In un intervento di un anno fa sul Sussidiario presentai una proposta del Gruppo di Firenze: una nuova organizzazione delle scuole superiori non più basata sulla tradizionale successione della classi, ma su corsi delle singole materie (di durata da stabilire, per esempio tri o quadrimestrali), seguiti da un esame; una struttura che ricorda quindi quella universitaria.
Non si tratta cioè di abolire la bocciatura, come ogni tanto si torna a proporre (il che equivale a nascondere un sintomo invece di curare la malattia), ma di trasferire questa possibilità sui corsi, in modo da evitare di ripetere l’anno, cioè anche le materie in cui si è raggiunta almeno la sufficienza.
Che questo sia spesso motivo di demotivazione e di scoraggiamento per i ripetenti è indubbio; come è indubbio che l’alternativa, cioè la promozione che occulta gravi carenze nella preparazione, costituisce in realtà un danno per lo studente stesso e un incentivo a contare anche per il futuro su analoghi condoni.
E non dimentichiamo che la collettività – letteralmente sparita come portatrice di interesse dal dibattito sulla scuola – in teoria le affida il compito di preparare in modo adeguato i futuri cittadini nei ruoli che sceglieranno di svolgere (“Si costruiscono cittadini specializzati al servizio degli altri. Si vogliono sicuri”, si legge nella Lettera a una professoressa, per spiegare che nelle scuole superiori si deve poter bocciare).
Sulla nostra proposta abbiamo sollecitato l’opinione di un certo numero di insegnanti e di studenti di quarta e quinta superiore. Agli uni e agli altri abbiamo fornito un sintetico testo esplicativo e chiesto di rispondere alla domanda: “Sei favorevole all’idea di fondo della proposta di riforma delle superiori qui sopra illustrata?”. Le risposte possibili erano quattro: Molto favorevole, Abbastanza favorevole, Contrario, Non so.
Abbiamo spiegato che questa possibile nuova organizzazione va certamente approfondita sotto molti aspetti e sottoposta a un periodo di sperimentazione in un certo numero di istituti; e che però in questa fase ci interessava avere l’opinione degli insegnanti e degli studenti sul principio generale su cui si basa.
Agli studenti di nove quarte e nove quinte dei tre istituti superiori interessati il questionario è stato da noi proposto in classe, premettendo una breve presentazione e rispondendo ad alcune richieste di chiarimento. Sull’idea di fondo gli studenti si sono dichiarati molto o abbastanza favorevoli in una percentuale superiore all’87% (tabella 1).
Per quanto riguarda gli insegnanti (tabella 2), in due istituti (l’Istituto Alberghiero Saffi e il Liceo Scientifico Enriquez-Agnoletti) hanno risposto al questionario su una piattaforma online, mentre nell’Istituto Tecnico Cellini hanno compilato delle schede cartacee che abbiamo lasciato nella sala insegnanti. Nell’insieme le risposte dei molto o abbastanza favorevoli si sono qui attestate sopra il 75%.
Abbiamo infine proposto il sondaggio ai destinatari della nostra newsletter (tabella 3), in questo caso chiedendo ai votanti di specificare la loro professione (insegnante, dirigente, altro – in buona parte docenti universitari). La percentuale complessiva di molto o abbastanza favorevoli è nei tre gruppi molto simile, oscillando tra l’86,5 % di chi non lavora nella scuola e l’88,2 % dei dirigenti. Fra questi ultimi si nota una percentuale particolarmente alta di molto favorevoli.
Anche se ottenuti sulla base di campioni abbastanza ridotti, i risultanti sono incoraggianti, in quanto indicano una disponibilità di massima del mondo della scuola a orientarsi nella direzione proposta. Si spera che servano anche a incoraggiare Governo e Parlamento a prenderla in seria considerazione.