Dopo le dichiarazioni ministeriali – negli ultimi giorni poco confortanti – sul futuro del reclutamento dei docenti statali, un segnale imprevisto (e  forse positivo) arriva da Viale Trastevere: durante la trattativa in corso sui concorsi da emanare per il reclutamento in ruolo di 70mila insegnanti, pare che il ministero si sia dimostrato “irremovibile” sulle richieste del fronte sindacale unito.



Di cosa si tratta? Stando a un comunicato della Gilda, la divergenza riguarderebbe: una selezione più “morbida” attraverso la pubblicazione della banca dati dei quesiti da sottoporre nella prova preselettiva; maggiori punteggi riconosciuti agli anni di servizio e quindi più agevolazioni al precariato; agevolazione, per i docenti di sostegno con 3 o più anni di servizio senza specializzazione, di partecipare alla procedura concorsuale per una disciplina di insegnamento.



Insomma: come da manuale sindacale, agevolazioni, agevolazioni, agevolazioni.  

Sembra che il ministero dell’Istruzione abbia puntato i piedi sul merito. Le sigle sindacali hanno convocato con urgenza le segreterie unitarie per decidere una mobilitazione. Unica dichiarazione del ministro Azzolina: “Ho letto con sorpresa della minaccia di mobilitazione”.

Probabilmente le posizioni sindacali hanno messo a dura prova la posizione di un ministro che in passato, assieme alla richiesta della riduzione del numero di studenti per classe, si è sempre dichiarata per il ritorno alla meritocrazia nell’accesso all’insegnamento. E, si sa, questa parola non suona da tempo gradita agli orecchi di certo sindacalismo nazionale.    



Eppure in gioco c’è una gravissima questione: la scuola statale a settembre 2020 avrà 200mila posti di insegnamento precari, cioè un quarto del totale. E l’avvio del prossimo anno scolastico si avvicina.

Due ministri fa (ma non molto tempo fa) si è iniziato a discutere di concorsi ordinari per il reclutamento, ma, si sa, tempestività ed efficienza non hanno mai caratterizzato il centralismo statal-sindacale.

Nelle bozze dei bandi in preparazione in tutto sarebbero in palio 50mila posti per i professori delle medie e delle superiori e 17mila per le maestre d’asilo e delle elementari. Numeri comunque da mesi sempre incerti: probabilmente l’amministrazione scolastica non sa esattamente di cosa ha necessità.

Una cosa rimane certa: nessun concorso ordinario anche bandito con urgenza potrà mai fornire nuovi docenti di ruolo in tempo per l’avvio del prossimo anno scolastico.

Stando alle varie dichiarazioni ministeriali i posti messi a concorso riguarderebbero solo le Regioni con più posti vacanti (a settembre 2019 in Lombardia c’erano 23mila posti scoperti) e le classi di concorso di cui c’è davvero penuria cronica (materie scientifiche, inglese, lettere, sostegno).

I bandi in preparazione prevedono una prova preselettiva fatta a computer, con 80 quesiti a risposta chiusa e così articolati: 45 quesiti con competenze disciplinari relative alla classe di concorso; 30 quesiti con competenze didattico-metodologiche; 5 quesiti di lingua inglese (lettura e comprensione). Si prevede un tempo pari ad un minuto per quesito, per un totale di 80 minuti.

A fronte delle richieste sindacali di agevolazione pare che il ministero sarebbe stato disposto a portare il numero di quesiti a 70. Mentre sulle altre richieste (che vanno, ripetiamo, nella direzione di ulteriori agevolazioni) il Miur avrebbe tenuto la linea dura.

Significa che a Viale Trastevere si vuole valutare con più attenzione forme che diano qualche garanzia in più (si fa per dire) sul merito dei concorrenti? Se così fosse, la rottura si ieri potrebbe essere un’iniziale buona notizia per la scuola. Anche se siamo sempre… agli inizi.