Anni fa ebbe molto successo un’applicazione denominata “Second Life”: in pratica permetteva a tutti noi di assumere un’identità a piacere, pure di altro sesso, e di vivere con essa un mondo parallelo a quello reale.
Dopo pochissimi anni, siamo arrivati a superare il concetto stesso di apparenza, e una crescente dipendenza dal web, soprattutto via cellulari e “social network”, ha cambiato la vita di moltissimi. Specie delle generazioni più giovani, che si sono allontanate dalla realtà e immerse in tante vite virtuali parallele o addirittura predominanti rispetto alla loro vita reale.
Paolo Rossitto è insegnante di educazione fisica nell’Istituto Massimiliano Massimo, della Compagnia di Gesù di Roma, famoso in tutta Italia perché tra i suoi allievi ha avuto anche l’attuale primo ministro Mario Draghi. Da quattro anni a questa parte Rossitto, oltre ad organizzare il pellegrinaggio a Santiago de Compostela con i suoi allievi, ha incluso nella sua attività esperienze di incontri tra i suoi ragazzi e associazioni di volontariato di vario genere nelle quali, oltre a prestare la loro opera, i giovani vengono messi a contatto con situazioni che spesso li colpiscono perché sconosciute, anche se appartenenti al mondo che li circonda. Ne è nata una molteplicità di incontri e vere esperienze che ha cambiato le loro vite.
Ci può raccontare come è nata la sua esperienza?
La mia crescita formativa, che mi ha sempre visto in prima linea in tutte quelle attività rivolte al prossimo, inizia da bambino con lo scoutismo. Ho sempre cercato poi da adulto, soprattutto con l’esempio, di far capire ai miei alunni l’importanza di “mettere” fuori il proprio baricentro e di avvicinarlo il più possibile all’umanità che in quel momento stai incontrando. Il mio motto, se così si può chiamare, è che quando ci si muove in gruppo esiste solo il “noi”. L’io deve progressivamente arretrare per fare spazio agli altri. E quindi quando sono entrato in istituto e ho visto le proposte di un percorso strutturato di formazione per gli alunni dei licei, ho deciso di parteciparvi in prima persona per dare il mio contributo. Dalle esperienze di condivisione e capacità di relazione dei primi anni si arriva al quarto anno a far vivere ai ragazzi quella che viene da tutti noi chiamata la settimana sociale. Quest’anno, a causa del Covid, abbiamo coinvolto tutti i nostri ragazzi nell’incontro e nella conoscenza della Cooperativa sociale “ Al di là dei sogni” di Sessa Aurunca.
Quali problematiche ha riscontrato nei suoi allievi rispetto alla loro realtà di vita?
La forte esperienza della settimana sociale pone i ragazzi diciassettenni davanti a delle realtà lontane dal loro vissuto “romano”. Non immaginano neanche lontanamente che certe vite possano essere state così crude e dure sin dalla giovane età. Il lavorare con le persone della cooperativa, trascorrere intere giornate con loro ascoltando le esperienze di droga, carcere ed ospedale psichiatrico e vedere come si stanno riscattando da tanta “bruttezza” pone ai ragazzi delle forti domande. Molti di loto partono con forti pregiudizi.
Ad esempio?
Chi sbaglia una volta paga per sempre e non potrà più dare il suo contributo sociale. Errore: non è affatto così.
E come procede?
Al termine dell’esperienza le idee di partenza sono ribaltate ed alcuni alunni addirittura chiedono “scusa” per aver pensato e detto certe cose. Si creano un’apertura e una condivisione talmente forti che alcuni mi chiedono di restare e non voler tornare a casa. Incredibile ma vero. Ebbene, sono terribilmente orgoglioso di poter aiutare questi ragazzi a vivere esperienze così, che si porteranno dietro per tutta la vita.
Suppongo che tra le esperienze affrontate ci siano anche quelle di un contatto con l’emarginazione delle classi più deboli dalla nostra società. Cosa può dirci?
