Le rilevazioni nazionali (o prove Invalsi), anche se non condizionano l’ammissione né la valutazione dell’esame di Stato, sono forse il momento più atteso per insegnanti e studenti, dal momento che costituiscono l’unico strumento (ammettiamolo, potente) che permette un confronto con la media nazionale.
Nell’ultimo anno della secondaria di primo grado si esaminano la capacità di comprensione di un testo in italiano (oltre a conoscenza grammaticali e lessicali), le abilità di calcolo, di strategia e problem solving nell’ambito scientifico/matematico e la conoscenza della lingua inglese attraverso prove di listening e reading.
Gli esiti delle prove vengono resi noti l’anno successivo. Il dato significativo che emerge è che nell’ultimo periodo si è registrato un peggioramento delle prestazioni in quasi tutte le discipline sondate.
Le classi sono lo specchio della società e viviamo in un contesto in cui le provenienze culturali e la storia personale portano a una forte disomogeneità. Questo a mio avviso è il punto sul quale dobbiamo riflettere per valutare l’efficacia o meno delle prove invalsi.
Le differenze possono derivare dalla provenienza da una scuola primaria più o meno performante, dal substrato culturale e socio-economico delle famiglie; molti, ad esempio, sono gli alunni nati in Italia da genitori stranieri, pertanto regolarmente scolarizzati sul territorio ma con difficoltà di comprensione della lingua per carenze lessicali, scarsa conoscenza delle strutture.
Difficoltà analoghe anche se meno gravi si registrano anche per i nativi italiani in quanto si legge troppo poco, il lessico è per lo più basico quando corretto e l’espressione orale è, salvo alcuni casi, frammentaria, poco coesa e scarsamente efficace rispetto allo scopo comunicativo.
Spesso mi trovo costretta a proporre ben 7 tipologie di verifiche per circa 20 studenti per cercare di differenziare le richieste in modo da stimolare i più bravi e permettere allo stesso tempo una crescita adeguata ai ragazzi che fanno più fatica.
Naturalmente i quesiti delle rilevazioni Invalsi non possono essere differenziati, ma l’interpretazione del dato ottenuto è filtrato dalla lente che tiene conto della differente provenienza culturale?
I quesiti proposti sono adeguati ai livelli alti e medio-alti di apprendimento presenti in ogni classe (questione di fortuna, anche se in numero ridotto rispetto alla totalità dei membri, 4/20 con una stima in eccesso nella mia esperienza), il problema si pone per l’altra componente scolastica, che è peraltro la maggioranza.
Certo ottenere ottimi punteggi alle prove Invalsi con studenti le cui famiglie non hanno disagi culturali, magari papà e mamma sono laureati, di un ceto sociale elevato non è proprio una perfomance da standing ovation. Diverso invece è in una classe dove gli studenti stranieri sono il 70% della popolazione con genitori che soffrono di difficoltà di inserimento lavorativo.
La tendenza evidenziata è confermata dai dati dello scorso anno relativi all’ottavo grado (terza media), dove “A livello nazionale arriva a risultati almeno adeguati solo il 61% degli studenti per quanto riguarda l’italiano, il 56% per matematica, il 78% per la lettura in inglese e il 62% per l’ascolto in inglese”. Se consideriamo nello specifico le migliori prestazioni, ci accorgiamo che le eccellenze non superano il 5%, un dato che rispecchia in pieno l’osservazione della composizione disomogenea della classe per livello di apprendimento.
La rilevazione nazionale è preceduta dalla somministrazione di un questionario che mira a conoscere alcuni aspetti culturali (provenienza, grado di istruzione dei genitori) ma poi ai fini della restituzione questi dati seppur raccolti non influiscono sulla differenziazione delle situazioni. A quale scopo si somministra il questionario sulla provenienza dei genitori e sulla caratterizzazione della platea se poi questi parametri non si riflettono nel quadro che poi viene reso noto?
Le singole scuole, al loro interno, hanno la possibilità di operare un confronto triennale o quinquennale sui dati emersi via via nello stesso istituto scolastico per autovalutarsi, ma a livello nazionale non viene rilevata questa eventuale osservazione.
Ogni anno assistiamo al verdetto implacabile che condanna gran parte della popolazione scolastica al non raggiungimento degli standard auspicati, si sbandiera l’insuccesso e la vergogna ma non si indicano strategie riparatorie o suggerimenti didattici.
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