Caro direttore,
nelle settimane scorse, in una quinta liceo scientifico è iniziato un dialogo intenso sull’AI (Artificial Intelligence) e su come ci stia rendendo omologati alla mentalità dominante: tutti guardano le stesse serie tv, tutti ascoltano la stessa musica, tutti leggono gli stessi libri, tutti pensano le stesse cose e hanno le stesse idee (vedi Lgbt nella fascia adolescenziale).



Nell’omologazione diffusa, i nuovi profeti sono gli influencer che a loro volta sguazzano nel politically correct annunciando idee, guadagnando like, postando sempre in modo amorevole e inclusivo per poi massacrare chi non la pensa come loro (vedi ad esempio Fedez con don Alberto Ravagnani).

La scuola fino a qualche anno fa era un luogo di dialogo e scontro tra docenti e studenti, con idee e visioni della vita molto diverse tra loro ma che trovavano nello stare in classe un’occasione di crescita personale, di arricchimento e anche spesso di cambiamento delle proprie idee.



L’ora di religione per me è innanzitutto questo, un dialogo personale e comunionale che cerca di favorire lo sviluppo di un io nuovo nell’alunno, uno sguardo critico e appassionato sulla realtà che spesso fa emergere le domande ultime (le domande di senso) nei ragazzi, lasciando sempre la libertà di intraprendere l’unicità della loro strada nella vita.

Anche questo spazio sembra lentamente sparire nella scuola del XXI secolo. L’educazione è diventata una serie di concetti da studiare e da ripetere quasi a memoria, non esiste più un paragone con se stessi e l’unico obiettivo è avere una media abbastanza alta per essere promossi.



Questo modello educativo oltre a produrre continua ansia da prestazione, sta creando alieni dispersi nelle classi che non capiscono che senso abbia rimanere ogni mattina 5-6 ore dietro ad un banco.

Questa situazione è così drammatica che in questi ultimi anni mi è capitato di vedere ragazzi di quinta superiore abbandonare la scuola a pochi mesi dall’esame di maturità.

L’importante è ripetere a macchina i concetti e cercare di fare meno errori possibili tra interrogazioni, crocette e test a domande aperte da produrre in continuazione durante l’anno scolastico.

Non mi ha sorpreso sapere che diversi studenti utilizzino già l’AI attraverso ChatGPT per produrre testi originali da consegnare a docenti gongolanti e stupiti dalle performance dei propri alunni.

ChatGPT può riprodurre in modo abbastanza originale di tutto, una tesina sulla prima guerra mondiale, una poesia in stile Ungaretti, una canzone rock nel linguaggio di  Bruce Springsteen (aspettiamo a breve la prima hit dichiaratamente prodotta dall’AI e cantata da qualche influencer), un testo filosofico, può creare con l’utente un dialogo simile a una consulenza psicologica in un momento di depressione, figuriamoci quanto possa essere semplice mettere le domande di un compito a casa (o in classe) di inglese, matematica o filosofia e avere in pochi secondi un risultato utile a soddisfare docenti, famiglie e studenti.

Come è potuto accadere tutto questo? Sicuramente le nuove tecnologie stanno invadendo ogni momento e aspetto della nostra vita in modo subdolo e costante, ma gli adulti hanno perso la passione educativa, il desiderio di stare con i ragazzi (tanto da teorizzare il famoso mantenimento della distanza tra docente e studente), lasciando un vuoto che facilmente è stato riempito dagli strumenti che quotidianamente vengono usati dai giovani come il cellulare e il computer; naturalmente poi c’è sempre qualche società della new economy pronta in agguato a cogliere l’occasione per guadagnare milioni di dollari sulla pelle e l’anima delle persone.

Il mondo è cambiato tremendamente in fretta negli ultimi tre anni, la scuola anche, e ora è in evidente stato terminale.

C’è qualche riforma che potrà salvare la scuola da una lenta agonia?

Sinceramente credo di no. Di sicuro una minor burocrazia, un aumento delle risorse economiche, una buona formazione dei docenti e spazi adeguati potranno prolungare la lenta agonia o tentare di risvegliare un paziente ormai troppo malandato.

L’unica vera differenza la faranno quelle scuole, quei docenti, quelle famiglie e quegli alunni che saranno disposti a mettersi in gioco nonostante tutto, in una relazione educativa che sarà sicuramente più viva e appassionante del falso dialogo con un’intelligenza artificiale che sta trasformando l’uomo in un oggetto di studio utile all’algoritmo di turno per produrre persone omologate, nichiliste e inevitabilmente depresse e schiave del potere di turno.

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