“Voglio essere bocciato!” chiede lo studente dimentico delle regole della buona creanza. “Non si può!” replica la ministra che delle regole sembra aver fatto la sua ragione di vita politica. Siamo al rovesciamento delle parti, alla vittoria dell’assurdo, al trionfo del principio secondo cui l’uomo è fatto per la legge e non viceversa.
Aveva ragione il mio vecchio maestro di giornalismo Manlio Botti (colgo l’occasione per mandargli un saluto fraterno in quell’angolo di Paradiso nel quale di sicuro si trova da un mese): “La realtà supera la fantasia”. L’ennesima riprova arriva dal Liceo scientifico Regina Maria Adelaide di Aosta, dove il dirigente ha avuto il coraggio (di questo si tratta) di offrire ai propri studenti la possibilità di ripetere, dietro formale richiesta scritta, l’anno scolastico. S’è trattato appunto di un atto di coraggio perché ha cercato di sovvertire l’ordine ministeriale delle cose secondo il quale in via provvisoria – solo per questo anno horribilis da coronavirus, ma si sa che in Italia il provvisorio ha ottime possibilità di mutare in definitivo – tutti gli studenti devono essere promossi alla classe successiva (o ammessi agli esami conclusivi del ciclo di studi) indipendentemente dai voti loro assegnati (possono essere anche tutti insufficienti) e addirittura dalla frequenza o meno alle lezioni on line.
Di più (e qui siamo al limite della costituzionalità), l’ordinanza della ministra Azzolina è arrivata a cancellare con un tratto di penna la più elementare delle regole democratiche, quella della volontà espressa dalla maggioranza: l’unico modo per bocciare è l’unanimità di tutti i docenti, per cui per promuovere basta anche il sì di un solo componente il consiglio di classe. Con tanti saluti al principio democratico secondo il quale vince la maggioranza. Casi in tal senso non sono mancati. Di fronte alla palese assurdità di queste norme, che da un lato lanciano pessimi messaggi educativi ai ragazzi e dall’altro riducono l’insegnante a burocrate e mero esecutore di ordini, il preside Francesco Fazari ha così parlato al Corriere della Sera: “Volevo solo dare la possibilità agli alunni di chiedere la ripetizione dell’anno scolastico come esercizio di libertà e responsabilità”.
Due sostantivi da lasciare chiusi nelle scartoffie che sommergono la scuola italiana, mentre i verbi sono all’imperfetto, cioè al passato, in quanto il dirigente è stato subito costretto a cancellare la propria circolare che traeva origine – udite udite – da una precisa richiesta di due studenti del suo istituto. “Mi chiedo se dal punto di vista costituzionale vale più la libertà individuale o un’ordinanza ministeriale”, si è chiesto con evidente amarezza.
Ce lo chiediamo anche noi. Da anni fermare un bimbo alle elementari è diventato quasi impossibile se le maestre trovano l’opposizione (chissà perché) dei genitori; adesso è diventata tale anche la presa di posizione opposta e persino se a chiedere di ripetere l’anno (è il caso di uno dei due studenti sopra ricordati) è un cittadino maggiorenne. Il quale può votare, sposarsi, sottoscrivere un testamento, scegliere o meno di farsi operare e in quale ospedale, ma non può decidere di ripetere un anno di scuola.
D’accordo, siamo in presenza di due soli studenti in un istituto dal nome antico, disperso nella regione (autonoma, ma fino ad un certo punto) più piccola d’Italia e così lontana (in tutti i sensi) da Roma, ma in certi casi è l’idea quella che conta. Consoliamoci con una lezione di maturità diretta al ministro bis-laureato e anche a tanti docenti dalla promozione facile (una bocciatura, si sa, espone sempre al rischio di un ricorso al Tar). Il che, direbbe il buon Guareschi a ragion veduta, “è bello e istruttivo”.