A Mestre, in provincia di Venezia, il liceo classico e scientifico Giordano Bruno ha avviato una sperimentazione per la scuola senza voti. Durante tutto il corso del prossimo quadrimestre gli studenti godranno di una condizione “agevolata” per cui alle interrogazioni e alle prove scritte non seguirà un voto espresso in forma numerica, ma solamente un giudizio sul rendimento generale della prova d’esame svolta.



L’idea che sta dietro alla scuola senza voti è quella di alleggerire il carico emotivo e psicologico degli studenti, che troppo spesso soffrono di ansia e stress, derivanti proprio dalle valutazioni negative. Prove e modalità delle verifiche dell’apprendimento non cambieranno e complessivamente questo non dovrebbe impattare sulla preparazione degli studenti, che però si troveranno davanti non più un numero, ma un giudizio, che nel caso sia negativo sarà simile a “preparazione da migliorare”. Tuttavia, seppur la scuola sarà effettivamente senza voti, almeno da qui alla fine dell’anno scolastico, le pagelle riporteranno, come sempre, i soliti e ben conosciuti voti numerici.



Le preoccupazioni degli esperti per la scuola sena voti

In generale l’idea di una scuola senza voti, sostituiti da valutazioni, forse più accondiscendenti, è stata ben accolta dagli studenti, almeno in questa fase iniziale. Durante tutto il periodo della sperimentazione verrà monitorata la salute mentale degli studenti, decidendo alla fine se continuare con il progetto di abolizione dei voti, oppure se interromperlo per via degli scarsi risultati (sia didattici che rispetto all’impatto sugli studenti).

Complessivamente, però, il mondo degli educatori non sembra concordare con l’idea che la scuola senza voti sia effettivamente positiva. Ritengono, infatti, che seppur in prima istanza avrà degli esiti positivi sugli studenti, finiranno per trovarsi impreparati ad affrontare le sfide e le delusioni della vita reale. Lo spiega, tra tutti, Ottavio Fattorini, dirigente tecnico del Ministero dell’Istruzione e del Merito, sulle pagine del Messaggero. Sulla scuola senza voti spiega che le valutazioni “servono per rilevare le competenze e, dove necessario, recuperarle”. I voti, sostiene, “aiutano a capire che la vita non è solo una serie di successi. Serve a capacità di rialzarsi dopo un insuccesso”.