miglioramento da perseguire con la progettazione di azioni e strategie mirate. I dati Invalsi costituiscono inoltre una fonte preziosa e autorevole di informazioni da inserire nelle relazioni per ottenere fondi esterni (pubblici come PNRR o privati come istituti di credito e altre aziende) da utilizzare ai fini del miglioramento.

Non resta che occuparci di chi è direttamente coinvolto nella prova ovvero chi la svolge. Come viene vissuto dagli studenti lo svolgimento del test?

Sostenere la prova nazionale è requisito obbligatorio di ammissione agli esami di Stato, pertanto, per gli studenti alla fine del primo ciclo di istruzione (grado 8) e i maturandi (grado 13), in ogni caso l’esito è ininfluente sulla valutazione finale. Se da un lato si è sollevati dall’ansia da prestazione, aspetto assolutamente positivo, d’altro canto si corre però il rischio di sottovalutare l’importanza delle prove nazionali Invalsi e alimentare il disinteresse affrontando il test con scarso impegno.

Ecco, dunque, l’aspetto che è necessario promuovere: la motivazione. Si tratta inevitabilmente di una catena consequenziale: l’ente nazionale coinvolge in modo convincente dirigenti e docenti che a loro volta trasmetteranno il valore di tali rilevazioni agli studenti. Tale meccanismo virtuoso si può mettere in moto suscitando interesse a livello di tutti i soggetti coinvolti, attraverso un’apertura al dialogo che allontani i dubbi e aumenti il grado di consapevolezza dell’importanza delle rilevazioni nazionali. In effetti grandi passi sono stati compiuti in questa direzione da Invalsi. Il sito è stato modificato e con Invalsi Open è possibile trovare risposta a molte curiosità e dubbi rispetto a svariati aspetti (l’individuazione dei livelli, la costruzione degli item, la lettura dei punteggi, il quadro di riferimento). Sono stati organizzati molti seminari di approfondimento sempre più accessibili ad un gran numero di partecipanti ed offerti corsi di aggiornamento (gratuiti, disponibili sulla piattaforma ministeriale) giunti ormai alla settima edizione.

È un segnale confortante per i docenti potersi confrontare con i ricercatori dell’Invalsi, sapere che si può accedere agli esiti tramite delle apposite credenziali (concesse dal dirigente su richiesta per evidenti motivi di privacy). È possibile colmare la distanza e la diffidenza nutrita negli anni dalla mancanza di indicazioni chiare, scarso coinvolgimento e poca fruibilità dei dati spesso inaccessibili. Il corso fornisce indicazioni a livello generale sull’evoluzione della prove nazionali Invalsi, permette di orientarsi nell’interpretazione di dati, grafici e tabelle anche a chi ignora la statistica ed informa sulla normativa, sulla costruzione delle prove Invalsi, la lettura dei punteggi oltre ad offrire la preziosa opportunità  di un contatto diretto tra gli esperti e i docenti. I seminari sono un’occasione privilegiata per confrontarsi su temi  particolari, avvengono in piccolo gruppo , necessariamente in presenza e consentono di raccogliere esperienze, osservazioni e suggerimenti in modo da arricchire le buone pratiche.

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