Tra i romanzi che ho letto questa estate ce ne sono tre in particolare che hanno acceso spunti di riflessione e tracce di lavoro per la classe che riprenderò a settembre, una terza giunta alla fine del suo percorso alla scuola secondaria di primo grado.

Ambientato nell’Ottocento, per il primo di questi libri ha ragione Francesco D’Adamo nella sua postfazione a dire che quella che ha raccontato è una vicenda attuale: nella versione Tag Ragazzi di Giunti, rieditato nel 2021, il romanzo Oh, freedom! parla al cuore dell’uomo di oggi, mettendo a tema il bene prezioso della libertà per la quale vale la pena rischiare la vita, come accade ai protagonisti della vicenda raccontata. Il piccolo Tommy, unico maschio dei figli della famiglia con cui vive in schiavitù in una piantagione di cotone, insieme ai suoi e ad un’altra giovane coppia del villaggio, intraprende il pericoloso viaggio verso la terra di Canaan (la libertà di cui i neri godevano in Canada) lungo la Underground Railroad sotto la guida di Peg Leg Joe. Peg Leg Joe affascinerà così tanto Tommy che a sua volta vorrà diventare (e diventerà) una guida per accompagnare altri schiavi verso il loro affrancamento. Non sono le parole di Peg Leg Joe a convincere Tommy. L’uomo non cerca mai di attirare a sé il ragazzo per fargli seguire la sua stessa strada; non nasconde le difficoltà né i pericoli della sua scelta di vita: c’è qualcosa di più profondo che traspare dalla sua personalità, ed è ciò che rende educatore un uomo. Quando il desiderio di diventare anche lui una guida prende forma in Tommy e si esplicita in parole, Peg Leg Joe lo rimanda al proprio padre facendogliene riscoprire il valore, e inizierà ad insegnargli ciò che gli sarà necessario senza fargli sconti di alcun tipo.



Gli altri due romanzi che hanno attirato il mio interesse sono ambientati in montagna e anche loro, in modi diversi ma altrettanto interessanti, mettono a tema le storie di ragazzi che riscoprono sé e la libertà, nell’intreccio di incontri di cui è ricca la loro trama.

Uno di questi due libri è Un’estate in rifugio (di Sofia Gallo, Salani 2021), nella quale si dispiega la storia della famiglia di Giorgio e Luca, due fratelli con interessi, età e abilità diversi ma accomunati dall’essere figli di una coppia che pare ai loro occhi in un momento di difficoltà e ripensamento. Colti nel momento della libertà estiva dalla scuola, i due ragazzi vivono inizialmente un po’ passivi e probabilmente un po’ perplessi e spaventati la scelta del cambio repentino del lavoro di entrambi i genitori, che li porterà anche a separarsi fisicamente: uno (il padre) in montagna e l’altra (la madre) in un altro paese, la Francia, dove andrà come insegnante. Nell’estate che il più grande passerà al rifugio, incontrerà due misteriosi gemelli figli della cuoca e orfani di padre, morto in un incidente su un sentiero quando era in loro compagnia. Anime alla ricerca della conciliazione di sé e del rapporto tra loro, i due ragazzi trasporteranno Giorgio nella ricerca della chiave per avvicinarsi a loro, a sé stesso e alle persone che incontra, facendolo trovare, alla fine della stagione, cresciuto non solo di statura.



L’ultima storia che presento è quella di Lucio, raccontata da Giuseppe Festa in Cento passi per volare (Salani, 2018), che vede camminare sui sentieri di montagna in compagnia di una stravagante ma realista e acuta zia un adolescente rimasto da bambino privo della vista, la cui scontrosità e il cui orgoglio nella pretesa di non dover avere mai bisogno di aiuto saranno infranti dall’incontro con una coetanea timida e riservata e dalla partecipazione come attivo protagonista alla straordinaria e impensata avventura di contribuire alla liberazione di un aquilotto dai bracconieri.

Mi sono chiesta spesso cosa si intenda con l’espressione “narrativa per ragazzi”, sotto la cui etichetta potrebbero essere inseriti anche questi libri che hanno accompagnato dei pezzi della mia estate. Ma le storie, si sa, hanno portata universale, e nessun insegnante potrà proporre ai ragazzi come compagni di crescita e avventura se non l’incontro con ciò che prima ha toccato una delle corde della sua esistenza. È a questo, infatti, che serve la narrativa, ed è questo che – soltanto – può affascinare. 



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