“Sarà capitato anche a voi…”, cantava quella. Siete lì in una situazione sospesa, magica, direi, che si è creata in classe. State leggendo i versi di Tasso, siete giunti alla scena in cui Tancredi ha appena ferito a morte Clorinda (la donna guerriera di cui è innamorato perso) credendola un valoroso nemico e sta per compiere il pietoso officio del Battesimo che quel pagano gli ha chiesto sentendo che la vita gli scivola via.
Ecco, lentamente l’eroe cristiano toglie l’elmo e tutti sappiamo che siamo ormai prossimi alla terribile scoperta. La vede, la riconosce… è Clorinda, la sua donna, la sua Beatrice, e l’ha ammazzata proprio lui! Commento del “narratore passionato”: “Ahi vista! Ahi conoscenza!”. Ed è qui, in questo preciso istante, quando hai appena finito di dire “…nza” che entra la bidella a portare non so quale comunicazione. Entra allegra in un silenzio totale, concentrato, perfino commosso, portando la sua lieta novella. Sì, è capitato anche a voi, almeno una volta è capitato anche a voi!
Dovrai riprendere la classe e la lettura. Lo farai attonito, intontito, se non proprio come Tancredi almeno molto simile a lui. Se sarai bravo coglierai la palla al balzo e spiegherai di nuovo cosa significa la catarsi e cosa significa impedirla e magari farai subito un paragone con gli interventi ironici di Ariosto nell’Orlando Furioso. Succede. Sono gli imprevisti del mestiere. Di questo intermezzo scolastico tra tante altre cose importanti che si chiama lezione. La prossima volta forse sarà bene mettere un cartello appeso alla maniglia della porta, come nella camere d’albergo: “Silenzio! Stiamo leggendo!”. Forse funzionerà (ma non ci credi fino in fondo).
Il problema si aggrava se la suddetta bidella è apparsa sulla soglia con fare gaio avendo le corna di renna in testa, che fanno tanto “spirito natalizio”. E sei appena al 5 dicembre! La bidella-renna manterrà il punto senza arretrare d’un passo fino all’ultimo giorno prima delle vacanze. Che porti con sé un permesso di uscita, che venda pigotte per l’Unicef, che raccolga le firme per andare tutti insieme alla pista di pattinaggio dove ci sono le statue degli orsi polari vicino a un igloo (sei nel centro Italia e fa pure caldo, ma tant’è) o che si adatti a fare le fotocopie per la collega che ha messo il compito in classe il 22 dicembre, sempre, imperterrita, lei (o essa) avrà quelle corna rosse in testa. E l’ultimo giorno, proprio il 22, ovviamente sparerà a tutto volume Last Christmas I gave you my heart, canzone che in fin dei conti parla di una botta e via andata a male proprio a Natale (ma il prossimo anno mi rifaccio!).
Torniamo in classe. Abbiamo fermato l’immagine all’ingresso della bidella-renna. L’effetto del colpo di scena sarebbe piaciuto a Pirandello. Il temperamento comico, avrebbe sentenziato, si appaga di “avvertire il contrario” e scoppia a ridere, mentre quello umoristico quel contrario lo “sente”, riflettendoci sopra, e ride e piange al contempo. Perché? Perché lo fai, disperata bidella mia? Cosa insegui, cosa cerchi? Il Natale vero? Lo spirito del Natale vero? Esattamente come ad Halloween cerchi un po’ di brividi macabri, a Carnevale un po’ di sana samba brasiliana, a Pasqua… a Pasqua niente. Non si scherza.
Cos’è questo Natale? Ma soprattutto perché deve ridursi la più sacra e dolce festa cristiana (che ha generato affreschi, vetrate, tele, sculture, inni, musiche e canti, poemi, arte culinaria…) a questa paccottiglia consumistica, brutalmente americana? Perché le renne e gli orsi polari? Non bastano i cinghiali? E poi, domanda delle domande, perché a scuola tutto questo va bene, mentre se ti azzardi a fare un presepio ti tagliano le mani o quanto meno ti guardano male? Perché puoi cantare a voce spiegata (anche ancheggiando un po’) “Last Christmas…” eccetera eccetera, e guai se ti azzardi a cantare Tu scendi dalle stelle?
Perché la scuola è laica, dice la collega. Cioè, mi viene da chiosare, è laica quindi va bene tutto tranne ciò che anche lontanamente puzza di Gesù Bambino. Cioè, Natale significa nascita, ma nascita di chi? Delle renne di Babbo Natale? Strana questa scuola laica, che azzera tutto ciò che è religioso e lascia in piedi solo i nuovi culti. Perché la collega di cui sopra sarà la prima a mettersi anche lei le corna in testa e il vestito verde nella giornata green e quello rosso contro la violenza sulle donne e quello arcobaleno in difesa dei “nuovi diritti”. A scuola tutte le religioni, le pseudo religioni, sono accettate, tranne quella tua. La bidella-renna magari porta i figli al catechismo, ma il Natale cristiano si festeggia solo in parrocchia, guai a varcarne i confini! I poveri bimbetti dell’asilo saranno costretti a cantare nella recitina natalizia astruse canzoni su Rudolph, ma non dovranno nemmeno nominare Gesù o assimilati.
Sì, sono vecchie polemiche che ogni anno si ripetono a Natale, è vero. Ma vogliamo mettergli finalmente fine? Ci sono due strade: eliminiamo tutto dalla scuola. Se laica significa indifferente, anonima, grigia, insomma uno zero, allora lo sia fino in fondo. Quindi via anche le magliette rosse, verdi, arcobaleno. Via le renne e gli orsi polari e i babbonatale. Via tutto, anche Last Christmas eccetera eccetera. Se laica significa nulla, che il nulla sia! Oppure spazio a tutto, dentro tutto. Libertà per tutto, senza paura! Quindi anche per l’imbarazzantissimo e perseguitatissimo Natale cristiano. Dentro anche la messa scolastica, perché ci sarebbero anche studenti che la vorrebbero vivere insieme, come comunità e si può benissimo trovare il modo di renderla facoltativa, come una qualsiasi assemblea.
La scuola è laica? Non sia fobica. Abbatta i muri! Dia spazio alle tradizioni! Sia inclusiva! Prometto che se questo avverrà sarò simpatico anche con la bidella-renna e ci ballerò insieme, magari perfino Last Christmas eccetera eccetera eccetera… ma che non entri in aula nel momento sbagliato!
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