Anche quest’anno la rilevazione degli apprendimenti degli studenti italiani predisposta dall’Invalsi ha reso pubblica una situazione purtroppo nota e, ahimè, ancora una volta deludente, complice, secondo gli esperti, la chiusura per quasi due anni delle scuole a causa del Covid e la conseguente grave irregolarità delle lezioni. I giornali hanno ampiamente dato notizia di situazioni gravide di un futuro di ignoranza: soltanto uno studente italiano su due si presenta all’esame di maturità con una preparazione almeno sufficiente in italiano e matematica, meglio negli istituti del Nord (che riescono a galleggiare a fianco dei coetanei dei Paesi dai dati più lusinghieri), molto peggio nelle scuole del Sud.
Alta non solo la dispersione ufficiale, ma anche il fenomeno del cosiddetto basso rendimento o dispersione implicita degli studenti che raggiungono finalmente il sospirato diploma, ma è come se avessero lasciato libri e lezioni due o tre anni prima. Non pochi studenti dopo 13 anni di vita scolastica, infatti, stentano a capire quello che leggono. Anche la scuola primaria, fino ad ora immune dai mali dell’istruzione secondaria, comincerebbe a scricchiolare. L’unico dato positivo è il miglioramento della lingua inglese, ma c’è da chiedersi se esso sia un effetto scolastico e non piuttosto dovuto alla sempre maggiore familiarità dei giovani con le tecnologie, ove senza la conoscenza dell’inglese non si va da nessuna parte.
A forza di dati plurimi ripetuti e tendenti a un preoccupante ribasso, l’opinione pubblica sembra ormai assuefatta a ricevere senza colpo ferire le secchiate d’acqua gelida che una volta all’anno giungono dai dati Invalsi e che qualche bello spirito vorrebbe risparmiarsi come nel caso del movimento (per fortuna in calo) dei docenti no-Invalsi.
A differenza di quanto è accaduto in numerosi Paesi con dati scolastici negativi analoghi ai nostri, finora nessun serio tentativo è stato fatto per porre rimedio alle carenze denunciate da Invalsi. Qualche articolo di giornale, qualche dibattito tra esperti, l’impegno, con molte e auliche espressioni, che non si può accettare che “l’Italia sia divisa in due e tanto meno che il Paese possa fare finta di niente” mentre una parte dei suoi giovani cresce senza padroneggiare le conoscenze e competenze indispensabili per potersi definire un “cittadino consapevole” e, dunque, capace di portare il proprio contributo alla vita civile, sociale ed economica.
Come abbiamo più volte richiamato su queste colonne una decisa azione a sostegno delle scuole dai risultati meno soddisfacenti (scuole “deboli” per varie ragioni: spesso dislocate in contesti socialmente deprivati con alto turn over di docenti e dirigenti, alte bocciature e forte assenteismo, entrambi fenomeni antefatti di una dispersione incontrollata, pratiche didattiche assai tradizionali) costituisce l’unica seria strategia per sperare, nel giro di qualche anno, di invertire la situazione. Ma finora, nonostante la realtà fosse di fronte agli occhi di tutti, un velo di silenzio ha sempre accompagnato tutti i tentativi per mettere in campo iniziative migliorative già lungamente ed efficacemente sperimentate altrove e su cui esistono studi e rapporti di ricerca che occupano scaffali di biblioteche. Una grave responsabilità pesa su quelle forze politiche e sociali che in nome dell’egualitarismo delle scuole (e a tutela dei docenti) hanno di fatto impedito qualsiasi politica volta ad aiutare le scuole in maggiore difficoltà.
Finalmente qualcosa sembra si stia muovendo. Il ministro Valditara ha annunciato nei giorni scorsi il prossimo avvio del progetto “Agenda sud” il cui ambizioso scopo è quello di creare le condizioni per migliorare i risultati degli apprendimenti degli studenti del sud e in tal modo accorciare la distanza tra le attuali due Italie scolastiche. L’aspetto più interessante di “Agenda sud”, che si propone di intervenire a vasto raggio dall’edilizia al coinvolgimento delle famiglie e delle comunità locali, riguarda una sperimentazione biennale che interessa inizialmente circa 200 istituti, primari, secondari di I e II grado, individuati dall’Invalsi come particolarmente fragili. Per ora si tratta di scuole in prevalenza situate in Calabria, ma la sperimentazione, nelle intenzioni. del ministro dovrebbe presto estendersi anche in altre regioni meridionali.
Le azioni di miglioramento previste nell’ambito della sperimentazione, da realizzare con il sostegno degli esperti dell’Invalsi, spaziano su un vasta serie di azioni concrete: prolungamento dell’orario scolastico con l’estensione del tempo pieno, attività integrative pomeridiane per gli istituti secondari, potenziamento dell’insegnamento nelle discipline base (italiano, matematica, inglese) con adeguato rafforzamento dell’organico, introduzione di modalità didattiche innovative e personalizzanti. Un protocollo di intervento che ricalca i modelli di miglioramento già collaudati altrove.
Se ci è permessa qualche rapida osservazione sulla base delle iniziative sul miglioramento scolastico condotte dal 2013 al 2021 nell’ambito delle attività della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo di Torino, perché la sperimentazione ministeriale abbia probabilità di successo occorre che siano rispettate almeno due condizioni base.
La prima è che sia garantita per l’intero biennio la stabilità dei docenti e della dirigenza. Nulla è più destabilizzante in questi casi della rotazione del personale perché, quando questo accade, gli equilibri già consolidati rischiano di essere rimessi in discussione con l’eventualità che il lavoro già svolto perda di continuità. La seconda riguarda le modalità con cui gli esperti accosteranno le scuole. Sarà molto importante curare empaticamente l’accompagnamento delle scuole sia sul piano generale (nessuna scuola ama rientrare nella categoria della mediocrità e spesso i capi istituto sono restii ad ammettere le debolezze dell’istituto che dirigono) sia nell’introduzione di nuove metodologie didattiche da attuare con paziente gradualità. La preoccupazione principale dovrà dunque essere quella di porsi a disposizione come esperti-facilitatori e non come esperti con in tasca la soluzione di ogni problema.
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