Sara era molto triste dopo una mattinata in cui aveva raccolto l’ennesimo insuccesso, una valutazione negativa in storia, dovuta alla sua difficoltà a scrivere in italiano.
L’insegnante le aveva riconosciuto lo studio, ma non aveva potuto darle la sufficienza perché quello che aveva scritto era poco comprensibile. Sara, ormai da tempo in Italia, avrebbe dovuto lavorare più seriamente nell’espressione linguistica, soprattutto avrebbe dovuto imparare non solo a scrivere correttamente, ma anche e soprattutto a comunicare i contenuti in modo chiaro. L’insegnante aveva letto alcune sue risposte per farle capire dove stesse sbagliando, ma Sara non l’aveva ascoltata. Lei era convinta di essere vittima di un’ingiustizia, perché aveva studiato!
Sara aveva cercato nelle sue amiche un sostegno, ma nessuna di loro aveva risposto al suo Sos, perché quello che le era successo non gli interessava.
All’intervallo Sara era andata a cercare l’amica Lucia e l’aveva trovata come al solito alla macchinetta del caffè.
“Lucia” aveva chiamato Sara la compagna che subito si era voltata verso di lei, accorgendosi che vi era qualcosa di strano dall’espressione del suo volto.
“Che occhi lucidi!” aveva detto Lucia rispondendo all’amica “che cosa è successo?”
“Storia da schifo!”
“Storia? Ma no, storia è impossibile bucarla!” aveva detto incredula Lucilla. Non era possibile risultare insufficienti in storia! Per l’amica era inconcepibile non aver ottenuto un risultato positivo in storia, considerata universalmente una materia facile da apprendere.
“E invece sono caduta miseramente! Dovrò dire ai miei che anche in storia sono insufficiente e questo non so cosa mi comporterà, ma temo che vi saranno per me nuove chiusure.”
Lucia aveva voluto sapere perché non ce l’avesse fatta e Sara le aveva risposto che era preparata, ma non sapeva scrivere. Il problema vero era questo.
“La prof” aveva voluto dire Sara a Lucia per evidenziare il suo problema “mi ha detto che lei ha capito quanto avessi studiato, però non mi sono fatta capire. Non so scrivere, questo è il mio dramma.”
Lucia aveva guardato Sara poi l’aveva abbracciata dicendole “non preoccuparti, ti aiuteremo.”
Sara aveva sentito le parole dell’amica del tutto intenzionali, non le aveva creduto, tanto che la risposta al suo abbraccio era stata molto fredda.
“Quando dico che ti aiuteremo stanne certa che lo faremo” aveva rimarcato Lucia all’amica, avendo capito la sua incredulità. E per farglielo capire, Lucia aveva stretto a sé ancora più forte Sara.
Lucia aveva proposto a Sara di trovarsi insieme a studiare, così che alla prossima verifica o interrogazione avrebbe finalmente fatto centro.
“Grazie, va bene. Studieremo insieme” aveva commentato soddisfatta Sara aggiungendo “però l’ingiustizia rimane.”
“Vero, rimane! Anche la tua difficoltà a scrivere in italiano” aveva commentato con un sorriso Lucia, “ma tu vali più di quel voto e di quell’ingiustizia” era stato secco il commento conclusivo di Lucia, e non ammetteva repliche.
Sara non si aspettava tanta decisione e si era incuriosita.
“Come fai a dirmi che valgo più di quell’insufficienza?” le aveva chiesto Sara.
“Semplice, perché sei mia amica, e un’amica non è un’insufficienza, ma nemmeno una sufficienza!” aveva risposto con sicurezza Lucia guardandola negli occhi.
Sara aveva retto l’intensità dello sguardo poi aveva voluto o tentato l’ultima parola. “L’insufficienza è mia! Sono io che soffro, non tu!”
“Qui ti sbagli, l’insufficienza è tua e quindi anche mia!” aveva risposto con altrettanta determinazione Lucia. A quelle parole Sara si era arresa. In classe nessun’amica l’aveva capita, a scuola però una ragazza come lei l’aveva compresa. Ora lo sapeva, il suo riscatto sarebbe ripartito da Lucia, dal suo sguardo su di lei, uno sguardo che non aveva trovato da nessun’altra parte del mondo.
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