Caro direttore,
ad ogni inizio anno i riflettori si accendono sulla scuola. Qual è il problema di fondo che mi pare essere il punto critico per non affrontare in maniera decisiva ciò che di problematico ha la scuola italiana?
Potremmo, per esempio, menzionare gli ultimi topic che hanno tenuto banco sulle pagine del Sussidiario: l’introduzione delle soft skills oppure la formazione iniziale del docente di sostegno. Eppure, il lettore che non è un addetto ai lavori rischia di perdere la bussola, smarrendosi di fronte a singole specificità tecniche offerte da chi ha invece un quadro più completo perché opera al suo interno. Occorrerebbero uno Stop e un Rewind, come vi era scritto sui tasti dei registratori analogici del tempo andato. E in modo provocatorio ripartire da alcune verità che, per essere state troppo ripetute, sono ormai finite nel cono d’ombra della dimenticanza.
Repetita iuvant: secondo le ultime rilevazioni internazionali del 2024, l’Italia investe il 4,2% del suo Pil nell’istruzione, che è inferiore alla media Ocse del 5,1%. La spesa per studente è di 11.400 Usd, rispetto alla media Ocse di 12.600 Usd. Oltre ad avere il corpo docente più anziano forse del mondo, e probabilmente il più alto numero di docenti di sostegno perlopiù non specificatamente preparati e formati ma improvvisati, per alunni e alunne con disabilità, a livello planetario, il Belpaese presenta un tasso di Neet notevolmente più alto rispetto alla media Ocse, indicando difficoltà maggiori nella transizione dalla scuola al lavoro o alla formazione continua: il 24,6% degli uomini e il 23,6% delle donne nella fascia di età 18-24 sono Neet, mentre la media Ocse è 14% degli uomini e il 15,5% delle donne.
Se per un attimo richiudiamo il vaso di Pandora nel dare uno schizzo impressionistico della situazione odierna della scuola italiana, c’è un dato generale preoccupante: secondo l’Istat prosegue il calo delle nascite nel 2023, in quanto dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). La domanda è: ma a chi faranno lezione, se prosegue questo trend, tutti i docenti assunti in questi anni?
Seguire con attenzione tutte le dinamiche della galassia-scuola è certamente impegnativo. In molti casi inutile, in altri stimolante, come nel caso dell’articolo di Stefano Quaglia dedicato all’autonomia scolastica. Dal suo scandaglio risulta evidente, e chiunque lavora nella scuola potrebbe confermarlo, che all’interno dell’establishment del mondo scuola ci sono “lobby” di potere e interesse che fanno da freno-motore per un vero e profondo cambiamento interno, al di là del restyling che ogni ministro dell’Istruzione tenta di fare con sporadiche riforme.
Ma più che di riforme e innovazioni tecniche, la scuola oggi ha bisogno di tempo per guardarsi al suo interno e oliare gli ingranaggi dei suoi meccanismi funzionali, al fine di trovare modalità organizzative per “efficientare” ciò che dovrebbe essere (e non è). Ad esempio, per cominciare al meglio occorrerebbe avere tutti le posizioni di dirigenti scolastici, personale amministrativo e personale di segreteria al completo: ma così non è… Ancora: chi scrive non è l’unico docente a chiedersi come si dovrebbe insegnare quel pacchetto di “competenze” che sono le soft skills (character skills, non cognitive skills, socio-emotional skills) ad alunni che stentano a capire un testo e scrivono male in lingua italiana.
A mio avviso la scuola ha bisogno di tempi lunghi per metabolizzare le riforme; si rischia invece un corto circuito se non un vero e proprio black-out per “sovraccarico”. Sebbene mi sia occupato di questioni generali e tecniche della scuola come di questioni legate alla didattica delle mie discipline, devo confessare che mi trovo spesso “disorientato” di fronte al proliferare di riforme, innovazioni, strategie, metodologie, senza che mi venga chiarita da chi di dovere la missione della scuola italiana nel mondo di oggi. Missione che dovrebbe anche – ma non solo – riflettere l’idea o il progetto di sistema-Paese che vogliamo per i prossimi anni.
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