Per un paio di mesi Kevin (il nome è di fantasia) è andato al doposcuola gratuito gestito da Portofranco nel quartiere popolare “Cappuccini” di Catania con il cappello calato sugli occhi e cercando di schivare lo sguardo di coetanei e volontari. Sembrava un moderno Rosso Malpelo, il personaggio della omonima novella di Giovanni Verga, che l’autore dipinge come “un monellaccio (…) che tutti schivavano come un cane rognoso”. Kevin se ne stava sempre in disparte. Ascoltava il volontario che lo seguiva nei compiti senza dare alcun segno di vita. Aveva vergogna di sé. Non sapeva esprimersi bene in italiano, pur essendo un cittadino del nostro Paese. Non si fidava di nessuno, perché lui e la sua famiglia avevano subìto molti torti.



Carmela (nome di fantasia), invece, arriva al doposcuola sempre accompagnata dalla madre. Frequenta la quinta elementare, ma a stento riesce a mettere la firma. A scuola si giustificano: la ragazza non segue e i docenti non possono bocciare. Nessuno che si sia preoccupato mai di capire che problemi abbia, che si sia preoccupato di indagare sulla situazione familiare, di quanti fratelli e sorelle abbia, di dove viva e con chi.



Sono solo due casi dei tanti che popolano i quartieri popolari di Catania. Ma al contrario di Rosso Malpelo, che “non aveva – scrive Verga – nemmeno chi si prendesse tutto l’oro del mondo per la sua pelle, se pure la sua pelle valeva tanto”, questi ragazzi e queste ragazze hanno trovato qualcuno che si occupa di loro, che li chiama per nome, che parla con le rispettive famiglie e le sostiene.

Kevin oggi ha finalmente messo da parte il cappello, guarda negli occhi il volontario che lo segue nel doposcuola e si racconta e si fida. Carmela, invece, sta cominciando un percorso con una neuropsichiatra infantile. Tornano in mente queste storie durante una festa realizzata nella Casa della Carità di via Raciti a Catania per ricordare un ragazzo del quartiere Cappuccini, Maicol, che in questi giorni avrebbe compiuto 18 anni e che, invece, in un incidente avvenuto pochi mesi fa, ha perso la vita. Il salone e il cortile sono pieni di ragazzi e di famiglie del quartiere: ci sono anche il parroco (fra Augusto, cappuccino), i volontari dell’Associazione Cappuccini e di Portofranco e i responsabili dell’Asi (Associazioni sportive italiane). E ci sono anche i parenti del giovane Maicol. Il cugino Giuseppe, commosso, ricorda: “In questo luogo ho trascorso i giorni più belli della mia vita”. “Maicol – racconta Giovanni Tedeschi, insegnante e presidente dell’Associazione Cappuccini – veniva al doposcuola con i suoi fratelli e cugini. Qui quei ragazzi hanno scoperto un punto di bellezza, un luogo in cui sentirsi a casa”.



E la neuropsichiatra infantile Eleonora Paladino, che nell’ultimo decennio ha trattato centinaia di minori del quartiere, spiega che “alla radice delle difficoltà di tanti ragazzi vi è la solitudine. Questi ragazzi non sperimentano la gioia perché non hanno spesso persone con cui condividere la loro vita. Perciò non bastano i progetti, i provvedimenti giudiziari, abbiamo bisogno di trovare nel quartiere contesti positivi, punti di luce come questo dell’Associazione Cappuccini”.

I numeri e le percentuali del Rapporto Bes 2023 (sul benessere equo e sostenibile), presentato di recente alla stampa, ripropongono dati allarmanti sulla Sicilia che mantiene il primato nazionale degli alunni in “uscita precoce dal sistema della istruzione e formazione”: 17,1% contro il 5,6% dell’Umbria. Ma questi dati non rendono ragione delle storie personali dei tanti Kevin e delle tante Carmele che popolano l’isola. E neanche dei tanti volontari che, nonostante l’indifferenza delle istituzioni, si fanno loro compagni di cammino.

Basterebbe una piccola osservazione, in questi giorni in cui si litiga tanto sull’autonomia differenziata e sulle diseguaglianze fra Regioni italiane. Come scrive Ferruccio de Bortoli, basterebbe che si prendesse atto che l’azione “più efficace per ridurre le diseguaglianze è una sola: l’istruzione”. Una istruzione, però, messa in atto da educatori capaci di prendersi cura dei loro allievi e accompagnata da luoghi in cui questa accoglienza sia praticata stabilmente e visibilmente.

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