È spaventoso. Dopo 14 mesi di Dad, il sentimento dominante di una generazione è la paura. Nei più intelligenti, intendiamoci; per la greggia è soltanto il comodo. Sono facce dello stesso – spaventoso – nichilismo: se lo portano nel sangue, contagiati dagli adulti.
Mentre l’Italia intera è tornata a scuola (almeno il 70% alle superiori), in Puglia continuiamo a fare gli originali. Forse però l’anomalia pugliese è una cartina al tornasole per tutti. Le mie classi non si ritrovano insieme dal 4 marzo 2020, e hanno frequentato in presenza grossomodo 18 giorni negli ultimi 14 mesi; bambini anche di prima elementare sono tumulati a casa ininterrottamente da ottobre, e ci rimarranno fino a giugno. Il governatore Emiliano tratta gli studenti più o meno con la spocchia di Pio e Amedeo, e se ne infischia delle circolari del Miur sull’“inderogabilità delle disposizioni relative alle percentuali di studenti in presenza” attraverso “provvedimenti dei Presidenti delle regioni”: l’ennesima ordinanza stabilisce che la scuola sia ancora “on demand”. “Sino alla conclusione dell’anno scolastico”, per giunta: il profeta sa che i contagi non potranno scendere. Che poi, tutto questo incontenibile focolaio corrisponde a 164 nuovi positivi in tutta la regione, secondo i dati forniti nell’ordinanza, ossia meno di 1 adolescente ogni mille.
Venerdì 23 sera arrivano le comunicazioni delle scuole: entro domani bisogna decidere se tornare in aula o rimanere a distanza. Chi volete libero, Gesù o Barabba? Indovinate un po’ cosa sceglie la folla? Hanno compilato il modulo al volo, senza neanche pensarci. Siamo mica scemi che rientriamo proprio a maggio, per farci massacrare di compiti e interrogazioni! Nessun eroe ha intenzione di cadere dalla padella nella brace, sarebbe la tempesta dopo la quiete. Né gli insegnanti vogliono studenti tra i piedi: “non siamo i vostri babysitter”, sbroccano in chat come i peggiori cyberbulli, “statevi alle case vostre”. Che è un po’ come se chiedessi un caffè al barista e lui mi rispondesse: “fattelo fare da tua sorella! Mi hai preso per la tua schiava?”. Col culo sulla sedia, stipendiati e vaccinati. Mica sono scemi, pure loro.
Qui somigliano tutti ai Croods: “basta cercare cose! La paura ci tiene in vita, Hip! Mai smettere di avere paura!”. Per gli ominidi del liceo la salvezza è una sola: la caverna! Certo, ci sono anche qui delle teste calde, delle Hip: “qual è il senso di tutto questo? perché stiamo chiusi qui? perché viviamo in questo modo?”.
“Stamattina tutta contenta di sapere che avremmo potuto far richiesta di tornare, dico ai miei che sarei voluta andare e che anche altri tre sarebbero tornati. Il mio professore durante il colloquio con una mamma: ‘non dovrebbero tornare, chi pensa a noi professori con solo una dose?’. Poveri professori vaccinati a cui nessuno pensa! E a noi poveri sfigati, che non abbiamo la fortuna di avere professori vivi che ci strappano dal nulla delle coperte e che dobbiamo fare il lavoro doppio per provare a strappare sia noi stessi che i professori, chi pensa? I miei sono preoccupati, come se io non lo fossi. Li sento parlare di me, dicono ‘non ce la fa più’. No, non ce la faccio più. Te la faccio breve: a scuola non torno. E nemmeno le mie amiche. Sono vane le mie lacrime. Sono vane le mie lacrime per il mio professore, per i miei sforzi nel provare a tirar fuori anche lui dal cinismo del mondo. Urlo forte ma non mi sentono, muoio e non mi sentono. Sono sola. Per non parlare di questa libertà di scelta che è tutto tranne che libera: tra professori, compagni di classe e genitori che impongono, la libertà è solo un ricordo. Io dentro muoio. Nessuno se ne accorge. Mi sto piano piano disumanizzando. Faccio corsi su corsi: Cambridge, olimpiadi di fisica, scienze, matematica… Per di più sto studiando per i test di medicina (pur non sapendo cosa vorrò fare). Studio per un futuro che non so nemmeno se arriverà. Mi sembra come se si stiano, professori e genitori, lavando le mani nel sangue degli alunni. Possibile che non si accorgano che quello che dovrebbe farmi crescere e costruire un futuro, mi sta distruggendo e togliendo questo futuro? Mi sto pian piano spegnendo”.
