Sara doveva sostenere due esami di riparazione a fine agosto, inglese e italiano, per andare in terza scientifico, ed era molto preoccupata, perché aveva frequentato i corsi promossi dalla scuola ma non si sentiva pronta. Così un pomeriggio era andata al centro di aiuto allo studio che aveva frequentato tutto l’anno, ma il centro era chiuso. Cominciava a pensare che avrebbe dovuto cavarsela da sola.
Si era messa a studiare nella stanza più grande della casa, cercando di zittire ogni volta i fratelli che arrivavano a disturbarla, ma il risultato era disastroso: si era resa conto di buttare via il suo tempo perché le mancava qualcosa di importante, quel metodo a cui la guidavano i volontari del centro. Da sola era evidente che non ce la faceva, del resto aveva preso i debiti proprio perché in quelle due materie non riusciva.
Sara era disperata. La scuola aveva la coscienza a posto, per così dire, perché i corsi di recupero li aveva fatti, ora era lei che doveva dimostrare quanto fossero stati utili. Qui era il problema: utili non lo erano stati. E Sara lo sapeva il perché. Quei corsi le avevano dato delle informazioni, ma non erano entrati nel merito del suo problema, non avevano affrontato il suo bisogno particolare.
“Io non so parlare in italiano, scrivere per me è un’impresa, mi hanno detto tante cose ma nessuno che mi abbia insegnato a parlare correttamente e a scrivere”. Questo Sara pensava fra sé e sé, ma non trovava una soluzione, anzi, più il tempo passava più aumentava la disperazione; si sentiva perduta.
Un giorno Sara era andata a mangiare un gelato con la sua amica Marim, che aveva da poco finito la maturità con risultati discreti. Marim era molto contenta e guardava al futuro con molta speranza; avrebbe dovuto affrontare i test universitari, certo, ma un posto in infermieristica sperava proprio di trovarlo.
Sara aveva raccontato all’amica il suo problema. Avrebbe dovuto scrivere un tema, ma di fatto non era capace e da sola non sarebbe andata da nessuna parte.
Marim le aveva detto di farsi aiutare da Claudio, lei doveva molto a lui per quanto riguarda la lingua.
“Ma il centro è chiuso” aveva risposto Sara.
“Telefonagli, per te lo aprirà di sicuro!” le aveva detto Marim e infatti era successo così.
Il giorno dopo Sara si era trovata al centro a tu per tu con Claudio che le aveva chiesto quale fosse il suo problema in italiano.
“Non so scrivere! Non ho idee! Questo è il mio problema, nei temi prendo quattro come voto massimo, non riesco ad andare oltre.”
Claudio l’aveva guardata in faccia e le aveva chiesto “pratichi uno sport?”
“Sì, ma che c’entra?” aveva reagito Sara non capendo il senso della domanda.
“Pratichi uno sport?” aveva ribadito Claudio.
“Sì, gioco a pallavolo.”
“Bene, per domani mi racconti una partita di pallavolo che ti è rimasta in mente perché è successo qualcosa di significativo, di importante.”
Sara non aveva risposto, il suo volto esprimeva una grande perplessità, per cui Claudio aveva insistito spiegandole che se voleva imparare a scrivere avrebbero fatto un percorso legato alla realtà. La sua, quella che viveva lei.
“Per imparare a scrivere devi partire dalla realtà, raccontare ciò che vivi, io ti aiuto sulle forme espressive, importante però che tu ti connetta sempre a qualcosa di reale.” Così le aveva spiegato Claudio, che poi le aveva chiesto se volesse fare quel cammino. “Devi decidere tu”, Claudio glielo aveva ripetuto più volte, perché capiva la perplessità della ragazza che infatti non sapeva cosa rispondergli.
Con Marim quel metodo aveva funzionato. Lei, Sara, avrebbe dovuto lavorare di più, ma non era questo che importava. Perciò disse sì a Claudio, ansiosa di cominciare.
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