“Abbiamo frenato la caduta” ha dichiarato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi alla stampa presentando i dati Invalsi 2022, a suo dire migliori di quelli del 2021. Possiamo commentare che ci volesse poco, dal momento che allora eravamo in piena pandemia a fronte di tutte le limitazioni del caso. Ma non è questo il punto. Il ministro ha dimenticato di confrontare i dati Invalsi con quelli dell’esame di maturità, da cui risulta che la “caduta” non solo non è stata frenata, ma è del tutto “libera”.



Il ministro dovrebbe avere il coraggio di spiegare il seguente mistero: come sia possibile che in quinta superiore un terzo degli studenti non raggiunga la sufficienza in italiano (in soldoni: non comprende il significato di un testo formato da frase principale e una coordinata) e il 50 per cento in matematica, ma che tuttavia il totale dei promossi superi quota 99 per cento.

Lo scriviamo in altro modo: se non so comprendere e men che meno scrivere (vale per italiano come per tutte le altre discipline, ricordiamolo), come posso ottenere un diploma di ragioniere, perito, geometra, tecnico e così via? Domanda che si fa più bruciante se si paragonano le regioni del Nord con quelle del Sud Italia, in particolare Sardegna, Calabria, Puglia, Sicilia. Qui in media l’insufficienza nella lingua materna sale ad 1 allievo ogni 2.

Invalsi certifica che dopo ben 13 anni di scuola, dalla prima elementare alla quinta superiore, quasi un ragazzo (ormai, sottolineiamo, maggiorenne) non raggiunge la soglia dell’accettabilità nelle due materie ritenute fondanti. Eppure, al momento del voto registriamo che in Lombardia (dati dell’Ufficio scolastico regionale) la lode viene data all’1 per cento degli studenti, mentre in Puglia siamo a quattro volte tanto.

Caro ministro Bianchi, deve convenire che qui qualcosa non quadra, anche perché lo stesso Invalsi scrive nero su bianco nel suo recente rapporto annuale che la dispersione implicita (allievi che si diplomano – ma in che modo? – senza aver raggiunto competenze superiori a quelle richieste in terza media) sono il 3 per cento in Lombardia e il 9,7 come media nazionale. Aggiungiamo che risultati leggermente migliori vengono registrati a livello Invalsi per inglese, e allora davvero non si comprende come uno studente possa “andare bene” nella lingua straniera se non conosce quella italiana. Così come è avvilente che il sistema di rilevamento registri solo i risultati in Lingua 1, matematica e inglese ed ignori tutte le altre discipline.

Non tediamo il lettore sui dati alla scuola di base, che diventano disastrosi nel passaggio dalle elementari (dove sono comunque insufficienti) alle medie inferiori (dove diventano gravemente insufficienti: al Sud, 4 tredicenni su 10 sono sotto il 6 in matematica, solo per fare un esempio).

Bisognerebbe avere il coraggio di uscire dalla bolla in cui la scuola è finita e che fa vedere solo il poco di buono che c’è. Diplomarsi in Italia è un gioco da ragazzi e quel pezzo di carta è, oggi più che mai, carta straccia.

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