Due ragazzi morti sono una tragedia. Uno stuolo di adulti che strumentalizzano i poveri morti e aizzano i loro compagni è una vergogna.
I fatti sono noti. Lorenzo Parelli, 18 anni, è morto schiacciato da una trave durante l’ultimo giorno di stage in una fabbrica; Giuseppe Lenoci è morto nello schianto del furgone su cui viaggiava, durante il suo stage. E gli studenti – alcuni studenti, certo – sono scesi in piazza per manifestare contro quella che una volta si chiamava alternanza scuola-lavoro e ora, con una delle mille invenzioni ministeriali, Pcto, ovvero Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento. E gli insegnanti – alcuni insegnanti, certo, non tutti – hanno soffiato sul fuoco della protesta, perché il Pcto “maschera uno sfruttamento del lavoro minorile”, perché “i ragazzi hanno bisogno di essere aperti al mondo della cultura e non rinchiusi in quello del lavoro” e così via.
Ora, due morti sono una tragedia, e tutte le morti sul lavoro e sulla strada lo sono. Ma quando un operaio muore sul lavoro chiediamo, giustamente, più sicurezza, non manifestiamo perché vengano chiuse le fabbriche; quando un incidente d’auto stronca una vita non protestiamo perché vengano vietate le automobili. Poveri ragazzi, non solo sono morti, ma sono anche stati un pretesto per riaffermare una posizione ideologica, una posizione che combatte ogni apertura della scuola al mondo esterno a prescindere.
Certo, a scendere in piazza sono stati gli studenti. E questo non può stupire chi li frequenta, chi li conosce almeno un po’. I ragazzi di oggi sono fragili, hanno paura un po’ di tutto, come non stupirsi che la morte di due coetanei li spaventi, li induca a chiedere semplicisticamente di eliminare l’elemento che è stato all’origine della tragedia. Ma perché i nostri studenti sono così fragili?
Non sarà perché hanno davanti degli adulti che continuano a lamentarsi di tutto, che continuano a dire che il mondo è cattivo, che il futuro è nero, che non c’è niente in cui sperare? I nostri studenti spaventati di che cosa hanno bisogno? Di adulti che alimentano le loro paure, che le adoperano per riaffermare le loro posizioni? O hanno bisogno di adulti certi che il mondo è buono, che vale la pena affrontarlo, che i rischi fanno parte della vita, e che siano disposti ad accompagnarli in questo rischio?
Ecco, a me pare che la morte di Lorenzo e Giuseppe non sarà stata inutile non se aboliremo il Pcto, ma se qualche adulto riscoprirà il proprio ruolo, la responsabilità di accompagnare i ragazzi nell’avventura affascinante e inevitabilmente rischiosa di scoprire il mondo, in tutti i suoi aspetti, certo senza censurare difficoltà e problemi, ma con in fondo la consapevolezza di una strada che può essere percorsa con fiducia.
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