I soldi fanno la felicità? È l’interrogativo che si ripropone ogni volta in cui arriva un’eredità, la vincita alla lotteria o, viceversa, un’imprevista perdita economica. Ma è anche la domanda che si pongono in questi mesi docenti e dirigenti scolastici, soggetti ultimi della progettazione e utilizzo delle risorse finanziarie della missione 4 “Istruzione e formazione” del PNRR, letteralmente piovute in questi due anni nelle casse delle scuole italiane – in maniera preponderante in quelle statali – per la progettazione di interventi migliorativi del sistema scuola, insieme a fondi PON ed altri finanziamenti. Tutti finalmente felici e contenti, dunque? No. O, almeno, non del tutto. Alcuni spunti ed approfondimenti.
Natura e meccanismi del PNRR
Redatto dall’allora governo Draghi e approvato dalla Commissione europea nel giugno 2021, il PNRR ha una struttura articolata in 6 missioni e 358 misure e submisure, di cui 66 riforme e 292 investimenti nei diversi settori: un grande salvadanaio che inevitabilmente richiede tempi, fasi e scadenze da rispettare per l’erogazione e conseguente utilizzo delle risorse per ogni settore in agenda, da attuare entro il 2026. Un timeline che sta facendo però i conti, nelle scuole italiane, con strutture burocratiche, formalità, tempi di deliberazione degli organi collegiali, reti e servizi digitali non completi, competenze non adeguate e resistenze culturali.
Criticità di sistema
Vi è stato in questi anni certamente un’eccedenza di aspettative da parte della politica rispetto al PNRR senza che si ideasse, almeno per il settore istruzione, un modello di implementazione utile a integrarne l’aspetto trasformativo (in termini di innovazione/cambiamento) con quello di rendicontazione e che calibrasse con attenzione i tempi di attuazione delle diverse fasi, predisponendo un adeguato sistema di supporto e di consulenza alle scuole.
La conseguenza è che la sua attuazione sta inevitabilmente richiedendo alle autonomie scolastiche complesse fasi di progettazione e di gestione che devono fare i conti con le rigidità di un modello di governance delle stesse che risale agli anni 70 e con un apparato ministeriale non pronto né organizzato ad accompagnarne le fasi esecutive. Risulta, inoltre, totalmente assente un puntuale, sistematico ed efficace piano di formazione ministeriale dei dirigenti, dei docenti e del personale amministrativo, decisivo per sviluppare competenze necessarie a supportare il previsto miglioramento di sistema. La speranza e l’ottimismo con cui è stato accolto il PNRR fa, insomma, oggi, i conti con i nodi di un modello che attende da tempo altre “revisioni” altrettanto decisive.
Il terminale scuola
La realizzazione delle fasi del PNRR fa anche i conti con l’accavallarsi dei molteplici interventi riformatori (orientamento, dispersione scolastica, scuola 4.0, nuovi criteri di valutazione degli apprendimenti, curricoli scolastici, dimensionamento delle unità scolastiche, filiere dei professionali, ecc.) a cui la bulimia normativa dell’attuale Governo non rinuncia di sottoporre le scuole come terminali delle loro attuazioni, contribuendo ad esaurire la motivazione, le energie ed il protagonismo dei suoi operatori. I tempi di assimilazione e di progettazione nella scuola, si sa, sono lenti, perché richiedono modifiche di procedure, deliberazioni, confronti collegiali, mediazioni tra esperienze e sensibilità educative diverse, diversità territoriali di cui occorre tenere conto e si sarebbe auspicato un “governo” di interventi più coordinato.
Profili e responsabilità
Il PNRR sottopone i dirigenti scolastici e le segreterie amministrative a rigide modalità di gestione delle risorse finanziarie, al rispetto di scadenze temporali molto ravvicinate nel tempo, a molteplici formalità e a inevitabili responsabilità. Il problema diventa non solo spendere i milioni di euro che stavolta arrivano a pioggia, ma anche avere la capacità di farlo. Dopo anni di tagli e di mancanza di fondi ora i dirigenti scolastici, improvvisamente divenuti responsabili della gestione di ingenti risorse finanziarie, oltre alla necessità di fare i conti con impegni e vincoli ben diversi dalla gestione “ordinaria” di budget cui erano preparati, allarmati oltretutto dallo spettro del danno erariale, devono spesso fare i conti con la carenza di competenze amministrative e contabili nelle segreterie scolastiche. Mentalità, nodi e carenze che di certo non si sciolgono dalla sera alla mattina, soprattutto col conto alla rovescia che impone al dirigente scolastico di spendere i fondi europei o vedersi commissariato.
La meteora PNRR
L’ultimo report curato nel 2023 dal Forum Terzo Settore dal titolo “Il PNRR, le politiche sociali e il Terzo Settore” afferma che “l’elaborazione del PNRR è stata calata dall’alto (…) in assenza di un’azione congiunta, in termini di competenze, visione ed esperienza, tra Governo, Pubblica amministrazione, parti sociali, Terzo settore e tutte le energie del Paese”. Un investimento di così ampie energie finanziarie, creative e umane come un Piano di questa portata avrebbe richiesto da subito, invece, la messa a punto di un sistema di governance nazionale, di strategie condivise e di procedure di monitoraggio dei processi che ad oggi, a metà del periodo di attuazione delle azioni previste dal PNRR per la scuola, non sono dati di vedere.
Tutte azioni che avrebbero potuto evitare proprio alcune criticità incontrate nell’applicazione delle precedenti riforme scolastiche: una visione politica spesso troppo “dirigistica”; indicazioni attuative da parte del ministero dell’Istruzione di tipo burocratico e senza accompagnamento alle scuole; un’implementazione lasciata alla buona volontà ed iniziativa di singoli soggetti e, quindi, inevitabilmente differenziata. A fronte di assegnazioni scadenzate di fondi al momento non esiste, inoltre, ad oggi un report nazionale consultabile dello stato di avanzamento delle progettazioni delle varie azioni previste dai fondi europei del settore istruzione.
Patti per una governance
Se s’intende raggiungere davvero gli obiettivi previsti dal PNRR è questo il momento per rilanciare, da parte del Governo e delle forze politiche e sociali, un Patto formativo strategico tra scuola, università e istituzioni economiche, sociali e culturali che sostenga un sistematico programma di formazione, di sostegno e di accompagnamento. Sarebbe poi necessario un Piano di comunicazione nazionale rivolto a tutti gli attori interessati dalle azioni migliorative del PNRR, finalizzato ad elaborare una strategia comune e a rilanciare ragioni, metodologie e orizzonti culturali per una sua reinterpretazione condivisa e collettiva.
Due patti indispensabili se s’intende “dare un’anima” al PNRR e dotarlo di un sistema di “governance social inclusive” senza del quale esso corre il rischio di essere percepito, oggi, da chi lo dovrebbe applicare, come una riforma tecnocratica calata dall’alto, anche se la buona volontà, la professionalità e l’impegno di tanti professionisti nelle scuole ne stanno dando – eroicamente – tutta la possibile attuazione.
Al centro dell’attenzione dello sviluppo del sistema scuola non solo, dunque, le risorse, ma anche il loro ruolo nel sostenere le capacità di agire delle persone. In questa ultima fase di implementazione del PNRR sarà decisivo tenerne conto.
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