Brividi e lacrime… inizio dalla fine. Questo è quanto accaduto l’ultimo giorno della settimana sociale. Chi aveva seguito i miei ragazzi per tutto il periodo stando al loro fianco, ha raccontato loro dell’esperienza di Scampia: cosa significa nascere e crescere a Scampia, cosa significa avere a 17 anni tanti soldi in tasca ed andare via da casa urlando in faccia al padre che è un fallito perché ancora fa un lavoro onesto e non cede allo spaccio di droga; e poi come funzionano le segnalazioni della polizia e i depositi di droga a Scampia. E poi, il carcere. Cosa vuol dire cercare di riscattarsi ed essere ostacolato dagli altri, sentirsi diverso anche in carcere; sapere che sono andati a casa di tuo padre e lo hanno minacciato perché tu in carcere non stai dalla parte loro; cercare di fare di tutto per imparare un mestiere perché forse un giorno potrebbe esserti utile. Ed infine la possibilità di entrare in Cooperativa dove giorno per giorno tutto cambia e diventi uno di loro con un tuo stipendio, diventi un loro socio! Sembra una favola, ma questa favola ha smosso i cuori dei miei alunni. Li ha fatti crescere, perché questo è quello che dobbiamo fare, dargli l’occasione di crescere. Ha eliminato in loro tanti pregiudizi e li ha impegnati a raccontare la loro esperienza per dare ad altri brividi e lacrime.
Come si è preparato per affrontare questa esperienza di insegnamento?
A 62 anni, con tanti anni di esperienza nel sociale e nell’insegnamento, le due strade spesso si affiancano e si fondono. Ti prepari stando sempre immerso nel mondo giovanile, un mondo in continua evoluzione che la pandemia ha in gran parte modificato. Partecipare a corsi di formazione, leggere, ascoltare, parlare con i ragazzi, cogliere ogni piccolo segnale ogni minima sfumatura ti permette di poter essere da loro “riconosciuto”. I nostri ragazzi hanno bisogno di adulti certi e sicuri del loro essere; essere docenti, in questo caso. Non hanno bisogno di “adultescenti”, sarebbe l’errore più grande. Un errore che non aiuterebbe loro a crescere. Ecco così mi preparo giorno per giorno, un professore/adulto tra i ragazzi.
Quali sono le ragioni esterne di questa riuscita?
Il mio “costruito” è parte di un lavoro di squadra di tutte le componenti scolastiche, che insieme a me cercano di offrire esperienze di formazione dove ci si mette totalmente in gioco. Nonostante la pandemia i nostri sforzi sono rivolti a dare stabilità a queste esperienze formative; magari tutte le scuole potessero offrire spunti di crescita così!
Perché non avviene?
Troppi problemi di carattere burocratico bloccano sul nascere esperienze simili. Basti sapere che in alcune scuole statali di Roma gli alunni fanno sciopero contro i docenti che si rifiutano di accompagnarli nelle visite d’istruzione perché non se la sentono di assumersi la responsabilità di un gruppo di minori. Figuriamoci come può configurarsi una settimana sociale a raccogliere zucchine e peperoni parlando di carcere ed ospedale psichiatrico. Credo che i nostri alunni siano in questo assolutamente fortunati nel trovare in noi uomini e donne realmente disposti ad aiutarli a crescere!
Prospettive di future iniziative?
Dieci, cento, forse mille sono le idee che abbiamo a riguardo. Intanto ci godiamo il buon esito della settimana sociale di quest’anno. Sicuramente il prossimo marzo 2022 quando si stilerà il calendario delle attività scolastiche e del percorso di formazione saremo pronti ad individuare nuove vie e nuove formule perché la nostra attenzione è costantemente rivolta a formare in qualsiasi modo e a qualunque costo, oltre a degli alunni preparati verso una loro vita professionale, degli uomini e delle donne per gli altri.
(Guido Gazzoli)
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