Nella stimolante e interessante esperienza di membro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza di cui faccio parte da quest’anno, in coincidenza con la pandemia e con il distanziamento sociale che stanno segnando le nostre esistenze, i gruppi di lavoro nei quali si articola l’organismo hanno valutato l’impatto dell’emergenza e le conseguenti misure da adottare per garantire ogni forma di tutela del benessere psicofisico e di recupero della relazione emotiva dei bambini, dei ragazzi, dei giovani.
Come prevede la normativa vigente, l’Osservatorio è la sede istituzionale nella quale un’ampia rappresentanza della società civile coinvolta nelle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza ha il compito di predisporre documenti organici da indirizzare al Governo, sia sulla base delle esigenze rilevate in relazione alle diverse realtà territoriali, sia sulla scorta di iniziative già intraprese dal Governo stesso. In tal senso i vari gruppi di lavoro hanno promosso un focus su sinergie territoriali e in particolare sui patti educativi di comunità. Quei patti che possono rappresentare la chiave di volta nella gestione delle criticità dei processi formativi coinvolgendo risorse umane e professionali ad ampio spettro.
La comunità educante che stringe patti è una comunità che educa attraverso percorsi vari e ampi, è una comunità che si pone come risposta alla complessità, fatta di diverse opportunità formative, ma anche di rischi e potenziali discriminazioni, del contesto sociale. Si tratta di complessità che si determinano per cambiamenti e discontinuità insiti nello stesso contesto sociale. Proprio la cooperazione strutturale, e non correlata a un’esigenza emergenziale, tra diversi soggetti istituzionali può proporsi di far convergere l’impegno delle singole parti verso quell’obiettivo principe, da perseguire in ogni tempo e in ogni forma, rappresentato dai processi di educazione e formazione dei giovani a partire dall’infanzia fino all’adolescenza ed anzi in una prospettiva di lifelong learning.
Tali legami cooperativi possono rendere più forte la dimensione che notoriamente si configura come “debole” della società complessa. La scuola, sistema aperto in quello che a sua volta si configura come rete sociale e civica, diviene sempre più snodo formativo cruciale, fondante ma non esaustivo.
I patti di comunità hanno la finalità di promuovere ambienti di accoglienza, di confronto, di collaborazione, di crescita e stimolano quell’imparare-a-essere che porta, con gradualità ma con determinazione, all’identità consapevole. Grazie ai patti educativi, il focus nazionale ha anche rivolto la sua attenzione ai patti di corresponsabilità, dichiarazioni di impegno reciproco tra scuola e famiglia, che si espandono al territorio là dove appunto la scuola considera di promuovere articolazioni formative anche grazie alle opportunità peculiari secondo una progettazione stabile.
Anche gli enti coinvolti, associazioni, istituzioni culturali o altro, definiscono a loro volta dei patti di corresponsabilità con le scuole. È agevole la deduzione: le famiglie vengono investite da una duplice rete di supporto, quella diretta (patti scuola-famiglia) e quella indiretta (patti scuola-associazioni). Questo sistema integrato e aperto ad un tempo, circolare e condiviso porta ad una formazione costante, al confronto, al fare insieme.
Un patto di comunità dovrebbe partire come premessa da un percorso tematico che faccia da catalizzatore rispetto naturalmente alle scuole coinvolte, alle associazioni, agli istituti culturali. Potrebbe basarsi su un raccordo in verticale tra scuole di ordine diverso fino al livello universitario e istituzioni culturali di riferimento.
Le esperienze a livello nazionale sono varie in relazione anche alle differenze territoriali: il monitoraggio delle buone prassi consentirà che tante voci riescano ad armonizzarsi in un unico coro. Sempre polifonico.