E mentre il terzo mese del 2022 nelle scuole, come d’altra parte in tanti ambienti lavorativi, ci saluta tra bollettini di positività e contatti con le Asl di riferimento, l’attenzione di chi vede scorrere sotto gli occhi disagi relazionali o espressioni prive di entusiasmo tra ragazzi e ragazze e tra questi e gli adulti di contesto, non può non guardare al linguaggio che tenderebbe una mano, e anche di più, alle sensibilità soffocate di ciascuno: il linguaggio della musica.
È della musica, infatti, che vogliamo parlare in questo momento ancora difficile per tanti adolescenti.
Il mosaico delle condizioni positive di base si può ricomporre proprio grazie alla musica, quella disciplina – “ancella”? ma da quale punto di vista? – che ancora non ha trovato opportuna collocazione al fianco della “sorella” che coltiva le vocazioni artistiche nel potenziale immaginario di sensibilità al bello della società civile. Quella disciplina che, come l’arte appunto, è sì ad esempio contemplata nel Piano delle arti, previsto per la promozione della cultura umanistica, ma con un inserimento nei percorsi curricolari, in particolare delle secondarie di secondo grado, che potrebbe essere certamente valorizzato alla luce della storia della musica che il nostro Paese vanta. Una storia che risulta vero e proprio indicatore dell’identità italiana e strumento di innovazione socio-culturale.
Coltivare la sensibilità e il potenziale emotivo attraverso la musica nella formazione delle nostre giovani generazioni arricchirebbe di positività e di fiducia le relazioni interpersonali, perché si partirebbe da una premessa oggettiva e imprescindibile che è quella dell’ascolto e dell’educare ogni volta di più e meglio all’ascolto stesso per ogni relazione di vita. L’opportunità di fare musica nelle scuole di ogni ordine e a pieno titolo, attraverso lo studio di strumenti o la creazione di cori, consentirebbe di avere una privilegiata condizione di ascolto degli stessi giovani, oltre all’inevitabile prospettiva di inclusione per ogni bisogno educativo. Porsi in una condizione di accoglimento ascoltando l’adolescente e relazionarsi favorendo, attraverso arti maieutiche, il suo contributo di pensiero è il passo fondamentale per il miglioramento progressivo del livello di relazionalità interpersonale.
Prevedere dunque nei curricoli ordinamentali nazionali lo studio della musica e della storia della musica contribuirebbe a promuovere, insieme a tante altre strategie, la messa in atto di uno dei diritti essenziali per ciascuno, quello all’ascolto tutelato da norme fondamentali. A titolo esemplificativo la Convenzione Onu, ratificata in Italia con la legge 176 del 27 maggio 1991 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che all’art 12, c. 2 parla proprio del diritto all’ascolto.
Senza considerare il valore aggiunto che avrebbe l’interazione tra approfondimento e valorizzazione delle espressioni musicali e artistico-letterarie ma anche matematiche e scientifiche, la dimensione della tanto auspicabile convivenza civile partecipata, ossia quella della società che sempre perseguiamo, troverebbe un canale di realizzazione estremamente funzionale alla rigenerazione sociale e civica del singolo e della collettività.
Ascoltando i giovani, ascoltando musica, creando opportunità in cui la musica sia approccio interattivo per l’universo emozionale schiacciato sovente nella mancata opportunità di dar voce alle emozioni stesse, si potrebbero rimuovere tante cause di modalità espressive e comportamentali non spontanee assimilabili a forme di bullismo e di cyberbullismo. Avvicinare i giovani alla musica consentirebbe di aprire una finestra ricca di stimoli per lo studio della cultura del proprio territorio, per la ricerca sulle tradizioni e sui sostrati di civiltà di cui esse restano testimonianze; ma consentirebbe soprattutto di avviare processi di educazione al sentimento del bello che, traslati nelle relazioni interpersonali, possono rappresentare la base su cui continuare a costruire in maniera consapevole il complesso percorso di superamento delle barriere di genere che ancora ci fanno assistere a vite recise da mani e da menti scellerate.
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