Ne ho ricevuti a decine, di messaggi simili. Psicologi, neurologi, gastroenterologi, cardiologi ringraziano. Qualcuna aveva trovato la forza di andare controcorrente, decidendo di rientrare da sola. Un mese e mezzo da sola, che coraggio! “Non è servito a niente prendere una scelta. Hanno scelto altri per me. Mi hanno detto che è un problema la didattica mista, quindi resterò a casa. Perché scegliere se poi la tua risposta non va bene a nessuno e gli altri prendono una decisione al posto tuo?”.
Queste ingiustizie gridano vendetta al cospetto di Dio: un cuore sussulta e voi buttate acqua sul fuoco. La caverna! La caverna! La voglia di vivere rimane sepolta nel cuore, senza possibilità di sviluppo e di storia, condannata ad appassire per forza, come mille Gertrudine predestinate alla clausura. Ma Dante si sarebbe accomodato all’ombra della selva oscura? Orazio non avrebbe colto l’attimo? Ulisse non avrebbe varcato le colonne d’Ercole della sua stanzetta? E Galileo avrebbe tremato davanti all’inquisizione di quattro insegnanti? Zeno, Zeno sarebbe rimasto in Dad.
Nella mia scuola non è rientrato il 70%, e neanche il 7%: solo il 3%. E continuiamo a contarci frottole. Su Dante, Ulisse, Galileo, Orazio e il desiderio di conoscere. Sul 25 aprile, la Liberazione e i partigiani. “Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. […] Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà […]. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime”.
Abbiamo la faccia di bronzo di riempirci la bocca con Gramsci. Noi, gli ignavi. Quelli che – scriveva Dante – non vuole Dio e neppure Satana. Le partite si vincono e si perdono, ma qui sono troppo mollicci per giocare: chi me la fa a fare di sudare? La PlayStation è meno pericolosa, non mi si sbucciano le ginocchia e mamma non fa la lavatrice. I partigiani stavolta rimangono in pigiama, nel languore del dormiveglia, ignorando la prima sveglia, poi anche la seconda, poi anche tutte le altre. Tanto è domenica, un’eterna domenica cominciata chissà quando. Svegliatemi quando sarà lunedì, e dovremo alzarci per forza, perché ce lo impone la legge, o possiamo fare soldi.
Non raccontiamoci storie ipocrite, alunni e colleghi. Il Covid non c’entra niente. C’entra l’indolenza, e l’assenza di qualsiasi ideale. “Ti amo, piccola mia”. “Allora ci vediamo?”. “Ho già trovato parcheggio. Sarà per la prossima volta”. “Ma non ti vedo da più di un anno…”. Ce l’avete fatta: la vostra disperazione l’avete imposta ai vostri figli. Sono come voi: vostre vittime e vostri complici. A cuccia, buoni buoni con i loro voti alti e la vacanzina in Salento già pronta: panem et circenses.
Occhio alle eccezioni, però: “Non si può vivere in un mondo senza cielo, non si può vivere in un mondo chiuso”, canta Jovanotti. “Affermativo, affermativo, qui ce n’è uno vivo. Affermativo e unico, anche se nel marasma, esisto, son qui, non sono un fantasma”. Ve l’immaginate Renzo Tramaglino a farsi i TikTok in camera sua finché fuori imperversa la peste? Arriverà un momento in cui i don Abbondio e i Renzo si incroceranno: “Possibile che abbiate ancora addosso tutto quel fuoco, dopo tante cose! […] Ma, e la peste, figliuolo, la peste! Chi è che vada in giro, in questi tempi?”. “Se non fosse altro che la peste in questo mondo…”.
Ci sono tragedie più spaventose del Covid, in effetti, ma anche fuochi più grandi: ogni Renzo merita una Lucia, ogni Hip un Guy, e ogni studente un insegnante che lo aspetta.
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