La lingua è una caratteristica che ognuno apprende e sviluppa sin da bambino, e che permette a ciascuno di espandere la conoscenza nelle sue caratteristiche fondamentali. Essa ci introduce alla relazione con le cose e si muove in modo fondamentale tra segno e significato. Per questo, nella scuola la lingua assume particolare importanza e valore: ad essa è giusto attribuire l’attenzione che dedichiamo agli elementi più importanti. La lingua è altresì modello dei diversi linguaggi disciplinari che connotano il nostro mondo complesso.
Riprendendo una tradizione interrotta dagli anni del Covid, nelle giornate dal 10 al 12 luglio, un centinaio di dirigenti ed insegnanti di ogni grado scolastico hanno risposto all’invito dell’Associazione culturale “Il Rischio Educativo” a ritrovarsi insieme a esponenti del mondo universitario e culturale per approfondire la tematica della lingua e dei linguaggi nella scuola. La splendida cornice è stata quella della città di Assisi, che della nascita della lingua italiana ci ha lasciato una preziosa testimonianza col Cantico di Francesco. La Summer School di quest’anno ha inteso mettere a fuoco una dimensione costitutiva della scuola, in quanto nel dialogo scolastico la lingua vive a un tempo come essenziale strumento di comunicazione, ma anche come ambito di indagine e ricerca nello strutturarsi dei diversi linguaggi disciplinari.
Hanno fatto da cornice allo svilupparsi della riflessione i magistrali interventi iniziali di Onorato Grassi e Michele Lenoci, che hanno richiamato le categorie filosofiche che sostengono la relazione alla lingua e la particolare responsabilità della scuola nei suoi confronti, mettendo a tema il rapporto fra lingua e realtà. In particolare il professor Lenoci, rifacendosi a un filone del pensiero filosofico che da Tommaso arriva fino ad Heidegger, ha chiarito il concetto di adaequatio rei et intellectus, che, andando oltre la pur necessaria coerenza interna della lingua, la immette in un rapporto con la realtà che trova il suo compimento laddove sia la realtà sia l’intelletto vengano collocati in una ontologica dimensione creaturale di tipo metafisico.
Tutti gli interventi di approfondimento teorico e di esemplificazione didattica dei vari linguaggi si sono mossi in profonda sintonia con questa impostazione, a partire da quelli sul linguaggio letterario che nel percorso educativo continua a rivendicare una sua centralità. Lo scrittore Luca Doninelli, avvalendosi di esempi che partendo dalla lezione manzoniana sono arrivati fino a Cormac McCarthy, ha evidenziato il valore della lingua dei grandi scrittori per la sua essenzialità e il suo muoversi alla scoperta di aspetti inediti della realtà, soprattutto quando i grandi cambiamenti d’epoca lo richiedono. L’attore e regista Andrea Carabelli, dando senso e voce a queste suggestioni, ha indicato nella lettura ad alta voce la strada per far pervenire gli studenti a una comprensione profonda dei testi, nati per essere “incarnati” nel lettore, e, nella serata di interpretazione de Il viaggio di Ulisse, ha offerto un esempio illuminante di questa potenzialità. Sull’altro pilone su cui si regge il linguaggio nella scuola, quello scientifico, gli interventi di Raffaella Manara e di Maria Elisa Bergamaschini hanno fatto emergere peculiarità ed interdisciplinarità del linguaggio matematico e il nesso inscindibile con il metodo delle scienze sperimentali, a partire dalle ancor valide intuizioni galileiane.
Di particolare interesse, in chiusura, il confronto con due linguaggi tipici della contemporaneità quali la psicoanalisi e gli algoritmi dell’intelligenza artificiale. Raffaella Colombo ha illustrato un modello di circolo virtuoso del linguaggio, fonte di soddisfazione e di comunione fra gli uomini, soffermandosi sull’importanza di una visione positiva dell’errore all’interno della scuola. Luca Arcangeli, in un percorso ricco di riferimenti bibliografici, ha fatto il punto sull’esplosione di applicazioni dell’intelligenza artificiale, evidenziandone potenzialità ma anche limiti legati alla ricostruzione di reti neurali che non hanno però idea di “cosa” e di “realtà”. In tal senso ha lanciato la sfida di un confronto volto a identificare quali caratteristiche ci rendano “umani” rispetto ai pur raffinati processi computazionali.
Gli interventi esemplificativi provenienti dal mondo della scuola, dagli itinerari di letteratura di Roberto Contu alle indagini linguistiche di Raffaela Paggi, dalle intersezioni sulla generatività del linguaggio in ambito umanistico e scientifico di Paola Fantolini ai percorsi di scrittura creativa di Luisa Costa Cabral, hanno fatto emergere il quadro di scuole paritarie vive, capaci di stimolare quella continua ricerca che fa procedere gli studenti “di meraviglia in meraviglia”.
Al linguaggio iconico e al rapporto fra immagine e realtà storica sono stati poi riservati l’intervento del regista Massimo Morelli, che ha svolto soprattutto un’interessante analisi dei documentari televisivi di Liliana Cavani, e la visita guidata agli affreschi di Giotto nella Basilica superiore di Assisi, punteggiata da un’esecuzione di laudi medievali. L’intenso programma è stato reso dialogico dai continui spazi di interlocuzione fra docenti e relatori, volti a chiarire, approfondire e generare quell’amicizia che rende il cammino della conoscenza un fattore intersoggettivo, secondo la modalità dialogica in cui dovrebbe sempre svilupparsi il percorso nelle aule scolastiche. Il nesso inscindibile tra lingua e realtà è emerso, dunque, nella varietà dei linguaggi, da quello verbale a quello letterario, scientifico e artistico, sino al linguaggio delle discipline, anche come compito per lo sviluppo culturale e per la qualità delle scuole.
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