Poco meno di un anno fa, quando si intuiva che le scuole sarebbero rimaste chiuse fino al termine dell’anno scolastico, su queste pagine domandavo se il diritto a educazione e istruzione fossero diventati negoziabili e condizionati. E se in questo modo il diritto non si fosse tramutato in privilegio: in qualcosa cioè che non ci sentivamo più tenuti a garantire a tutti e a ciascuno, ma che anzi in qualche momento diventava quasi una graziosa concessione.



La questione del delicato equilibrio tra diritto alla salute e diritto all’istruzione ha percorso tutto l’anno scolastico che ci avviamo, non senza fatica, a concludere tra poche settimane. Nei tentennamenti dei decisori politici, assieme a qualche opportunismo e alle umane insufficienze, c’era la fatica di dover compiere scelte che avevano a che fare in ogni caso con la limitazione di diritti.



Negli ultimi mesi, occorre dire, il quadro si è probabilmente complicato. Emerge in maniera sempre più diffusa la percezione – accompagnata da alcuni dati – che gli effetti di quattordici mesi di pandemia sui bambini e soprattutto sugli adolescenti non riguardino più solo la dimensione dei mancati apprendimenti, ma tocchino temi quali lo sviluppo psico-emotivo e la salute mentale.

L’intervista al neurologo Carlo Alberto Mariani, pubblicata sul Sussidiario pochi giorni fa, ha messo in evidenza la natura irreversibile dei danni prodotti sullo sviluppo neurologico dei ragazzi da confinamento e didattica a distanza per tempi così prolungati. Se possiamo pensare di recuperare un anno di apprendimenti ridotti, perché la durata dei percorsi di studio è oggi ampia e – nella prospettiva del long life learning – va ben oltre gli anni della stretta frequenza scolastica, non altrettanto possiamo dire della crescita psichica ed emotiva. Lo sviluppo cerebrale avviene secondo tempi e fasi che non ritornano e un anno di tempo nella storia del cervello di un adolescente pesa infinitamente di più di quanto non accada al cervello di un adulto: perché le trasformazioni in atto nel cervello di un quindicenne sono profonde, radicali e molto più rapide di quanto non avvenga nell’età adulta. In altre parole, potremo recuperare i mancati apprendimenti, ma non gli effetti negativi prodotti dalla scelta (a volte necessaria, a volte forse meno) di limitare ai pollici di uno schermo di tablet tanta parte dell’orizzonte esperienziale dei nostri adolescenti.



C’è poi l’aspetto del disagio psichico vero e proprio. Il Corriere della Sera ha dedicato un lungo articolo al tema, accendendo i riflettori su fenomeni che specialisti, dirigenti scolastici, insegnanti ed educatori segnalano con frequenza e preoccupazione crescenti. Depressione, forme d’ansia, autolesionismo, ritiro: le manifestazioni di disagio intercettate da quanti quotidianamente lavorano con gli adolescenti sono pressanti e stanno diventando più frequenti e più gravi di quanto non accadesse fino a un anno fa. I campanelli d’allarme si moltiplicano e mostrano gli effetti, spesso drammatici, generati dalla privazione di contesti significativi di socialità: privazioni cui abbiamo sottoposto i nostri adolescenti per tutelare la salute degli adulti.

I pesi sulla bilancia non sono più gli stessi di un anno fa. Se prima l’equilibrio da individuare era quello tra tutela della salute collettiva e tutela del diritto all’istruzione, ora pesano su entrambi i piatti questioni di salute. Resta doveroso non abbassare la guardia e osservare la massima prudenza per non vanificare gli sforzi fatti nel contrasto al coronavirus. Bisogna però comprendere che, anche se il disagio psichico e la fragilità emotiva colpiscono meno l’attenzione e non sollecitano le nostre paure quanto la pandemia, gli effetti presenti e futuri della socialità negata potranno accompagnare la crescita e i percorsi di vita dei bambini e degli adolescenti di oggi per molto tempo, condizionando le loro vite anche quando tamponi e mascherine saranno un lontano ricordo.

Non farsi carico di questa pandemia parallela, più subdola perché più difficile da tradurre in numeri e statistiche, è un errore che non dobbiamo concederci. 

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI