In questi ultimi anni si è cercato di porre maggiormente all’attenzione delle istituzioni le problematiche legate alla frequenza scolastica di studenti disabili, meritevoli del necessario sostegno.
Le richieste sia delle associazioni che si occupano dei diversi disagi di cui possono soffrire gli studenti, sia delle associazioni delle scuole paritarie per tutelare i loro studenti dalle discriminazioni che da anni e tuttora subiscono, si sono sempre scontrate con l’aspetto economico e quindi lo stanziamento delle risorse necessarie per la copertura delle necessità di sostegno.
Le famiglie e gli studenti con disagio frequentanti scuole statali e scuole paritarie hanno come problema comune l’insufficienza degli interventi di sostegno, cui gli studenti delle scuole paritarie aggiungono una grave discriminazione per la differenza di aiuto economico che è loro riconosciuto rispetto a chi frequenta la scuola statale.
Ritengo opportuno fare una premessa per capire meglio la complessa situazione umana, sociale, di equità di cui sto trattando. Stiamo parlando di cittadini cui viene riconosciuto, spesso dalla nascita, una situazione di disagio, una situazione di cui uno Stato moderno e democratico dovrebbe farsi carico per permettere loro non solo una vita dignitosa, ma la possibilità di valorizzare al massimo le capacità di cui ognuno di loro è in possesso.
Questo assunto è sancito dall’art. 3, comma 2, della Costituzione, il quale afferma inequivocabilmente che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. In questo la scuola ha un ruolo fondamentale. Potrei citare una marea di esempi che dimostrerebbero come questo sia avvenuto oltre le più rosee previsioni, quando lo studente ha potuto essere seguito con la giusta professionalità, legata ad attenzione alla persona e affetto nei suoi confronti.
Per chi frequenta la scuola statale manca il finanziamento utile a coprire tutte le necessità. Le statistiche Miur dicono con chiarezza che a settembre 2019 rispetto allo scorso anno scolastico vi sono 9.197 posti di sostegno in più, ma 14.034 alunni con disabilità in più. Di fatto mancano ben circa 40mila docenti a coprire le necessità.
Per chi frequenta la scuola paritaria subentrano anche aspetti di equità che hanno risvolti umani e sociali di rilievo. La nostra Costituzione all’art. 34 recita che “La legge deve assicurare agli alunni delle scuole non statali un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali”, ma così non è! Basta pensare a quanto accade se uno studente con disabilità viene trasferito da una scuola statale ad una paritaria. Contestualmente perde il sostegno che lo Stato aveva previsto a suo favore. A fronte del fatto che gli studenti con disabilità iscritti nella scuola paritaria siano in aumento, frutto della decisione dei genitori di scegliere per i loro figli l’ambiente scolastico in cui ritengono possa avere più cura, attenzione e possibilità di formazione, le risorse erogate pro capite per uno studente statale ed uno studente paritario sono abissalmente diverse.
Questa situazione vanifica lo stesso diritto alla libera scelta dell’istituto di istruzione in cui iscrivere il figlio disabile, citato all’art. 5 della legge 104/92, comma 1, lett. l), che garantisce, appunto, “il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei”.
I numeri messi a disposizione dal Miur (Ufficio Statistica, Rendiconto annuale Mef – Nota integrativa su Miur) su cui si è basato il recente Comunicato congiunto delle associazioni sono terribilmente significativi: a fronte di 245.723 alunni disabili che frequentano la scuola statale sono stati stanziati euro 4.918.411.746, pari ad uno stanziamento per alunno di euro 20.016.
Per ciò che attiene la scuola paritaria, a fronte di 13.601 frequentanti, lo stanziamento è stato di euro 23.335.165 pari a euro 1.716 per alunno. 20.016 a 1.716. Una discriminazione inaccettabile!
Prima di avviarmi alla conclusione, torno alle considerazioni umane e sociali con cui ho aperto il mio articolo. Credo che su questi temi, il decisore politico non possa prendere decisioni semplicemente in funzione degli aspetti economici, ma cercando anche di immedesimarsi nella situazione del titolare del diritto. La sofferenza di una famiglia che ha un figlio con disabilità è già grande e, spesso, l’impegno e i sacrifici che sopporta al fine di dare il meglio al proprio figlio, la migliore possibilità di vita e una prospettiva per il suo futuro sono encomiabili. Pensate a quale sofferenza aggiuntiva proverà di fronte al mancato aiuto dello Stato e dovendovi provvedere con proprie risorse si renderà conto di non poterlo fare, perché le proprie condizioni economiche non glielo permettono.
Una discriminazione economica inaccettabile, che purtroppo oggi esiste e sembra non aprirsi all’orizzonte un cambio di indirizzo.
Voglio sottolineare agli appartenenti del Jurassico dell’ideologia (qualcuno si è rifatto vivo anche recentemente), che la richiesta di risorse non è per le scuole, ma direttamente per i cittadini che soffrono di questa situazione vantando un diritto costituzionale, cittadini di uno Stato democratico che dovrebbe farsi carico delle loro esigenze e delle loro sofferenze.
Cittadini che grazie all’ideologia, perché frequentanti una scuola paritaria, di fatto, sono ghettizzati.
Credo sia tempo di por fine a questa ingiustizia. Un intervento che stanzia nuove limitate risorse sarebbe solo un palliativo che non risolverebbe il problema, soprattutto delle famiglie meno abbienti.
La soluzione passa solo attraverso una decisione radicale che richiederà sicuramente un intervento economico, ma anche recentemente alcuni politici hanno detto pubblicamente che il problema non sono le risorse, che ci sono, ma politico; e questo aggrava ancor più le responsabilità di chi deve fare queste scelte.
Uno Stato democratico non può abbandonare i suoi figli più bisognosi, come fossero “invisibili”, ma deve averne cura. Un Governo che, giustamente, introduce l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione e spinge le scuole ad educare i giovani all’accoglienza, alla solidarietà, all’aiuto di chi ha bisogno, al volontariato non può continuare a perpetrare una discriminazione verso i cittadini con disagio e le famiglie meno abbienti.
Al momento, nonostante le pressioni delle associazioni, “si sente solo silenzio”, ma nella discussione in corso sulla prossima legge di stabilità auspichiamo un radicale cambio di rotta che porti il mondo politico a “razzolare bene”, attuando le giuste soluzioni.