Il Concorso nazionale di filosofia Romanae Disputationes 2024 ha proposto come tema di riflessione “Quid est tempus?”: studentesse e studenti di tantissime scuole italiane si sono cimentati nella stesura di saggi filosofici, nell’interpretazione di monologhi, nella realizzazione di video attingendo alle proprie conoscenze e alle proprie esperienze di vita, per tentare di rispondere a una delle domande più profonde che l’essere umano si è posto: “Che cos’è per noi il tempo?”.
Hanno riflettuto attraverso lo studio di filosofi e scienziati che li hanno accompagnati mentre si ponevano domande: “è lineare o circolare?”, “è fuori o dentro di me?”, “sono io il tempo?”, “è un presente dilatato?”, “è un puro accadere?”. Mentre scrivo queste riflessioni, mi ritornano in mente i volti dei miei ragazzi, quelli che lo scorso anno hanno partecipato a RD sulla questione della “realtà” e, sebbene non abbiano vinto, si erano talmente entusiasmati a vedere dal vivo a Bologna quanti giovani studenti come loro parlassero di filosofia, quanta partecipazione ci fosse da parte dei docenti, quanta eccitazione per gli Age contra, che all’uscita dal teatro mi hanno sorpreso chiedendomi: “prof, l’anno prossimo torniamo?”, mentre io “in cuor mio pensavo” che, per la delusione di non essere stati scelti, non me lo avrebbero mai proposto.
Sono capaci di stupirmi, sempre! Come P., che al terzo anno si nascondeva dietro una valanga di capelli sul viso, quasi si mimetizzava con il resto della classe, ma mi avevano colpito fin da subito la pacatezza e la chiarezza con cui esponeva quanto apprendeva. Ma era un mondo chiuso, tutto suo … Mi sembrava irraggiungibile. Eppure lo sguardo tradiva il desiderio di essere visto, ascoltato, considerato. Ho intravisto quel desiderio e ho provato a coltivarlo, a dargli sempre più spazio fino a quando mi sono accorta che i capelli non coprivano più il viso e che quel mondo non era chiuso come una monade, ma era un ponte da attraversare insieme. Lo scorso anno P. ha preparato un monologo filosofico per Romanae Disputationes e ha esposto la sua teoria con determinazione e competenza ideativa, vincendo la timidezza e rafforzando la stima di sé. Sì, perché è importante nutrire amor proprio, avere fiducia nei propri pensieri, avere il coraggio di provare sé stessi di fronte agli altri.
È stato P. a chiedermi di partecipare di nuovo a Romanae Disputationes, è P. che oggi sta valutando d’iscriversi, dopo gli esami di maturità, alla facoltà di filosofia. Ed io penso che da ogni studente possa fiorire un essere umano capace di migliorare il mondo coi propri desideri, facendo della propria vita un luogo d’incontri, di dialoghi, di affetti sinceri. Credo che la scuola sia anzitutto una comunità di persone che hanno la fortuna e la responsabilità di accompagnare i più giovani per un tratto di strada, mettendo al loro servizio il proprio sapere con passione e con gioia, perché non basta insegnare “cose”, è necessario “essere dentro a quel che si dice”, perché ne va di noi stessi e della missione che abbiamo scelto: si annoiano se per primo ti annoi, si appassionano se per primo t’infiammi sotto i loro sguardi e sei interessato alle loro domande.
Romanae Disputationes è un’attività più che formativa, non solo sul piano didattico, perché se da un lato permette di fare filosofia attraverso un approccio tematico, spronando i ragazzi ad argomentare con rigore e spirito critico, dall’altro permette loro di misurarsi con le proprie capacità, soprattutto con quelle che credevano di non avere, di fare squadra, di accordarsi, di conoscersi meglio, d’imparare ad accorgersi che anche un particolare di poco conto può spiegare la complessità della realtà. Anche quest’anno partecipo a RD come docente referente di un bel gruppo di studenti e studentesse, con tre saggi e due monologhi. Sono molto fiera di loro, perché si sono impegnati tanto e hanno voluto e saputo ritagliarsi uno spazio, o meglio, un “tempo” da dedicare al “Tempo”: si sono allenati nella scrittura, hanno imparato a memorizzare un monologo, vincendo la timidezza di fronte alla videocamera e divertendosi, hanno imparato “a stare e a ragionare insieme”. Questo conta. L’esperienza di RD di quest’anno mi ha permesso di avvicinarmi di più a una studentessa molto sensibile, con un percorso non proprio facile, con tante incertezze e ansie, che piano piano si sono fatte più leggere perché, se un compagno o un docente ti dice “puoi farcela”, acquisti forza e credi in te.
Mi piacciono gli occhi di C.,/ verdi come prati di primavera,/ le sue guance/ colline illuminate dal sole/ Lei è fragile/ cerca forza/ vuole gioia./ Anche da me./ Le guardo le mani/ per vedere se ha qualche segno./ Le guardo le caviglie/ per vedere se ha graffi./ Mi ha chiesto un libro,/ fisica-filosofia-matematica-musica/ tutto insieme, un mattone/ di quelli difficili./ L’ho trovato./ C. mi fa tante domande/ e sorride, anche io./ Vorrei dirle/ che posso essere roccia/ su cui appoggiarsi/ tutto il tempo che vuole./ Vorrei fosse felice./ Rincorriamo il tempo/ e non ci accorgiamo che il tempo ci sta aspettando.
Quante storie dietro Romanae …
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