Forse abbiamo guardato troppo il dito, invece è la luna che occorre osservare. In Italia la questione del sistema scolastico potrebbe essere così riassunta: tutta l’attenzione imprigionata da un’interpretazione ideologica e unilaterale imposta come unica possibile del “senza oneri per lo Stato”, appunto il “dito”, mentre veniva ignorato il significato di cui è portatore l’articolo 33 della Costituzione, la “luna”. Il “Manifesto per il successo della scuola” pubblicato da associazioni nazionale ed europee di scuole non statali con il suo indicare un effettivo sistema plurale di realtà scolastiche come il modello per perseguire il bene comune dell’educazione/istruzione, ha riaperto in me l’interesse per la “luna”, l’articolo 33 nella sua completezza e nel suo significato.
Anche l’articolo 33 è frutto di un alto compromesso tra le forze costituenti, vedendone implicati come protagonisti alcune tra le più autorevoli personalità politiche di quegli anni: Moro, Marchesi, Dossetti, Togliatti, Mancini, Gronchi, solo per citarne alcuni, danno vita a un accesissimo e densissimo scontro/confronto prima in Sottocommissione, poi in Assemblea costituente.
La presente formulazione della norma è frutto di questo dialogo/confronto, ma per capirne fino in fondo il significato occorre partire dall’inizio, cioè dalle due posizioni iniziali sulla questione scolastica. In estrema sintesi: per Marchesi (Pci) il sistema scolastico aveva un unico referente, che era lo Stato, con la scuola privata in subordine, “permessa nei limiti della legge”, e ponendo addirittura i due tipi di scuole in articoli diversi per evidenziare l’indiscutibile priorità della prima sulla seconda. Per Moro (Dc) lo Stato istituiva un sistema scolastico composto sia di scuole proprie che di scuole non statali, poste “su un piano di parallelismo”.
Da qui la questione scuola parte, nella Prima sottocommissione il 18 aprile 1946, per arrivare in Assemblea costituente il 29 aprile 1947, quando si completa quello che diventa l’articolo 33. Ebbene, sia la previsione riguardante la scuola statale sia quella sulla scuola non statale vengono approvate, dopo ampia discussione, a larga maggioranza come secondo e terzo comma dello stesso articolo. Poi all’improvviso spunta, non c’è traccia di discussione preventiva in Assemblea, l’emendamento del “senza oneri per lo Stato”.
I Costituenti con l’articolo 33 hanno voluto quindi un sistema scolastico che ha come protagonisti di pari livello Stato ed “Enti e privati”. E questa è la luna che occorre guardare.
E allora occorre chiederci: questo sistema misto è stato sviluppato armoniosamente in questi anni? È stata data adeguata attenzione alle esigenze e specificità delle due diverse componenti del sistema? Parlamento e Governo nel realizzare la politica scolastica del Paese hanno tenuto in attenta considerazione la funzione e crescita sia della scuola statale che di quella non statale?
Certamente la legge 62/2000 sulla parità scolastica con l’istituzione del Sistema nazionale di istruzione è stato un passo in questa direzione, ma quanto è incidente e valorizzante un effettivo sistema misto?
Tanto che dobbiamo chiederci perché recenti interventi significativi per migliorare la scuola italiana, come il Piano Scuola per la banda ultra-larga (la connessione nelle scuole diventa strumento sempre più vitale) oppure la Carta del docente (interventi per la formazione dei docenti sono fondamentali per la qualità della scuola), sono solo destinati alla scuola statale.
E la stretta attualità pone questa domanda: il Pnrr, per quanto riguarda gli interventi sulla scuola, ha tenuto conto della funzione decisiva di impulso da dare al sistema misto? Sono tenute in considerazione presenza, specificità e sviluppo delle scuole non statali?
I Costituenti hanno sancito che per il bene dei giovani italiani sia necessario nell’ambito scolastico avere operanti in modo armonioso e complementare sia le scuole statali che quelle promosse da realtà sociali. Il Manifesto delle associazioni europee indica che questa è proprio la strada da percorrere. Non è quindi ragionevole, per poter rispondere con intelligenza ed efficacia alle difficoltà nelle quali attualmente si dibatte la scuola, e chi ne soffre sono i nostri giovani, partire proprio dal vero spirito dell’articolo 33?
P.S. Se riuscissimo a recuperare tale consapevolezza sarebbe possibile guardare con lucidità anche il “dito”: la volontà di avere nel paese un sistema scolastico misto, teso a valorizzare le diverse significative esperienze in atto, suggerisce come più ragionevole che “il senza oneri per lo Stato” sia interpretato più come “facoltà di dare o non dare” che come divieto assoluto.
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