Il rapporto Invalsi 2021 sulle competenze degli studenti in italiano, matematica e inglese ha avuto una larga e insolita eco mediatica.
Da più di un decennio l’istituto pubblica annualmente un rapporto che illustra i risultati della rilevazione annuale e tale rapporto è destinato alle scuole, ai decisori politici, alle famiglie e all’opinione pubblica in generale per indurre una riflessione sull’efficacia del sistema scolastico del nostro paese e promuovere azioni di sviluppo e miglioramento.
In tutti questi anni mai c’è stata un riflessione così ad ampio raggio come ora. Viene evidenziato il forte divario delle competenze presenti in italiano, matematica e inglese tra gli studenti italiani delle aree Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud e Sud-Isole del nostro paese a svantaggio di queste due ultime aree, divario che si affaccia a livello di scuola primaria e aumenta nel corso della scolarità secondaria di primo e secondo grado.
Giusta la preoccupazione, ma non il collegamento alle peculiarità di quest’anno scolastico. Sembra che i risultati negativi siano comparsi dal nulla, dovuti a una riduzione dell’efficacia dell’insegnamento per molte ore a distanza e alle difficoltà degli studenti nei contesti di vita meno favorevoli. Le scuole sembrano in qualche misura responsabili del peggioramento registrato per l’incapacità di garantire la qualità dell’insegnamento.
Questo giudizio, sia pur molto vago, non mi sembra corretto; va detto in primo luogo che la Dad è stata una grande risorsa per mantenere il filo dell’azione didattica di questo particolare anno scolastico. Essa ha richiesto ai docenti un impegno di grande portata sia di formazione che di gestione, e questo impegno va riconosciuto a tutti i livelli.
Per la questione che stiamo esaminando va detto che gli esiti della rilevazione dell’a.s. 2018/19 (l’ultima effettuata prima della pandemia) evidenziano la presenza dello stesso tipo di divario, soltanto più accentuato per l’anno in corso. Proviamo quindi a riflettere sui dati della rilevazione, considerando gli obiettivi affidati all’Invalsi, il ruolo e le funzione dei soggetti coinvolti, delle scuole, delle famiglie, degli enti territoriali e del governo.
In ordine ai dati è bene riferirsi a quelli relativi all’a.s. 2018/19 (consiglio la lettura dell’intero rapporto per andare a fondo della questione); sono estremamente significativi e chiari.
Il livello 3 è giudicato come livello di adeguato raggiungimento dei traguardi delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida. Al termine del primo ciclo d’istruzione la percentuale di alunni che in italiano non raggiunge tale livello è nel Nord Ovest del 30%, nel Nord Est del 28%, nel Centro del 32%, nel Sud del 40% e nel Sud e Isole del 46%; in matematica il quadro peggiora: la percentuale di alunni che non arriva al livello 3 è del 32% nel Nord Ovest, del 28% nel Nord Est, del 35% nel Centro, del 48% nel Sud e del 56% nel Sud e Isole.
Al termine dell’obbligo scolastico non raggiunge il livello 3 in italiano il 21% degli studenti del Nord Ovest, il 20% degli studenti del Nord Est, il 29% degli studenti del Centro, il 40% degli studenti del Sud e il 44% degli studenti del Sud e Isole; in matematica le corrispondenti percentuali sono, nell’ordine, il 25%, il 22%, il 37%, il 51% e il 57%. Infine al termine della scuola secondaria di secondo grado la quota di studenti che non arriva al livello 3 è in italiano del 22% nel Nord Ovest, del 23% nel Nord Est, del 34% nel Centro, del 46% nel Sud, del 50% nel Sud e Isole; in matematica le percentuali salgono, rispettivamente, al 27%, al 26%, al 43%, al 55% e al 60%. Differenze analoghe si osservano anche nella distribuzione degli studenti per livello di conoscenza della lingua inglese.
Lo scopo del sistema italiano di valutazione del sistema di istruzione e formazione è valutare per migliorare: vanno individuate le azioni che i soggetti coinvolti, scuole, enti territoriali e governo nazionale possono mettere in campo.
Le scuole, molte di loro già impegnate in questo lavoro, hanno il dovere di analizzare con attenzione gli esiti delle prove dei propri studenti. Solo la scuola può fare questo lavoro, attribuire un nome ed un volto ad ogni singola prova e interpretare le risposte date alla luce dell’offerta formativa erogata, alla pianificazione dell’insegnamento disciplinare, alla formazione delle classi, delle caratteristiche di ogni studenti e alle peculiari circostante di contesto.
Ci sono da considerare altresì le condizioni in cui la scuola realizza l’azione formativa, gli ambienti fisici, le risorse strumentali, la partecipazione delle famiglie e degli studenti, l’interazione con gli enti locali, la fruibilità delle risorse economiche nazionali ed europee disponibili allo scopo. Come le scuole anche gli altri soggetti coinvolti, enti territoriali e governo nazionale, dovrebbero avviare processi di miglioramento nell’ambito delle aree di responsabilità di ciascuno.
L’obiettivo è il successo formativo di ogni studente. Bisogna assicurare a ciascuno la qualità dei processi di insegnamento e quindi normare la formazione continua dei docenti e assicurare la stabilità delle risorse professionali assegnate alle scuole.
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