Chiudere tutte le scuole in presenza è la soluzione più semplice, ma sicuramente non è la più utile per i ragazzi. Anche se spesso al dibattito pubblico sfugge, noi sappiamo che la scuola è fatta per i ragazzi, non per altro.

Per questo la linea Draghi di tornare alla didattica a distanza solo nei casi in cui è indispensabile, è una linea di buonsenso. Ciò non vuol dire ignorare le preoccupazioni di dirigenti scolastici, dei loro collaboratori e di tutto il personale della scuola: i problemi che incontrano sono reali e condividiamo la necessità di semplificare le regole – o almeno non cambiarle troppo spesso, ma soprattutto fornire strumenti utili a rendere meno problematica la gestione dell’emergenza.



Non nascondo, così come non li nasconde il governo, i problemi organizzativi e le difficoltà, tutte reali. Eppure, non posso nascondere prima di tutto a me stesso che la proposta di Dad indifferenziata e per settimane – che poi diventavano mesi – non aiutava affatto. Faccio un esempio. Chi quest’anno dovrà affrontare la maturità, se torna la Dad, rischia di fare, nel triennio, più scuola davanti a un video che in presenza. Ci rendiamo conto di cosa questo significa per i ragazzi? Meno male che il governo ha cambiato passo sulla scuola.



Tra Draghi e Conte la differenza è lampante. Con Draghi la politica è quella di garantire la scuola in presenza il più possibile; con Conte chiuderla o, peggio, lasciare che a chiuderla fossero sindaci e presidenti di regione, scaricando sulla parte che potremmo definire “debole” della catena la responsabilità di un provvedimento così controverso. Adesso dobbiamo aiutare i presidi e le scuole ad affrontare i problemi organizzativi e sburocratizzare (per esempio, le disposizioni su quarantene) e creare priorità e corsie per i ragazzi su vaccini, tamponi e certificati. Ma aiutare anche i docenti a “svolgere il loro lavoro al meglio”, come ha scritto la professoressa Carimali sul Giorno del 12 gennaio, aggiungendo che “la didattica ibrida è la più difficile e ha bisogno di strumenti ad hoc”.



Tenere le scuole aperte in presenza, non tornare alla Dad per tutti, affrontare le problematiche è sicuramente più difficile e faticoso. Ma è più utile per i ragazzi rispetto al ritorno per tutti, per settimane o mesi, davanti a un video, mentre fuori dalla scuola le altre attività si svolgono con le limitazioni con le quali abbiamo imparato a convivere. Molti vorrebbero tornare al metodo Conte: chiudi la scuola, torna davanti al video a prescindere da vaccini e dal numero dei casi positivi. Quello seguito da Draghi è, invece, esempio di riformismo e prospettiva.

Dobbiamo difendere la scuola in presenza con tutti gli strumenti, iniziando dai vaccini, che rappresentano la vera arma per sconfiggere il virus. Ricordo che il personale docente e non docente è vaccinato con terza dose, che da 12 a 19 anni il tasso di vaccinazione supera l’80%, che nella legge di Bilancio sono stati stanziati 400 milioni per un organico aggiuntivo docenti e data la sostituzione degli assenti. Dobbiamo fare molto di più su vaccini, tracciamenti, tamponi, sistemi di ventilazione e aerazione e corsie preferenziali per il mondo della scuola. Ma la differenza con un anno fa è lampante e va tutta a vantaggio delle competenze dei ragazzi, visti gli effetti disastrosi della didattica a distanza, certificati per esempio dalle prove Invalsi e dai tassi di abbandono che, dopo l’inversione di tendenza di tre anni fa, che aveva fatto ben sperare, tornano a salire. Non è una condanna senza appello della didattica (anche) digitale. E’ la presa d’atto che la scuola ha ancora bisogno di tempo per prendere dimestichezza con le necessarie innovazioni didattiche, prima che tecnologiche.

La cautelare del Tar Campania che ha accolto il ricorso di alcuni genitori, ai quali si è convintamente associato il governo, è una condanna senza appello. Non tanto di una singola delibera regionale, ma di un metodo: “le difficoltà del sistema sanitario regionale, lungi dal giustificare l’adozione della misura [la chiusura delle scuole, ndr], dimostrano piuttosto la carente previsione di adeguate misure preordinate a scongiurare il rischio, ampiamente prevedibile, di ‘collasso’ anche sul sistema dei trasporti”. Fuori dal linguaggio giuridico, non è altro che la riproposizione di un ragionamento di puro buon senso: prima di chiudere le scuole, violando una norma statale, agisci sulle leve che l’ordinamento affida alle tue competenze, sanità e trasporti.

Affrontiamo i problemi, sosteniamo dirigenti, docenti e famiglie e manteniamo il più possibile la didattica in presenza. Non sarà semplice, ma se l’obiettivo è quello di mettere l’interesse dei bambini e dei ragazzi al centro delle nostre politiche è uno sforzo che abbiamo il dovere di compiere.

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