Il 13 gennaio il Tar Lombardia con un decreto di urgenza ha sospeso per il periodo 11-15 gennaio l’ordinanza della Regione Lombardia che disponeva la didattica a distanza del 100% per le scuole superiori e gli istituti professionali superiori. Si tratta di un provvedimento “cautelare” cui seguirà a breve la sentenza definitiva, che tuttavia difficilmente ribalterà il giudizio del decreto.
Vediamo gli antefatti. L’8 gennaio il ministro della Salute decreta nella Regione Lombardia la zona arancione dall’11 al 15 gennaio, in tal modo consentendo la ripresa delle attività scolastiche nelle superiori nella misura del 50% come asserito in un provvedimento del Miur; lo stesso giorno il presidente della Regione Lombardia adotta un’ordinanza che, invece, dispone la didattica a distanza al 100% motivandola con dati provenienti dal Cts che renderebbero critica la situazione, nonostante la sussistenza della zona arancione e sconsiglierebbero qualunque attività provochi assembramenti; in data 11 gennaio un gruppo di genitori aderenti al movimento “A Scuola” hanno impugnato l’ordinanza regionale sostenendo che fosse “immotivata” (nel senso che non esplicitava il parere del Cts sulla reale situazione epidemiologica) e “irragionevole” (poiché per impedire gli assembramenti la Regione avrebbe dovuto agire con altri strumenti, quali l’aumento dei mezzi pubblici, e non con la chiusura delle scuole).
Il Tar dà ragione ai genitori. La sentenza si fonda su due pilastri, uno del tutto controvertibile e l’altro molto problematico.
Il primo pilastro è che la Regione Lombardia, essendo nel periodo 11-15 gennaio in zona arancione, non avrebbe potuto adottare provvedimenti diversi da quelli stabiliti a livello nazionale per la scuola e, quindi, avrebbe dovuto consentire la didattica al 50%. Si tratta di un ragionamento fondato su un’argomentazione del tutto controvertibile, poiché è acclarato che le Regioni possono adottare provvedimenti più restrittivi di quelli del livello nazionale e non viceversa, e ciò sin dall’inizio della pandemia.
A ulteriore conferma il 14 gennaio la Corte costituzionale ha diramato un comunicato in cui si legge che con l’ordinanza n. 4 del 2021 (relatore Barbera) è stata sospesa l’efficacia della legge n. 11 del 9 dicembre 2020 della Regione Valle d’Aosta che consentiva misure di contenimento del Covid “di minor rigore” rispetto a quelle statali. La Corte parte dal presupposto che le Regioni possano prendere provvedimenti diversi da quelli statali, ma questi non devono essere di minor rigore, perché ciò potrebbe comportare il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile alla salute delle persone.
Ma il vero nodo di tutta questa vicenda non è quello giuridico, bensì quello delle evidenze scientifiche (i dati sui contagi) che sono il fatto oggettivo su cui la Regione ha spazio di manovra e può agire in maniera dissimile dal resto del territorio nazionale.
Ora, la Regione nell’ordinanza si limita a richiamare il parere del Cts senza allegarlo e facendo riferimento ad alcuni dati (forse estratti dal parere stesso). Ciò non è in linea con la trasparenza con cui devono agire le pubbliche amministrazioni, perché in effetti avrebbe dovuto motivare con più rigore il proprio provvedimento. Avrebbe dovuto dare evidenza non dei dati generali del contagio, ma dell’incidenza di quelli rilevati in ambito scolastico rispetto all’andamento della pandemia. Non credo che la Regione Lombardia non sia in grado, attraverso le sue strutture e quelle istituite ad hoc, di effettuare un serio monitoraggio di ciò che accade a scuola. Se non è così è molto grave, se invece i dati ci sono e non vengono resi noti è ancora più grave.
Ma ciò che lascia perplessi è che il Tar cada nello stesso errore: sospende l’ordinanza della Regione senza prima aver richiesto di vedere il parere del Cts (cosa che poteva ben fare e in fretta, data l’urgenza della situazione).
Insomma a me pare che in questa pandemia si stia un po’ tutti perdendo di lucidità e anche provvedimenti come quello del Tar, cui si potrebbe aderire (finalmente la scuola!) alla fine non convincono, perché non hanno alla base solide ragioni né giuridiche, ma soprattutto scientifiche.
Ed infatti dopo la sentenza sia il prefetto che il direttore regionale hanno inviato una lettera al presidente del Tar assumendo che il provvedimento di sospensione non può avere efficacia immediata ma almeno dal 18 gennaio. A tutto ciò va aggiunto, come è emerso nelle ultime ore, che il 17 la Regione Lombardia tornerà in zona rossa!
Due osservazioni a conclusione di tutta questa vicenda. Pare che la “geometria variabile” stia contagiando anche i Tar (il Piemonte a inizio dicembre in una vicenda analoga ha dato ragione alla Regione e respinto un ricorso dei genitori). Inoltre l’opinione pubblica non viene messa nella posizione di comprendere dove sta la ragione, perché i dati del contagio (se non quelli generalissimi del bollettino quotidiano: contagiati, morti, terapie intensive) non sono resi pubblici e comparabili. Non sappiamo se ci si contagia di più nelle scuole o nei negozi o nei musei o altro.
Il che fa sorgere più di una domanda: ma questi dati esistono? chi li raccoglie? come vengono raccolti? Qual è il rapporto tra i tecnici e la politica?