Sono trascorsi ormai due anni dall’avvio della sperimentazione delle competenze non cognitive nelle attività educative e didattiche nelle scuole, introdotte con il ddl 2493 del gennaio 2022. Si è riconosciuta l’importanza di alcune “abilità sociali” (quali empatia, leadership, problem solving, imprenditorialità e lavoro di squadra, tanto per citare quelle che sono considerate le big five) per il raggiungimento del successo formativo, la lotta contro la povertà educativa e il contrasto alla dispersione scolastica. In questo ambito sono stati avviati numerosi progetti finanziati con i fondi europei (in particolare il PNRR). È arrivato dunque il momento di trarre le opportune considerazioni per procedere in modo sistematico e normativamente fondato.



Al termine della sperimentazione è prevista, infatti, la definizione di linee guida per lo sviluppo delle competenze non cognitive ai fini del raggiungimento di traguardi formativi e obiettivi specifici di apprendimento nell’ambito delle varie discipline scolastiche. Proprio nei giorni scorsi è stato presentato un emendamento alla legge di Bilancio affinché il ministero dell’Istruzione definisca precise indicazioni metodologico-didattiche e avvii uno studio sulle esperienze già in atto nelle scuole volte a superare il divario territoriale e contrastare la dispersione scolastica.



Per comprendere e sviluppare le competenze sociali dei ragazzi è necessario che i docenti per primi sperimentino e utilizzino tali skills che non si possono certo improvvisare né inserire dall’oggi al domani nella progettazione curricolare. La ricerca di metodologie innovative, sempre più necessarie alle esigenze che sono emerse nell’ambito dell’apprendimento, il fallimento della didattica tradizionale (utilizzo esclusivo della lezione frontale) ha coinvolto le comunità educanti in un lavoro volto ad ampliare le proprie conoscenze e formarsi in modo specifico.

Lo scopo da perseguire è far fronte all’impoverimento culturale testimoniato dagli esiti Invalsi ma anche dai fatti di cronaca che documentano di ragazzi e famiglie allo sbando, incapaci di costruire relazioni positive e privi di strumenti per affrontare le asperità della vita.



Occorre ripartire dalla persona, insegnando a riconoscere e gestire le emozioni, a ricondurre gli insuccessi al giusto valore, ad impegnarsi per il superamento degli ostacoli. È fondamentale riscoprire l’importanza del gruppo come entità cooperativa dove poter unire i punti di forza per migliorare i punti deboli e costruire una strategia vincente. Ma è anche necessario sovvertire l’idea del branco che maschera la paura di essere soli ed indifesi utilizzando la violenza come unica possibilità di riuscita. Stiamo purtroppo assistendo agli esiti peggiori dell’aver abbandonato “la prossimità” nell’educazione. Non si può lasciar solo chi deve apprendere, è necessario porsi come guida e sostegno partecipando e coinvolgendosi personalmente; non limitandosi ad impartire ordini o indicazioni per quanto chiare e riconoscibili.

Solo ricostruendo legami di fiducia tra pari e non, azioni di condivisione di esperienze, coinvolgimento di enti e associazioni disponibili, si creano iniziative efficaci. I docenti per primi hanno bisogno, in molti casi, di recuperare questo livello di condivisione. Occasioni privilegiate in cui sperimentare le soft skills sono senza dubbio la progettazione di attività trasversali attingendo ai fondi messi a disposizione dal PNRR o da altri enti. Ad esempio, in una scuola di Collecchio (in provincia di Parma) alcune insegnanti di diverse discipline (tecnologia, musica, arte) hanno avuto l’idea di dare una nuova vita a una barca utilizzata dai migranti e recuperata a Lampedusa ricavandone strumenti musicali funzionanti.

Questo ha messo in gioco numerose skills, quali ad esempio la capacità di leadership, il problem solving, l’attitudine alla condivisione dei compiti e al lavoro di gruppo sia nel team docenti che negli alunni coinvolti. Inoltre, vista la portata del programma, sono intervenuti il comune ed il prefetto della città, offrendo sostegno e dando visibilità al progetto organizzando un incontro pubblico davanti al municipio dove è stata adagiata la barca in questione.

Favorendo in classe momenti di dibattito, invitando ad operare confronti e proponendo lavori a coppie e piccoli gruppi si creano opportunità per mettere in azione le non cognitive skills in qualsiasi argomento di studio. È un semplice percorso praticabile per ogni disciplina prevedendo come esito del compito la realizzazione di un elaborato che va dalla presentazione al cartellone da appendere o un plastico con materiali di recupero (per rappresentare ad esempio la rotazione triennale, un castello, il sistema solare o le pale eoliche). Si tratta di testare le competenze chiave di cittadinanza come richiedono i documenti ministeriali e si verificano non attribuendo un voto (numerico) ma attraverso rubriche valutative che indicano il livello (iniziale, intermedio, esperto) raggiunto rispetto al traguardo prospettato, utilizzando vari descrittori e criteri ben dettagliati.

Ci auguriamo che l’emendamento di legge abbia un seguito e che all’analisi dei progetti attivi in Italia segua un’adeguata mappatura e l’organizzazione di una banca dati come esempio di buone pratiche cui attingere come modello efficace.

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