Caro direttore,
parlare di riapertura delle scuole di ogni ordine e grado è complicato. Forse è per questo che il tema è stato il grande assente dell’ultima conferenza stampa del presidente del Consiglio Conte, quella in cui ha annunciato le nuove misure della fase 2. Non che organizzare la riapertura delle attività economiche e produttive, la ripresa graduale della mobilità delle persone e quindi dei trasporti e l’aggiornamento continuo dei protocolli anti-contagio sia semplice. Tutt’altro. Pensare a circa otto milioni di studenti, oltre un milione di addetti ai quali si devono aggiungere i numeri delle scuole paritarie e della formazione professionale fa vacillare ogni certezza. Ci sono troppi nodi da sciogliere, esigenze contrastanti da conciliare, bisogni e aspettative da soddisfare, responsabilità da assumersi e risorse da investire.
Ma omettere il problema non è la soluzione. Con tutte le cautele del caso, il Governo doveva dare un segnale alle famiglie e ai lavoratori del settore in un momento in cui la ripresa del lavoro per molti si scontrerà con l’esigenza di cura dei minori. Le misure di sostegno al reddito e di conciliazione lavoro-famiglia finora adottate sono assolutamente insufficienti.
Così come non si possono discriminare i ragazzi varando interventi a sostegno della didattica a distanza e a garanzia della validità dell’anno scolastico per la scuola statale e paritaria e dimenticarsi totalmente di una filiera formativa strategica come quella professionale regionale, che contribuisce a combattere la dispersione scolastica e a garantire l’inclusione e la lotta alla povertà educativa. Gli interventi a favore del sistema dell’Istruzione pubblica statale devono essere estesi ed ampliati per consentire uguali possibilità di tenuta, riconoscimento e ripresa anche a tutto il sistema non statale di istruzione e formazione.
La ministra Azzolina ha anticipato i contenuti dell’ordinanza sulle modalità di svolgimento degli esami di terza media e di maturità: per i primi il giudizio avverrà sulla base di una tesina e dell’andamento scolastico, per i secondi sarà previsto un colloquio in presenza e, data l’emergenza, si darà un peso maggiore al risultato scolastico raggiunto piuttosto che al colloquio. Sarà una maturità diversa ma non di minor valore.
Inoltre la ministra sta lavorando con gli esperti ad un piano per la riapertura a settembre del quale sono state fornite delle anticipazioni, ma le organizzazioni sindacali, che rappresentano i lavoratori della scuola primi protagonisti insieme agli studenti e alle famiglie della buona riuscita di qualunque piano, non sono ancora stati ascoltati. Vogliamo poter partecipare alla riorganizzazione della nostra scuola perché senza la condivisione, la partecipazione e l’impegno di tutti non si riuscirà a conciliare la salute e sicurezza con la riapertura per tutti.
Se qualcuno pensa che la soluzione sia un mix di didattica in presenza e didattica a distanza deve anche avviare un attento monitoraggio per intercettare gli studenti e le famiglie che non hanno i dispositivi informatici e la connessione internet per garantire a tutti il diritto all’istruzione; deve inoltre assumere altri docenti, personale e assistenti scolastici per garantire una didattica di qualità e la continua sanificazione degli ambienti. Sono necessarie risorse aggiuntive, perché non si può riorganizzare tutte le scuole di ogni ordine e grado a invarianza di spesa. C’è il rischio che le misure adottate se non ben ponderate e finanziate aumentino le disuguaglianze culturali e sociali, l’insuccesso formativo e la conseguente dispersione scolastica, il disagio sociale e la povertà economica.
Il Governo ha comunicato che la scuola riaprirà a settembre scatenando la reazione di quanti sostengono che sia troppo tardi. Regioni, Province, associazionismo, pediatri si sono mossi per affermare il bisogno di socializzazione, educazione, scambio, gioco, attività motoria dei bambini e ragazzi di questo Paese. Anche la Cisl ha elaborato un documento per aiutare la riflessione sulla ripartenza per i bambini e le bambine nel quale si ipotizza con un serrato lavoro in rete tra istituzioni, istituti scolastici ed educativi, associazioni delle famiglie, servizi sanitari e socio-assistenziali una riapertura graduale approfittando del periodo estivo per venire incontro ai bisogni dei bambini e delle famiglie che si troveranno senza la scuola né l’aiuto delle reti familiari e dei nonni.
Nei giorni successivi il presidente Conte è corso ai ripari annunciando un Piano Infanzia, di cui non c’è mai stata traccia nelle discussioni. A questo punto dell’emergenza non abbiamo bisogno di annunci, ma di condividere contenuti, perché la ripartenza avrà successo solo con la partecipazione convinta di tutti, mentre allo stato attuale il ministero dell’Istruzione lavora in solitaria. Bisogna inoltre approfittare di questo periodo per far ripartire i cantieri per l’edilizia scolastica e aiutare le Regioni a spendere tutti i soldi stanziati non solo per adeguare gli edifici alle norme di sicurezza e antisismiche ma anche ai protocolli sicurezza anti-contagio, sfruttando tutti gli spazi disponibili, anche quelli all’aperto, per consentire il distanziamento sociale e far riprendere la didattica senza rischi per la salute di studenti e personale scolastico.
Così come serve detrarre le rette pagate dalle famiglie alle scuole paritarie di ogni ordine e grado e ai servizi per l’infanzia.
La ripartenza è possibile anche per la scuola e se si lavora da subito scaglionando gli interventi si può immaginare di differenziare le aperture per nidi e infanzia e prepararsi a settembre con tutte le cautele del caso per gli altri gradi di istruzione.
Nel frattempo il ministero dovrebbe ammettere che pensare di effettuare le prove dei concorsi ordinari e straordinari quest’estate sia azzardato e che dato il momento eccezionale prevedere la stabilizzazione dei precari con concorsi per soli titoli, come richiesto dalle organizzazioni sindacali, sia la soluzione più sicura e giusta. Dobbiamo scongiurare che tra i molti problemi che ci troveremo ad affrontare a settembre ci sia quello dell’esplosione delle supplenze anche in considerazione del fatto che il personale, per garantire lo scaglionamento di orari e la riduzione del numero di studenti per classe, vada necessariamente rafforzato.
Tutto questo richiede lo stanziamento di risorse aggiuntive, delle quali al momento non c’è traccia. Noi riteniamo che questo sia il momento di invertire la tendenza e aumentare finalmente quella percentuale di Pil da destinare all’istruzione che per troppo tempo è stata ed è al di sotto della media europea e che condanna l’Italia ai ritardi su importanti target delle politiche di istruzione e formazione che ormai non si possiamo più permettere.